giovedì, giugno 30, 2005

"A cercar la bella destra"



Che faranno le varie correnti di A.N. alla prossima assemblea nazionale?
Per ora pare siano pronte a darsi battaglia, per ricercare l'identità traballante dopo le sortite referendarie del vice-premier Fini.
A leggere i giornali, colpisce peraltro la ricerca di caratterizzazioni che si rifanno a sigle esotiche: neogollisti, teocon, filobush, etc.

E' possibile che in tutti questi anni non si sia ritrovata un'immagine ed un background culturale per la destra italiana, pur riferendosi a maestri di pensiero di varie nazioni?

C'è davvero bisogno di cercare oltralpe e oltreoceano, tra i politici attuali, la configurazione più adeguata?
Capiamo che è un po' una semplificazione imposta dai giornali, un po' l'esigenza di colpire l'immaginazione del pubblico con richiami diretti ed immediati, ma preferiremmo un'elaborazione più originale e conforme alle nuove tendenze della politica italiana, non solo in vista delle prossime elezioni, ma proprio per far condividere una nuova idea della destra o del centrodestra, soprattutto se il partito unico dovrà nascere, il prossimo anno, a risultati conseguiti.

Se possiamo dare un'indicazione, da uomini della strada, consiglieremmo ai partecipanti alle assise di A.N., anche in vista della ricerca di programmi di una certa consistenza sul piano ideologico, di approfondire i temi nascenti da un volume sull'ultima generazione del novecento, dei giovani, definiti i ragazzi di Montanelli, che nelle università si ribellarono al pensiero unico marxista o post marxista, dando vita ai circoli "controcorrente giovani", legati negli anni 80- 90 al Giornale di Indro.

Nel libro, edito da Mursia, curato da Avanti e Frigerio, dall'accattivante titolo "A cercar la bella destra", si può rintracciare l'humus più adatto per definire un nuovo progetto per l' area liberaldemocratica dei giorni nostri.

Le pagine contengono, oltre al ricordo di studenti non conformisti, in un periodo cruciale della vita pubblica, come Umberto Moscato, prematuramente scomparso, i nomi dell'intelligenza conservatrice e moderata, a cui è lecito richiamarsi orgogliosamente ancora oggi, considerandone gl' insegnamenti tuttora validi.

Da Prezzolini a Spengler, da Revel ad Aron, da Tomasi di Lampedusa a Pareto, da Einaudi ad Ortega Y Gasset, da Montesquieu ad Eliade, da Kipling a Koestler è un susseguirsi di nomi brillanti e di analisi profonde dell'uomo e della società.

Non c'è che l'imbarazzo della scelta, per riaprire il dialogo con il mondo moderno e con la gente comune.

Vorremmo che i candidati leader non dimenticassero, d'altro canto, la lezione serissima impartita con la perdita di milioni di voti, nelle ultime - seppur parziali - consultazioni regionali ed amministrative, la cui unica ragione va ricercata nell'incapacità di distinguersi dai vecchi governanti: dediti ai traffici di natura personale, piuttosto che all'interesse dei cittadini e alla conservazione del cadreghino, piuttosto che al cambiamento dell'organizzazione e dello stile della politica.

Uno spettacolo miserando, che non dovrebbe ripetersi più.

Se ci sarà un avvenire , sarà solo per una "bella destra" in tutti i sensi.

mercoledì, giugno 29, 2005

Quel genio di Melissa


Non avrei detto che la Melissa P. fosse intelligente, ma ora devo ricredermi.

La diciannovenne talentuosa siciliana, alta 1,47, ben proporzionata e dal viso di ceramica (scusate, porcellana) orientale, come la definisce il bravissimo Giancarlo Perna, in un'intervista apparsa ieri sul Giornale, ha guadagnato non so quanti euro dalla sua bravata letteraria, dove si racconta dei colpi di spazzola ricevuti.

La sua scrittura sconnessa e sgrammaticata ha ridato vita alla casa editrice Fazi, agonizzante da anni e l'ha fatta rifiorire al punto che, pare, nei programmi editoriali, ci siano non so quanti altri volumi dedicati all'argomento ed ancor più scorretti, grammaticalmente sintatticamente letterariamente e sessualmente, dato l'incredibile successo di pubblico che la ragazzotta ha ottenuto .

Non è vero, dunque, che ella non sia almeno furbastra e capace di gestire
il successo con ardire e glamour: ne dà prova nel colloquio con il giornalista .

Dopo aver affermato di essere atea ed anticlericale (per cui si è gia sistemata all'avanguardia della cultura contemporanea), proclama con eleganza, i suoi gusti raffinati , nei rapporti con l'altro sesso, pronunciando la seguente icastica frase, già passata alla storia del fascino femminile: "Degli uomini m'interessano le mucose ed i fluidi corporei".

Ne trovate una più brava?

martedì, giugno 28, 2005

Buone precisazioni


Dopo le interpretazioni del suo colloquio-intervista con Massimo Franco, sul Corriere di domenica, l'On. Bondi ha dato un chiarimento esauriente con un articolo sul Giornale di oggi sui suoi propositi ideologici.

In effetti, si tratta di precisazioni doverose per intendere correttamente il programma politico del suo partito, ancora in fase di elaborazione, ma con alcuni concetti chiave, che non inducono al pessimismo, come pareva dalle considerazioni di Panebianco con il fondo del Corriere di ieri.

Si tratta di un'apertura, dettata da correttezza costituzionale, nei confronti delle altre parti politiche, per attuare le riforme, ivi compreso il bipolarismo, e non di una rinuncia a correre per vincere nella prossima competizione, con l'obiettivo di realizzare possibilmente un partito unico dei moderati, aperto alla società civile ed innovatore.

Quindi, nessuna unione nazionale tra governo ed opposizione futuri.

Buone precisazioni che rimettono nei giusti confini il progetto elettorale e post-elettorale del coordinatore di F.I.

Non ci resta che attendere gli sviluppi.

Sarà una nuova tendenza?

"Buon orgasmo a tutti"


Sarà una nuova tendenza?
Un'affermazione di contenuti e forme legati al pansessualismo dilagante, ricco di espressioni nude e crude e povero di contenuti reali?
Sta di fatto che una mia gentile corrispondente mi ha comunicato recentemente di aver ricevuto, durante la sua vacanza in Sardegna col proprio adorabile e suscettibile partner, un sms da un "caro amico", avente il seguente tenore: Ti so impegnata in orgasmi multipli, ma gradisci egualmente i miei cordiali saluti.
Richiesto qualche chiarimento al riguardo, anche per il disappunto del suo compagno presente alla lettura - e tendenzialmente portato alla cura della forma - ebbe come risposta che si trattava di un augurio di buona fortuna "fuori degli schemi".
Poiché il suo interlocutore è un cultore di siti web, il fidanzato ha voluto saperne di più sulla sua personalità ed è andato a visitare le pagine in rete, scoprendo forse qualcosa di nuovo, rispetto alle notizie fornite dalla sua donna.
Il tizio, che pare si diletti di letteratura, col proprio nome e cognome, mantiene un sito in cui raccoglie tentativi di scrittura poetica, che vorrebbe essere haiku e raccontini fantascientifici, presentandosi come aspirante scrittore, mentre da una ricerca più approfondita legata all'acronimo parrebbe affiorare un'altra pagina inquietante, ma ormai banale, dove trovano spazio le sue trasgressioni (o frustrazioni?) in bilico tra l'utile ed il dilettevole, racchiuse in una dichiarata pornografia, destinata a soddisfare i palati più facili in campo sessuale.
Ora sarà forse per questa duplice attitudine, che anche i comportamenti ed i modi di esprimersi subiscono delle deviazioni, magari inconsulte, o indifferenti alla sensibilità di chi è costretto ad ascoltarci o leggerci, grazie all'invadenza e all'abuso ossessivo della telematica e dei cellulari in particolare, ma comunque sono episodi che si moltiplicano quotidianamente e che gettano una luce sinistra ed oscena sulla cosiddetta civiltà del nostro tempo.
Pochi ed attenti osservatori potranno accorgersi della doppia identità di alcuni di noi e trarne le conseguenze sul modo particolare di proporsi in un coacervo verminoso di apparente affabilità e di micidiale disprezzo per l'altro, frutto di mentalità insozzate da spazzatura intellettuale.
Sorge spontaneo chiedersi se la dissociazione della personalità possa interferire nelle relazioni amichevoli, fino al punto di trasferire nel linguaggio comune parole attinenti ad una sfera di per sé riservata ed inviolabile della persona umana, consentendo intrusioni assolutamente arbitrarie ed offensive.
Che cosa rimane del rispetto dell'altro, dell'amica o dell'amico, se possiamo arrogarci la facoltà di usare espressioni, che fanno riferimento in maniera volgare (anche se si ammantano di termini pseudoscientifici) all'intimità del nostro prossimo come se questa sia tranquillamente violabile o possa essere addirittura un nostro appannaggio?
Se non siamo in presenza di una delle forme peggiori di violenza e di trivialità, non ha più senso mantenere distinzioni o differenze nelle relazioni umane: siamo tutti carne di porco. Tragiche constatazioni sui miserevoli frutti di malintese conquiste sociali nella parità di sessi, o della cosiddetta rivoluzione femminista, che, come più visibile conseguenza, ha portato a trattare le donne come puttane.
O almeno a provarci: per vedere fino a che punto si abbia il diritto di usare un linguaggio offensivo, insultante, degradato, specialmente da parte dei maschi frustrati.
Rimane da chiedersi che cosa accadrà, se questa tendenza incontrerà il favore del pubblico, una volta che si affermerà, cioè, sempre di più, come comportamento di massa.
Vedremo un tipo di comunicazione che non subisce più alcuna selezione legata al buon gusto o semplicemente alla logica, ma piuttosto alla schizofrenia o alla morbosità sessuale. Che ne direste se in occasione del nuovo anno vi augurassero buon orgasmo?
Oppure per il compleanno di vostra sorella, anziché i consueti voti augurali, le diceste mille di questi orgasmi?
Ci chiediamo come reagirebbe il nostro personaggio se al matrimonio di sua figlia, sicuramente bene educata, i convitati brindassero a tanti orgasmi simultanei per gli sposi.
Restiamo in attesa.

lunedì, giugno 27, 2005

All'orizzonte sventola bandiera bianca!



Toh chi si rivede!
La celeberrima "solidarietà nazionale": un 'invenzione dei governi del compromesso storico, nei quali comunisti e democristiani collaborarono a miglior gloria della Prima Repubblica.

Un pasticcio politico-istituzionale, una confessione d'incapacità, sia per la maggioranza sia per l'opposizione, un accordo di potere da basso impero, la beffa della democrazia autentica, una farsa tutta italiana.

Ora, parrebbe che da un colloquio-intervista talune affermazioni dell'On. Bondi possano essere interpretate come una nuova possibilità per il dopo elezioni nel 2006.
Lo ritiene Angelo Panebianco che vi dedica un articolo di fondo sul Corriere, e pare attratto dall'idea di riproporre una formula che pensavamo nella Seconda Repubblica (pure imperfetta e di transizione) definitivamente accantonata.
Sembra di sognare.

Siccome in questo Paese, sostiene l'editorialista, non è possibile governare con il 51%, sia con il centrodestra sia con centrosinistra, ed incombe il declino economico della nazione, almeno per sei o sette mesi, per imporre un "programma di lacrime e sangue" (come capitò all'Inghilterra del secondo dopoguerra, applicando la scelta impopolare di W.Churchill, il quale fu, per questo, spedito all'opposizione), è necessario un accordo tra destra e sinistra, a dispetto delle estreme, per risollevare le sorti dell'Italia.

Detto in soldoni, si profila un altro pateracchio, cui comincia a prestare orecchio il Sen. Violante con una cauta apertura a proposito delle famose riforme, ancora non realizzate o realizzate solo in parte.

Ma, aggiunge Panebianco, s'è visto che le Istituzioni non è facile riformarle e tanto vale prenderne atto per non pensarci, mettendoci una pietra sopra.
Non c'è che dire. Ci aspetta un bell'avvenire.

Insomma, all'orizzonte sventola bandiera bianca!

Ma si renderà conto della tesi suicida il commentatore del Corriere?

Si parla di nuovi movimenti, di laboratori d'idee, di progetti per una nuova legge elettorale, che favorisca il consolidamento del bipolarismo e quindi una maggiore stabilità dell'esecutivo con la capacità di modernizzare l'Amministrazione pubblica e la società, e quelli che avremmo considerato gli aedi del liberalismo e della rigenerazione dell'ordinamento, gl'intellettuali moderati, nati nelle Università della Repubblica, formatisi nelle cattedrali del sapere e della Scienza politica, ci vengono a suggerire dalle pagine del massimo giornale nazionale, che non c'è speranza di cambiamento.

Dobbiamo accontentarci dello status quo, dobbiamo pensare che le elezioni saranno vinte dal centro-sinistra e che la situazione grave e drammatica dal punto di vista sociale necessiterà del sacrificio di tutti i partiti, compresi quelli di centrodestra.

Solo spalmando fra tutti i partiti le restrizioni prossime venture potremmo venir fuori del guado.

Abbiamo finalmente capito che cosa significa essere terzisti. La bella definizione riguarda l'attuale direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli: significa essere né di qua né di là, né col governo né con l'opposizione.
E così paiono adeguarsi molti pensatori al seguito.

Ma se permettete, non è la terzietà del giudice, della valutazione obiettiva ed equanime, e ci ricorda vagamente il vecchio, bieco e tragico slogan, nato nel periodo della prima solidarietà nazionale: né con lo Stato, né con le brigate rosse.
Scusate l'accostamento, ma se ci pensate bene, nella sostanza non siamo in condizione differente.

C'è chi vuole conservare l'esistente e c'è chi vuole cambiare per l'interesse generale.

L'Inghilterra di Churchill, sulle macerie di un conflitto mondiale, vinse la crisi economica, mantenendo inalterate le prerogative dei governanti e degli oppositori , nel pieno rispetto delle regole democratiche parlamentari (ma un alto senso della Patria per tutti i partiti).

Gl'Italiani, brava gente, non sono all'altezza di decidere con senso di responsabilità e di fare un'opposizione costruttiva e non distruttiva com'è avvenuto in questi quattro anni di legislatura. Hanno bisogno che i capibastone della partitocrazia si accordino tra loro per riuscire a governare.
Vogliamo un 'Italia al passo con le democrazie europee (quantomeno), o vogliamo perpetuare un sistema di compromessi e di trasformismo?

domenica, giugno 26, 2005

Lor signori si accomodino...


"Nuove nostalgie: torniamo alla vecchia diccì."

Sembrava che fosse morta e sepolta, la vecchia Dc.

E invece no: eccola ancora lì, pronta a rimettersi in gioco.

Uno dei suoi massimi ideologi, una testa lucida (vecchio appellativo assegnato al celebre cranio pelato del famoso Galloni), più che appropriata definizione per Cirino Pomicino, inconsolabile parlamentare della Prima Repubblica ed inesausto laudatore del proporzionalismo scambista (di voti e di favori) non perde occasione per invocare i bei tempi che furono appannaggio del grande Centro... di raccolta delle più svariate tendenze e dei più svariati mercanteggiamenti, incarnato dalla declinante democrazia cristiana, crollata sotto il peso di tangentopoli.

Le statistiche affermano che tre italiani su dieci rimpiangono il vecchio regime consociativo, in cui era facile ottenere una pensione d'invalidità, un posto di segretario in una scuola di campagna, un impiego alle poste, un sussidio per la nonna o per il figlio quarantenne disoccupato e tanto debito pubblico insieme a tanta demagogia, nessun senso dello stato, un'infinitesima considerazione in campo internazionale ed il gesuitismo ipocrita, l'opportunismo servile, il tirare a campare e il "tengo famiglia", elevati a sistema.

Che sia un male adesso un rassemblement di ex democristiani? No davvero.
E'invece molto utile per una democrazia autentica semplificare la competizione politica, consentendo a tutti i vedovi della balena bianca di entrare in un nuovo movimento, entro cui fornire ospitalità ai nostalgici, nel frattempo infiltratisi nei vari partiti della Seconda Repubblica, sia a destra, sia a sinistra.
Purtroppo, ne rimarranno ancora d'incrostrazioni passate in entrambi gli schieramenti, nonostante questo nuovo contenitore politico, che pare sia a buon punto nella sua costituzione.

Lor signori si accomodino pure.
E, finalmente, lascino spazio a chi vuole innovare, possibilmente abbandonando il ciarpame della vecchia partitocrazia , nella società e nelle istituzioni, per tentare di realizzare qualcosa di meglio per il Paese.

Che tristezza il premio Viareggio!




Abbiamo seguito malinconicamente la premiazione degli scrittori candidati al Viareggio.

Quanto tempo è passato dai tempi - poi non troppo lontani né partcolarmente brillanti - dei Répaci e dei Garboli.

Ma oggi la situazione si è ancora di più involuta.

Le case editrici si giocano a carte le designazioni dei vincitori, sulla base, sembrerebbe, dell'andamento della diffusione dei libri, nel corso dei mesi precedenti all'assegnazione del premio, per poi scambiarsi dei contentini tra big dell'editoria.

E allora che pregio letterario si accerta?

E' un giudizio commerciale o culturale, quello che viene decretato dalla giuria ?

Ma poi perché Sicliano, accusato di plagio mai smentito dal musicologo Buscaroli, dev'essere il presidente?

A vedere La Capria, che fa discorsi incomprensibili con incredibili inframmettenze dialettali, senza spiegare alcunché del suo libro-diario ...con "appunti o dialoghi", ovvero il nuovo talento di nome Piperno, il quale, stupefatto, si guarda attorno smarrito,come per dire: ma che ci faccio qui?, ci danno un senso d'infinita frustrazione e tristezza per l'avvenire delle belle lettere.

Si salva il solo Arbasino, che con le sue notazioni critiche sul teatro lirico, se non altro scrive, ancora, in buon italiano e ci lascia qualche intelligente e perspicace commento sul mondo dell'opera.

Nel complesso, un appuntamento inutile.

sabato, giugno 25, 2005

Uomini in lacrime


Un'insigne commentatrice, all'interno di una discussione piuttosto complicata sul valore del pianto maschile, ha raccontato un episodio che di per sè non è degno di eccessivo rilievo, se non per l'interpretazione data all'insegna della psicologia più spregiudicata.

Questa gentilissima intellettuale, dal viso segnato da ineliminabili segni di sofferenze e macerazioni cerebrali e visibilmente indignata con l'egoismo e l'indifferenza degli uomini, narrava di un manager dal cuore di pietra, insensibile a tutto e a tutti, votato tutto intero alla carriera e al proprio interesse, che un bel giorno, alla vista di un cane agonizzante, incontrato casualmente per strada, e poi definitivamente trapassato, si mise improvvisamente a piangere singhiozzando, come mai aveva fatto nella propria vita.

Tale evento fu per lei una rivelazione, perché si trattava di un dolore disinteressato e le fece finalmente capire quanto quel rude personaggio fosse in realtà dotato di una profonda umanità.

Ora, ognuno in questo libero paese può pensarla come crede e le valutazioni di una femme savante sono sempre interessanti, specialmente se dette con gravità e convinzione dal bordo dei teleschermi, storcendo lievemente il labbro inferiore, in segno di disprezzo verso tutte le altre lacrimazioni maschili, che vantano, beninteso, un pedigree di tutto rispetto, fin dai tempi di Achille e Patroclo.

Finora ritenute universalmente compatibili con il concetto di virilità, qualora siano versate dai maschi in occasione di situazioni emotivante forti e coinvolgenti, le lacrime - comunemente intese una manifestazione di partecipazione intensa e spontanea al dolore di chi ci è vicino - devono quindi lasciare il passo di fronte al pianto "disinteressato", come quello che si può provare per la morte repentina di un cane sconosciuto.

Questo, nella sostanza, il ragionamento dell' austera rappresentante del mondo muliebre, la quale ha espresso, se non altro, un pensiero originale ed altamente educativo per i poveri cristianucci.

Uomini siete avvertiti: chi piange per la razza canina randagia lo fa disinteressatamente e, quindi, in maniera degna di considerazione per gli occhi femminili; chi lo fa per futili motivi, magari legati ad un affetto personale o al cospetto di tragedie che scuotono intimamente l'animo, per compartecipazione appassionata, è meglio che vada a nascondersi.

Il senso di umanità, insomma, o è generalizzato e canino o non è !

venerdì, giugno 24, 2005

Mughini siculo


Giampiero Mughini è un giornalista libero e le sue opinioni sono sempre degne di attenzione.

Ricordiamo le battaglie controcorrente in tempi non sospetti, e memorabile rimane la storia di Telesio Interlandi, pubblicata con grande scandalo dell'intellighenzia del tempo, per aver tentato di decifrare, attraverso la figura di quell' intellettuale "maledetto", uno dei periodi più complessi della vita culturale precedente la seconda guerra mondiale.

L'impressione che ricavammo fu che Mughini, come tutti i buoni siciliani, adottava criteri lungimiranti nella valutazione dei suoi conterranei a qualsiasi ceto classe professione o ambiente appartenessero.

E che il giudizio pacato, sine ira ac studio, su una figura significativa della pubblicistica filo-razzista dell'epoca, scaturisse, quindi, dalla fondamentale considerazione che Interlandi, uomo per altri versi assolutamente integro, era nato in Sicilia.

La stessa impressione abbiamo avuto nell'ascoltare il panegirico postumo tessuto per Enrico Cuccia, a commento del suo rimpianto per la Prima Repubblica, cui il Nostro ha dedicato, fra l'altro, un libro uscito recentemente.

Orbene, per noi Mughini prima di tutto è affetto da "sicilitudine", un po' come Sciascia, e non perde mai l'occasione a difendere uomini e cose, quelle buone e anche meno buone, che provengono dalla sua terra.

Cuccia era siciliano.

Secondo il nostro sommesso avviso, lo gnomo di mediobanca non fu un gran personaggio della finanza italiana, da ricordare per la difesa del libero mercato, come qualcuno ha tentato di fare ex post, quanto un gran mediatore, che, forse, per pessimismo ancestrale e scarsa fiducia negli uomini, mirava a salvaguardare un'ideuzza un po' particolare e stravagante di liberalismo, puntando più alla difesa del salotto buono del capitalismo italiano, che alla difesa dei piccoli e medi risparmiatori.

Invece Mughini lo considera un gigante, lo definisce iperbolicamente, sicilianamente, "elegante" "silenzioso" "omnivoro" di cultura umanistica.

Perché?

Semplice.

Il banchiere Cuccia dalla Trinacria a Milano era riuscito ad incarnare la figura di un uomo di potere osannato.

Questo retaggio spagnolesco, che ogni siculo ha nel proprio dna e si porta dietro per tutta la vita, non viene mai meno.

Cuccia era un uomo arrivato.

Comunque fosse, dava lustro alla sua patria. Come dimenticarlo?

Peccati veniali, in fondo.

Non per questo, non leggeremo più Mughini con simpatia ed interesse.
I suoi eccessi verbali, le metafore, i simbolismi, il picaresco senso di giustizia, la misurata intolleranza ci fanno perfino esser grati alla buonanima di Giancarlo Pajetta, che lo raccomandò per consentirgli di cominciare a scrivere a "Paese Sera", antico e nobile giornale comunista, per nostra fortuna non più in edicola.

giovedì, giugno 23, 2005

Liberismo sociale


Sono indubbiamente interessanti le considerazioni, svolte dall'economista Carlo Pelanda, sulla necessità di creare un nuovo modello politico, che tenga conto della crisi di fiducia della popolazione e della inadeguatezza e lo sperpero rovinoso di risorse del welfare, imponendo un ripensamento delle strategie economiche nell'ambito di un'efficiente riforma liberale.

Molto opportunamente egli richiama l'attenzione, non tanto sulla distinzione fra destra e sinistra, quanto sulla necessità di delineare iniziative volte a creare sicurezza nei cittadini sulle possibilità di creazione della ricchezza e della sua diffusione in ceti sempre più ampi, aprendo sempre maggiori opportunità di accedervi per ogni individuo, al di fuori dei modelli classici dello Stato assistenziale e del liberismo puro.

Fronteggiare la globalizzazione con un movimento unitario, all'interno del centrodestra, sembra a Pelanda più realizzabile, che nell'area del centrosinistra, non essendo così distanti le istanze della cosiddetta destra sociale con quelle dei liberisti classici in campo moderato.

La forma del "liberismo sociale" può rivelarsi un cardine del programma di rinnovamento, da proporre per le prossime elezioni, capace di assecondare le aspettative della pubblica opinione.
Ma riteniamo che occorra lavorare con notevole impegno culturale e rigore scientifico, avendo la forza di abbandonare ogni sorta di pregiudizi ideologici.

Appare chiaro che lo statalismo non equivale a socialità, né che la libera iniziativa possa significare una concentrazione di poteri nelle mani di pochi gruppi finanziari, o di alcune grandi famiglie - com'è avvenuto in passato, né che l'innovazione e la creatività, per assorbire la concorrenza di altre nazioni, siano elargibili con decreti governativi.

Saranno in grado le varie componenti della "Casa della libertà" di affrontare questa sfida, elaborando princìpi economici credibili ed efficaci per la nuova modernizzazione del paese?

mercoledì, giugno 22, 2005

Perché punire



Non siamo particolarmente attratti dal pensiero animalista, quell'insieme di concetti che ruotano attorno alla sacralità dei diritti degli animali.

Però - alla lettura della notizia del massacro di una cavalla in quel di Collegno, paesino dell'appennino reggiano, per i pugni ed i calci del suo giovane padrone, irritato dalla riluttanza dell'animale a farsi cavalcare, nel corso di una gara con i butteri maremmani, alla fiera del primo giugno - vorremmo con tutto il cuore che, dalla LIDA nazionale alle più sperdute associazioni di amici degli animali, esistenti nel territorio nazionale, si convogliasse in un'articolata denuncia tutto il disprezzo, la vergogna, l'indignazione verso questo ributtante delitto, richiedendo la più severa condanna per la ferocia di un idiota e la stupidità di una folla inerte di fronte all' uccisione di un povero animale.
Il quale, secondo le cronache, ha accettato con gli occhi spalancati dalla sorpresa e dall'orrore la sua tragica fine, rotolando il corpo martoriato in una scarpata.

Ci auguriamo che venga altresì diffuso, in ogni angolo d'Italia, il nome ed il volto del pericoloso deficiente, autore incontrastato dell'atto criminale.

Nulla ci vieta di pensare che episodi così brutali, domani, lo possano vedere protagonista di violenze nei confronti di una persona.

Abbiamo visto, in tutti questi anni, moltiplicarsi i segnali di un amore esagerato per gli animali, una ricerca di attenzione e di protezione, che si poteva indirizzare meglio verso gli esseri umani più deboli.

Speriamo che l'entusiasmo e l'amore degli zoofili di professione si rivolga, oggi, ad una causa giusta.

Assumere tutte le iniziative possibili per trascinare in giudizio questo miserabile e farlo condannare, pubblicizzare il suo nome disgraziato in tutte le sedi possibili, per far riflettere sul disgustoso grado di barbarie ancora presente nella nostra società, paradossalmente legata, questa volta, al mondo contadino, paradigma spesso fasullo di un certo ambientalismo di maniera.

Le profezie di Pansa


Su "L'Espresso" ancora in edicola, Gian Paolo Pansa profetizza l'apoteosi di Pierferdi Casini a Presidente del Consiglio, grazie alla "super potenza politica" di Papa Ratzinger e del Cardinale Ruini.
Egli batterebbe l'ambiguo Romano Prodi, frequentatore di amicizie poco raccomandabili, con la mobilitazione, alle urne del 2006, del partito degli astensionisti cattolici.

Su quali basi, l'illustre giornalista fondi tale previsione, non si sa bene.

Ma Pansa è imprevedibile e un po' umorale.

Magari a corto di argomenti in periodo estivo o in preda a qualche senso di colpa, accumulatosi pesantemente sulla sua coscienza progressista negli ultimi mesi, per essersi lasciato andare a raccontare alcune scomode verità - peraltro già note anche in ambienti non ufficiali della cultura di sinistra - su alcuni fasti della Resistenza a regia comunista, vuole rifarsi il trucco davanti ai suoi ex compagni, e quindi invoca un'assise dei Ds per esaminare tempestivamente i gravi, inquietanti problemi derivanti dal nuovo assetto clerical-referendario, che minaccia i destini d'Italia, a causa dell'interferenza del Vaticano nella politica attiva.

Ci saremmo aspettati di più da un personaggio intelligente e non conformista.

Perché non trovare il coraggio di dire alla platea laicista che è ora di pensare a nuove strategie e di non attardarsi sull'inesistente pericolo neo-temporalista da utilizzare come pretesto polemico?

E' possibile che ancora qualcuno possa pensare di alzare la bandiera di un anticleracalismo così stantio nell'era della globalizzazione?

Credo che anche tra i post-comunisti più pervicaci cominci a farsi strada l'idea che Benedetto XVI e Santa Romana Chiesa abbiano da curare affari spirituali più importanti delle beghe politiche e dei calcoli da bottegai.

Il quarantotto è finito da tempo.

Davvero non si è accorto Pansa che, anche tra gli eredi dei "trinariciuti" di guareschiana memoria, questa constatazione c'è stata?

martedì, giugno 21, 2005

Castrazione?


Il Ministro Calderoli ha proposto d'introdurre la castrazione chimica o chirurgica come pena per gli stupratori.

Sono perplesso, anche se, istintivamente, seguendo la legge del taglione, presumo che molti siano d'accordo, pur non manifestandolo apertamente.

Certo è che episodi come quello del Parco di Bologna, ad opera di spavaldi giovanotti, senza alcuna remora nel violentare le ragazzine, suscitano profonda indignazione e reclamano pene giuste, esemplari e rapide.

Ma così non è. Lo sappiamo benissimo.

A Napoli, un delinquentello, appena patteggiata la pena il giorno prima, è tornato in libertà e ha compiuto un altro furto l'indomani.

Duecento persone, non più tardi di ieri, si sono scagliate contro la polizia, in un quartiere partenopeo, ferendo dodici agenti.

E se la castrazione si estendesse ai delinquenti comuni?

Mi fermo agl'interrogativi.

Non sono convinto che un rimedio drastico come questo possa modificare la situazione.

Francamente, mi pare che ad un'emergenza occorra rispondere con determinazione da parte dello Stato, sia con la repressione che con la bonifica della camorra.

Mancano, però, gli strumenti e gli uomini adatti ad utilizzarli con razionalità e fermezza.

Sono pessimista, quindi, anche sull'efficacia della castrazione.

Oltretutto pare che quella chimica, a base di ormoni, elimini la libido, ma non l'aggressività e, quindi, non limiti la capacità di delinquere.

Rimpiango il Generale Dalla Chiesa.

Irak e Sudan


Ad una spassionata analisi della guerra in Irak, con tutte le ombre che qualsiasi conflitto produce, non potrà negarsi che - come in Afghanistan - sono state individuate le aree dove il terrorismo è allocato.

Rispetto all'11 settembre, nella lotta contro questo fenomeno criminale, si è fatto un passo avanti significativo.

Dal punto di vista politico, un altro progresso si è raggiunto con la costituzione di un governo eletto dal popolo, pur tra imperfezioni ed incertezze nella configurazione di un governo democratico, dopo la satrapia sanguinaria di Saddam Hussein.

Non si può dire che il sacrificio di chi è caduto sia stato inutile.

Né va dimenticato che Il nostro Paese ha svolto con dignità il suo ruolo e, forse per la prima volta, ha saputo assumere un atteggiamento chiaro in campo internazionale.

Altrettanto è a dirsi, in questi giorni, per la spedizione di un corpo militare italiano in Sudan, per incarico dell'Onu, a garanzia del mantenimento della tregua tra le parti in lotta.

E' un modo realistico per instaurare rapporti di collaborazione con quella nazione, con la quale possono realizzare proficue relazioni commerciali, a cominciare dall'auspicabile ripristino delle linee aeree dell'Alitalia.

Chi dice che i fondi per le forze armate non possano avere - oltre ad a un ritorno d'immagine per l'Italia nel mondo - anche un risultato economico apprezzabile?

lunedì, giugno 20, 2005

La Lega e le Istituzioni


Non possiamo che vedere positivamente il rientro di Umberto Bossi sulla scena politica e non apprezzare il tono moderato con cui ha affrontato complessivamente gli argomenti più importanti non solo per la Padania, ma per l'Italia intera.

Non ci è sfuggito il passaggio encomiabile con cui ha auspicato il rafforzamento di una "lega del sud", per affrontare e risolvere in una più ampia visione economica gli annosi problemi delle regioni meridionali.

A parte il rifiuto di una compartecipazione alla creazione del movimento unitario ispirato da Silvio Berlusconi, le critiche all'Europa e all'euro, che possono servire da stimolo a tutti, opposizione e governo, per riflettere a fondo sul modello europeo più vicino agl'interessi delle popolazioni piuttosto che alla tecno-burocrazia di Bruxelles, ci è parso di notare, comunque, una linea solidale con gli altri partiti del centrodestra, in vista delle elezioni del 2006.

Quello che non ci è sembrato coerente con le funzioni del Governo e del rispetto delle Istituzioni, è stato invece il tono ed il contenuto del discorso del Ministro della Giustizia, il quale nell'occasione, ha smesso i panni di servitore della Repubblica e della Costituzione, per lanciarsi in una serie di anatemi, che con il suo alto ruolo avevano ben poco da spartire.

Se le parole arroventate pronunciate dall 'on. Castelli non fossero immediatamente e direttamente collegabili alla sua investitura e ai compiti delicatissimi di un Guardasigilli, nessuno avrebbe potuto obiettare alcunché, nel rispetto della libera manifestazione del pensiero, sancita da qualsiasi ordinamento democratico. Il quale, peraltro, è bene ricordare che - per un elementare senso dello Stato - reclama dai rappresentanti di Governo un'assoluto distacco, equilibrio ed equidistanza dalla disamina della corte Costituzionale in materia di grazia.

Poteva fare a meno, il Ministro, di pronunciarsi, prima di Pontida, sugli effetti "devastanti" che l'alto Consesso provocherebbe, se dovesse pronunciarsi a favore di una prerogativa "piena" del Presidente della Repubblica in tale materia.

Ed avrebbe dovuto astenersi, durante la manifestazione padana, dall'anticipare valutazioni e comportamenti da adottare all'indomani delle decisioni della Consulta, mescolando la propria funzione super partes con quella dei partitanti partecipanti al raduno.

Ne avrebbe guadagnato la credibilità del movimento leghista presso l'opinione pubblica moderata, e la stessa coalizione governativa, che, dalla dequalificazione dei ranghi istituzionali, ha tutto da perdere, sia all'interno che all'estero.

domenica, giugno 19, 2005

Sofri merita rispetto


Adriano Sofri può andare a casa due volte al mese ed occuparsi dell'Università.

Questa possibilità gli è stata offerta, senza che fosse da lui sollecitata:così come non ha presentato domanda di grazia, non ha mai rivolto alcuna istanza per fruire di benefici od agevolazioni.

Sconta la sua pena con dignità e non si è macchiato di alcun delitto di sangue.

Per il modo in cui affronta la vita e le circostanze negative pare un combattente d'altri tempi, non un terrorista, né un guerrigliero.

Altri maitre a penser hanno ispirato azioni nefande e siedono dietro una cattedra universitaria, conquistata per militanza politica, più che per impegno intellettuale, e non hanno mai pagato per le resposabilità anche gravi commesse.

Il più delle volte, non condividiamo quel che dice o scrive Sofri, ma crediamo sia un uomo che merita rispetto.

Unitari a parole?


L'intervista a Marcello Pera, rilasciata al "Giornale"e raccolta da Marco Taradash, per "Radio radicale", non costituisce di per sé nulla di eclatante.

Non va sminuita, né enfatizzata.

Credo che vada interpretata senza secondi fini e voglia riaffermare l'attuale posizione cattolico-liberale del Presidente del Senato.

Se ci sono, dietro le sue parole, nascosti disegni o strategie raffinate di potere, come da qualcuno viene maliziosamente ipotizzato, lo diranno i fatti.

Qui mi preme sottolineare che, in effetti, l'unione dei moderati, pur potendo consistere nell'incontro tra laici e cattolici, come da anni ormai ha dimostrato sia possibile sul piano culturale la fondazione "Liberal", questo non significa dare un'impronta filo clericale o teologica al movimento, importando da altre tradizioni politiche i suoi criteri informatori.

Direi, pertanto, che, con saggio realismo e lucidità intellettuale, occorra guardare all'interno della propria cultura (nazionale ed europea) per approfondire le idee destinate ad un comune progetto.

Che il partito unitario o la destra si richiamino ai neocon o ai teocon o ai neogollisti mi sembra poco producente sul piano dei principi e su quello dell'appeal nei confronti della società civile.

E' più costruttivo guardare a modelli di ampio respiro, dove siano presenti peraltro le motivazioni più vicine al nostro popolo e alla sua nuova identità europea.

In tale contesto, il laboratorio delle idee da sviluppare è già ampiamente attrezzato di strumenti critici affinati.

Discorso analogo vale per le analogie, a volte, rintracciabili con i radicali, i quali però peccano troppo spesso, a nostro sommesso avviso, di fondamentalismo alla rovescia, esasperando i toni ed esacerbando polemiche evitabili con atteggiamenti meno legati al patriottismo di partito e ad un certo spirito Komeinista.

Il fulcro del discorso unitario però riveste maggiore importanza nel dialogo tra Forza Italia ed AN (giacché la Lega persegue una linea propria rispetto agli alleati di Governo).

Si tratta, in buona sostanza, di vedere fino a che punto l'accelerazione in senso laico e libertario impressa da Fini negli ultimi tempi, con prese di posizione nette ed innovative, rispetto alla linea di Fiuggi, possano avvicinare il suo partito a quello di Berlusconi per confluire nel nuovo movimento.
Ovvero, se rimangano marcate alcune caratteristiche distintive, tali da preferire un patto federativo alla creazione di un altro soggetto politico.

A questo proposito, sarà preliminarmente necessario verificare quanto la cosiddetta destra sociale ed i cattolici tradizionalisti di vecchia ascendenza democristiana siano determinati a rivendicare un ruolo di guida, anche a costo di una scissione.

Non condividiamo la tesi di Renato Besana, secondo cui l'unità della destra non debba esser messa in discussione, per le conseguenze negative che comporterebbe sul piano elettorale.

L'esempio da lui citato della nascita negli anni settanta di democrazia nazionale e la sua sconfitta elettorale non fanno testo.
Oltretutto le tesi di quella corrente a conti fatti a decenni di distanza hanno vinto proprio a Fiuggi.

In ogni caso è meglio la chiarezza.

Essere unitari a parole non ha senso.
La diaspora permanente, alla lunga, logora programmi e volontà di rinnovamento.

Ben venga il partito unitario, se si fonda sulla condivisione profonda di principi e progetti e non su accordi di vertice, lasciando insoddisfatte le urgenti aspettative dell'opinione pubblica moderata.

Questo vale sia per Forza Italia sia per AN.

sabato, giugno 18, 2005

Le zingarate


Nonostante tutta la mia buona volontà, non son riuscito a rivedere integralmente il celebre film di Mario Monicelli, "Amici Miei", trasmesso in televisione ieri sera.

Pensavo sinceramente che, il tempo trascorso dalla sua uscita, avrebbe mutato il mio giudizio, complessivamente negativo per l'ampia irruzione di volgarità gratuite e pseudo umorismo, una greve comicità da caserma, degna tutt'al più dell'antico avanspettacolo, piuttosto che di una cinematografia intelligente seppure leggera.

Mi dispiace, ma anche con la considerazione dovuta ad un regista di opere non mediocri, questo racconto di zingarate, per nulla animate da spirito goliardico, mi pare una concessione al cattivo gusto di massa, che culminerà nella serie dedicata al celebre vizietto: prodotti grossolani da cui è assente qualsiasi cifra stilistica.

Moby Dick



Le riflessioni post referendarie in tema di valori comuni, attorno ai quali aggregare un nuovo progetto politico culturale, che sappia parlare persuasivamente alla società italiana, in una prospettiva moderna ed europea, portano ad individuare un pericolo assai grave nella ricomparsa all'orizzonte della "balena bianca".

Ci sono personaggi noti, politici navigati, rampanti giovanotti aspiranti leaders e nostalgici del proporzionalismo, che si ritrovano uniti nel delineare, all'insegna di un non meglio definito spirito cattolico, il ritorno di una Moby Dick, erede dell’"ancienne régime" consociativista, in cui far affluire tutte le anime della partitocrazia più becera, sotto un mantello neoguelfo a copertura dei vecchi traffici dominati da clientele e voti di scambio.

L'ansia di rimettere al centro delle aspettative moderate almeno una balenottera, che consenta di soddisfare le ambizioni personali dei carrieristi della politica e degl'inconsolabili vedovi della mediazione tra tutto e tutti, pur di ottenere un po' di potere, dovrebbe essere invece contenuta con decisione, se non si vuol perdere, forse, l'ultima occasione di un rinnovamento autentico delle istituzioni e di una più ampia apertura alle componenti sociali più affidabili per la costituzione di un'alternativa credibile nel governare il futuro.

La fortuna di movimenti come Forza Italia o la Lega e la stessa affermazione di AN e UdC, in passato, era chiaramente riconducibile alla volontà degli elettori di rifiutare il vicolo chiuso aperto da "tangentopoli" e, nel contempo, alla scelta determinata di farla finita con i professionisti dei partiti della prima repubblica.

Ora pare che le motivazioni, che servirono a far nascere una nuova leadership, siano state dimenticate dal fronte moderato.

Le spinte eccentriche e la malcelata paura di perdere il cadreghino spingono molti esponenti di primo piano a cercare "culture di riferimento" nel passato deteriore, nel regime dei compromessi ed a sognare la restaurazione del biancofiore democristiano, vale a dire di un cetaceo capace d'ingoiare qualsiasi detrito.

Vorremmo ricordare a quanti si agitano, smaniosi di resuscitare i fasti dei meschini cabotaggi tra politica, clientes, ed affari, che l'opinione della cosiddetta maggioranza silenziosa non è per nulla propensa ad accettare i trucchetti delle tre carte o gl'imbellettamenti di anziane signore o le posticce parrucche atte a nascondere il grigiore delle capigliature o l'incipiente calvizie.

Renzo Foa indicava, in un articolo recente, che il principio, al quale ancorare l'avvenire del paese, è costituito dalla centralità della persona umana e dalla riforma liberale, cui si può aggiungere un nuovo senso comunitario e libertario contro le numerose, sotterranee lobbies, i poteri forti, i difensori dei privilegi dei boiardi, i trasformisti e gli affossatori dei ceti produttivi, medi e popolari.

venerdì, giugno 17, 2005

Civilizzati e no

Una civiltà superiore

L'emerito Prof. Giuseppe Branca, illustre docente di Diritto romano ed apprezzatissimo Presidente della Corte Costituzionale, oltre a distinguersi per l'inconfondibile tono di voce (tanto da meritarsi l'affettuoso appellativo di "trombetta", come raccontava mio padre) e la facondia del linguaggio, era dotato di un finissimo senso dell'umorismo e di un'appoccio ironico nei confronti della multiforme complessità del mondo.

Un suo amico avvocato, vicino di casa, ebbe a raccontarmi, poco tempo fa, un anedotto di quando l'esimio giurista era ancora in vita e che mostra quanto fosse divertente e stravagante la sua personalità.

Nei pressi della sua abitazione a Roma, aveva sede l'ambasciata di non so quale governo africano di recentissima indipendenza.

L'ambasciatore di quel paese, esponente di spicco di un'influente ed antica tribù, ebbe la ventura di litigare ferocemente con la propria suocera, per ragioni di vitale importanza o per gli affari dello Stato che rappresentava all'estero o per i propri personali interessi.

Una contese verbale furibonda s'ingaggiò tra i due, tanto da far considerare al'uomo come unica praticabile soluzione, quella di porre fine alla querelle e alla permanenza della donna nella propria dimora col metodo spicciativo e decisionista tipico dell'antica consuetudine e della cultura del proprio popolo: il cannibalismo.

E difatti il diplomatico chiuse la discussione, divorando il proprio familiare in un discreto e veloce banchetto, alla presenza di pochi intimi.

Gli echi della riunione conviviale giunsero peraltro all'orecchio del chiarissimo accademico, il quale ebbe a commentare icasticamente: i cannibali? Una civiltà superiore!

L'affermazione di Peppino Branca mi è venuta in mente alla lettura di una summa del pensiero del celebre antropologo Malinovskij, il quale al termine di lunghe e laboriose ricerche sul campo, presso comunità tribali delle ex colonie occidentali, disprezzando l'atteggiamento indifferente dei bianchi nei confronti delle popolazioni colonizzate, era giunto alla conclusione che non esistono civiltà superiori ed inferiori, ma solo culture differenti.

Non nascondo il mio stupore di fronte al pensiero del pur nobile antropologo, ma in materia la penso come l'indimenticabile Professore che, accompagnato nell'arco della propria esistenza e della laboriosa attività di studioso, da un'indefettibile concezione della vita progressista ed egualitaria, di suocere, evidentemente, se ne intendeva parecchio.

Floris, torni a settembre!


Floris fa bene a tornare a settembre.

Francamente le sue performarces da Santoro in sedicesimo ci stavano annoiando: troppo prevedibile nell'interrompere i discorsi di chi non le è gradito, troppo zelante nel concedere la parola ai commentatori suoi amici e troppo ammiccante con la claque presente in studio.

Il suo Ballarò, ci creda, fa rimpiangere il buon Santoro, il quale almeno non nascondeva la sua faziosità dietro occhialini da seminarista, sorrisini da gesuita e non aveva l'ardire, a fine trasmissione, di pronuciare, a mezza voce, con uno squittio da topino, l'incitamento da stadio Alé, quasi a cantare vittoria, scondinzolando le terga ed incrociando le scarpine firmate.

E no!, caro Floris, Alé lo dica ai suoi compagni di squadra, non a noi che abbiamo avuto la pazienza di sopportare le sue elucubrazioni e le sue argomentazioni contorte e capziose per tutto l'inverno.

Torni a Settembre, e cerchi di rimediare.

Sia un po' più se stesso: preferiamo i partigiani ai sagrestani.

giovedì, giugno 16, 2005

Una piccola luce

La lanterna di Diogene


Ci sono stagioni nella vita in cui ci fermiamo a riflettere su noi stessi e il nostro destino.


Non c'è un limite generazionale. Possono esistere corsi e ricorsi nella nostra vita. Magari nell'adolescenza ci siamo posti i classici imperativi  chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, mirabilmente simboleggiati nel quadro di P.Gauguin.


Poi attratti da qualche oggetto o intenti a realizzare qualche scopo concreto, abbiamo sospeso la ricerca di una risposta.


Tornati a sederci per stanchezza o per una salutare pausa, ecco davanti ai nostri occhi gli stessi quesiti, immobili imperituri imperdonabili.


Che ci faccio qui. Che ci facciamo sulla superficie corrugata della bolla dell'universo?


E' certo che nessun sapere per quanto ampio soddisferà mai le nostre domande.


E allora? Cercare è l'unica strada da percorrere. Credere di poter conquistare un lampo d'intuizione significa già essere ottimisti.


Continuiamo a camminare con la lanterna di Diogene per tentare di capire. 

Vattimo e il Papa

L'appuntamento elettorale ed i conseguenti bilanci post-referendari, forieri di nuove diatribe e polemiche revanchiste, hanno scatenato i commenti esacerbati del Prof. Gianni Vattimo.
Costui, essendo, non tanto un filosofo (scarso ci pare il suo contributo alla ricerca filosofica del nostro tempo, al pari peraltro di quasi tutti i suoi colleghi), quanto un tuttologo eminente (la tuttologia è un'arte, secondo cui è possibile pronunziarsi su tutto lo scibile umano, pretendendo di dire la verità), ha voluto contrapporsi a Benedetto XVI sul tema del relativismo e della procreazione, cercando di essere perfino spiritoso (lui che tutto è meno che divertente, quando pronuncia i suoi dogmi dell'antidogmatismo).

Ha cominciato col dire che si rischia di avere l'ultimo Papa per la Chiesa cattolica, perché dopo ci sarà il diluvio, data la chiusura al mondo moderno.

Ed interrogandosi problematicamente, ma con spirito ecumenico, antirazzista ed egualitario (qual è suo costume abituale), si è chiesto cosa sarà costretto a fare il Pontefice, per salvare l'istituzione in decadenza, se non nominare cardinali "i negri" e sacerdoti "le donne"(horribile dictu!).

Ha rievocato lo spettro del "Sillabo" ed invocato la rivolta dei cattolici per crearsi una Chiesa finalmente progredita, che ammetta i matrimoni gay, la pillola e l'aborto (in prospettiva mai accantonata, la fecondazione eterologa), e... l'unione con il buddismo ( "ma come farà ad incontrare il Dalai Lama?" piagnucolava disperato).

Insomma, una vera e propria scomunica con tutte le regole e con tutta la la forza di chi crede fermamente nei principi del relativismo, il quale stranamente non ammette religioni diverse dalla propria.

mercoledì, giugno 15, 2005

Laico? Che vuol dire?

Il Prof. Fabbris, insegnante di sociologia all'Università di Milano, ha lamentato con indignazione l'alto numero di astensioni all'ultimo referendum, causato, a suo dire, dalla disinformazione esistente nel Paese.

A convalida della sua affermazione, ha citato il risultato di un'indagine, condotta dalla sua facoltà, per verificare la conoscenza del significato della parola "laico" presso la popolazione, concludendo che la maggior parte degl'interpellati non sa che vuol dire.

Si conferma quel che sapevamo: gl'italiani non sono molto istruiti ed è inutile, secondo noi, sprecare i soldi del contribuente, per appurare fino a che livello di penetrazione si è insinuato un aggettivo, ampiamente manipolato dall'ideologia neo-illuminista, a cui, evidentemente, la ricerca sociologica, in mancanza di argomenti culturalmente più elevati, tiene miseramente bordone.

Ma, oltre ad avanzare riserve sulla concezione della democrazia, di cui fa sfoggio il mondo accademico - come a dirci che solo chi è acculturato in una certa direzione, è degno di essere preso in considerazione nelle competizioni elettorali - contestiamo la scelta del termine utilizzato per decifrare il grado di preparazione e di consapevolezza democratica del nostro popolo.

Siamo sicuri che l'inchiesta demoscopica avrebbe dato gli stessi esiti, se gl'intervistatori avessero utilizzato le parole "cattolico" o "religioso"?

Non sarà che le radici culturali della popolazione italiana debbano essere ricercate in altra direzione, adottando strumenti meno semplicistici, con buona pace dei sociologi e dei maitre a penser incartati in presuntuose certezze, il più delle volte prive di riscontri nella vita reale?

Ricordando Tortora

Enzo Tortora. Sembra passato un secolo.

Eppure si è sacrificato un uomo, un personaggio pubblico intelligente e garbato sull'ara della giustizia spettacolo, mandandolo a morire, dopo avergli inflitto torture e sofferenze morali d'inaudita violenza.

Camorrista, trafficante di stupefacenti, inchiodato dai pentiti: erano i primi esperimenti di questa formula ambigua, tolta di peso dalla lotta al terrorismo.

Tortora una vittima. Ma anche un monito per tutti noi.

Ancora nessuna riforma è stata fatta in maniera adeguata.

La legislazione sul pentitismo è sempre ambigua e la libertà, i diritti dell'indagato, dell'imputato sono, a volte, del tutto incerti.

Il famoso referendum sulla responsabilità civile dei magistrati è rimasto sostanzialmente inapplicato, nonostante la chiara pronuncia popolare.

Sembra a volte che la Colonna infame del Manzoni sia sempre presente tra noi.

Ricordiamoci di Tortora per non condannare a priori, utilizzando magari il circuito mediatico-giudiziario, per fare giustizia sommaria e partigiana.

lunedì, giugno 13, 2005

E ADESSO?

Dopo il referendum, sarebbe bene che i partiti e gli schieramenti dei due poli riflettessero seriamente sulla maturità del popolo italiano, che avendo scelto di non votare in maggioranza ha manifestato almeno tre tendenze:

1 - Il referendum andrebbe riformato nel senso che il quorum, richiesto per la sua ammissione dovrebbe essere più elevato.
Sarebbe opportuno che venisse ammesso anche il referendum propositivo per l'approvazione di nuove leggi ad iniziativa popolare.

2 - Il distacco, non tanto dalla politica quanto dai partiti, è aumentato in maniera esponenziale, sottolineando, ancora una volta e sempre di più, il rifiuto dei giochi elettoralistici e del professionismo politico, che tende inevitabilmente ad espropriare il diritto di opinione liberamente espresso dai cittadini, senza l'irreggimentazione partitocratica.

La società civile reclama spazi più ampi e meno vincoli imposti dall'establishment dei nuovi feudatari, privi di adeguata legittimazione, ma autoinvestitisi di un potere privo di radici.

Fin dagli anni settanta il grande costituzionalista Giuseppe Maranini aveva diagnosticato il male della nostra democrazia nello strapotere di associazioni di fatto, quali sono in realtà i partiti, che hanno invaso ogni aspetto della vita pubblica.
E l'indimenticabile saggista Panfilo Gentile non aveva esitato a definire democrazia mafiosa la pseudo democrazia instaurata nel dopoguerra, dopo il miracolo economico, le nazionalizzazioni e la creazione delle industrie di Stato ed i grandi carrozzoni come la Rai, dove la legge clientelare aveva il sopravvento sulla competenza e la managerialità.
Anche i recenti avvenimenti per l'elezione del nuovo presidente dell'Ente radiotelevisivo testimoniano la persistenza di questo malcostume.

3 - Il tema dei valori infine non è un tema da affidare ai partiti e non si può affidare a tecniche e comunicazioni di tipo ideologico.
La gente non è insensibile ad argomenti vitali per il nostro tempo, come la difesa della vita o la libertà della ricerca scientifica, ma non accetta che siano degradati a polemica tra partitanti, abituati spesso a ricorrere a trucchi volgari per manipolare il consenso.
Un segnale netto ci pare provenga da queste consultazioni : la difesa dell'autonomia dei cittadini contro ogni strumentalizzazione.

Saranno capaci i cosiddetti poli a riflettere sulle indicazioni provenienti dal paese reale, a formulare programmi e riforme, che servano alla libertà del singolo e al benessere della comunità, e non a conservare i privilegi della nomenklatura ?

domenica, giugno 12, 2005

I miei amici

Ho perso da pochi mesi una persona a me molto cara, che mi ha allevato , educato, amato come mia madre.

Conosceva perfettamente il mio carattere, vizi e debolezze, piccole manie, simpatie ed antipatie.

Sapeva tutto di me, come poche altre persone.

Le era nota la mia passione per i libri, maturata fin da piccolo, con i regali dei libri di fiabe e di avventure, e perfezionatasi ai tempi del liceo e dell'università ed, infine, da adulto attento al mondo circostante.

Ogni volta che tornavo nella mia vecchia casa, dove le mi aveva cresciuto con affetto fazioso ed infinita tenerezza, ma anche con grande determinazione ed incrollabile fermezza, mi accoglieva dicendo: ebbene non vai a salutare i tuoi amici?

I miei amici erano tutti lì, raccolti ordinatamente negli scaffali, allineati perfettamente, senza un granello di polvere ( mentre lei li ripuliva, di tanto in tanto, il suo pensiero correva a me lontano, ne son sicurissimo) ed io correvo a guardarli, li accarezzavo con lo sguardo ed il tocco delicato delle dita, li interrogavo, sfogliandone qualche pagina, ed assaporando nuovamente il loro profumo antico e rassicurante.

Sì, i miei più cari e fidati amici.

Li voglio ricordare qui, molto velocemente, accogliendo l'invito di una mia gentile interlocutrice, l'intelligente e colta Manouche, lo faccio trascurando molte cose, come succede a chi ha molto da evocare, ma non può raccontare tutto.

Seguo i criteri distintivi da lei stessa indicati. E dunque:

A) Libri che possiedo nella mia biblioteca:

I classici, greci e latini, italiani e stranieri.

B) Chi prediligo? Solo qualche esempio.

Aristotele, Sofocle, Euripide, Mimnermo, Saffo, Catullo, Orazio, Marc' Aurelio, Seneca, Luciano.

Skakespeare, Moliére, Stendhal, Maupassant, Goethe, Tolstoi, Dostoievski, Dante, Boccaccio, Foscolo e Leopardi.

Libri di poesia: Dickinson, Frost, Montale, Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Mallarmé, Neruda.

Letteratura moderna: Hemingway, Bellow, Fitzgerald, Junger, Jerome, Sharpe, Yourcenar, Céline, Mishima, Nimier, Deon, Montherlant, Borges, Giono, Buzzati, Arpino, Landolfi, Flaiano, Sciascia.

I saggi scientifici, filosofici, politici: Michels, Mosca, Pareto, Weber, Maranini, Huizinga, Ortega Y Gasset, Spengler, Zolla, Lorenz, Revel, Risé, Zecchi, Teodori, Romano.

C) Ultimi libri che ho comprato:

Massimo Fini: Sudditi; UmbertoVeronesi: L'Ombra e la luce; Joseph Ratzinger, Marcello Pera: Senza radici; Massimo Teodori:Storia degli Stati uniti d'America;Jean Francois Revel: Il monaco e il filosofo; Dalai Lama: La luce della saggezza; Sergio Romano: Il rischo americano.


D) Libro che sto leggendo ora :

Erwin Chargaff: Mistero impenetrabile

E)Tre libri che consiglio:

La trilogia di Jean Giono, edita da Tea: L'Ussaro sul tetto; Una Pazza felicità; Angelo.

Buona lettura.

lunedì, giugno 06, 2005

Orgoglio e pregiudizio

Dopo il fantasmagorico raduno di Milano, scintillante omaggio al gay pride italico, sono in grave crisi d'identità.

Ho assistito con interesse alle varie fasi della manifestazione ricavandone una profonda frustrazione.

Né tra i partecipanti, né tra il pubblico di contorno, ho intravisto scambi di effusioni tra uomini e donne, ma solo tra uomini e uomini e donne e donne.

Non dubito che nella folla ci fossero anche soggetti culturalmente legati al passato, dai costumi improntati a preferenze eterosessuali, ma ritengo che soffrissero anch'essi come me di una sorta d'inibizione nei confronti dell'altro sesso, convinti ormai di contenere le vecchie abitudini dell'edonismo reganiano in un ambito rigorosamente privato, a casa o in appositi club, senza manifestare apertamente le proprie diversità di gusti.

Oggi, mentre cammino per le strade evito di guardare le poche donne appetibili in circolazione, perché mi sembra una grave mancanza di riguardo per il mondo femminile avanzato, che predilige più guardare che essere guardato e per quello gay, in ascesa irresistibile e giustificatamente vincente nella società contemporanea.

Mi domando se le coppie anomale, rispetto a questa tendenza, possano praticare, senza sentirsi passatisti, l'eterosessualità nel chiuso degli androni, dietro i portoni degli anditi di periferia, in campagna, dentro l'auto, in vetta alle montagne o sotto le acque del mare, o in qualche albergo ad ore, evitando di urtare la predominante sensibilità femminista e terzista.

Il mio potente senso estetico ad indirizzo classico ha subito un vulnus irreparabile, comportando conseguenze incalcolabili nella mia vita di relazione.

Vado infatti convincendomi di aver sbagliato gravemente, fin dalla più tenera età, considerando tale attitudine un fattore apprezzabile per le frequentazioni private ed intime.

Devo fare assolutamente qualcosa, d'ora in avanti, per curare questo insorgente complesso d'Origene (non so chiamarlo in modo diverso), che m'impedisce di pensare alle donne come unici oggetti di desiderio e mi sforzo di controllare il mio fortissimo senso di colpa per aver baciato solo labbra femminili, incerto tra il prediligere la concezione del sesso del Davide biblico o quella del Casanova moderno, costantemente abbacinato dal fascino muliebre, più che del suo cinico rivale Don Giovanni (intento soprattutto a contare il numero di donzelle sedotte nelle varie regioni europee).

Per assumere comportamenti più adeguati all'epoca presente, non basta abbeverarsi agli episodi televisivi della comunità gay diffusa dai teleschermi della 7, direttamente importati d'oltreoceano, né seguire diligentemente le conferenze educative dell'Arci gay.
Credo che sia molto opportuna anche la psicanalisi, di cui comincio a nutrirmi con insaziabile curiosità tra Freud e Jung, sorpreso di scoprire( se ho capito bene) che la fase anale è uno stadio da superare e non un punto di arrivo.

Sono alla ricerca di un valido professionista del settore, ma nel fondo del mio animo, nel più remoto spazio del mio retrocervello, forse per l'imprinting della mia personalità, frulla costantemente l'idea che il miglior pisocoterapeuta, per la mia delicatissima situazione, sia pur sempre una donna, magari di gradevole aspetto e dotata di un certo glamour, che si prenda cura di me, delle mie complesse problematiche e riesca a trarmi d'impaccio con le dovute attenzioni.

Che dite . E' un pregiudizio anche questo?

mercoledì, giugno 01, 2005

Il miglior teologo

Pensavate che il miglior teologo, capace di discutere con dovizia di argomenti sull'embrione, fosse il cardinal Ruini?
Vi sbagliate.
Andate a leggere le argomentazioni del Prof. Sartori, illustre politologo del Corsera e vi renderete conto che sa discettare in materia religiosa molto meglio dell'alto prelato e perfino del pontifex maximus laico Scalfari.
Ma che bisogno abbiamo dei cardinali, se c'è un pozzo di scienza teologale, pari a S. Tommaso, che sa dirti , con assoluta certezza, che la cellula eterologa ancora un'anima non c'è l'ha?