lunedì, luglio 19, 2010

UNA CERTA IDEA DELL' ITALIA




Il capo del governo si sente solo e lamenta che ognuno pensa per sé: perché non ascolta le parole di Paolo Borsellino, allorché, in una delle ultime sue conferenze, collega la crisi del paese e della giustizia alla partitocrazia, che imperversa dal centro alla periferia, per alimentare soprattutto egoismi e corruttele?

Perché non fa della figura di questo umile (ed ingenuo) servitore dello stato, assassinato in circostanze oscure, dopo essere stato abbandonato dalle istituzioni, il simbolo della rifondazione dell'area moderata, sui principi di libertà e di legalità?

Perché non s'impegna a combattere tutte le mafie compresa quella politica (che si alimenta di caste e clientele, nepotismi, intrecci miserabili tra economia e partiti, affari poco trasparenti), ristabilendo un legame forte con la società civile e le persone per bene, amanti del proprio paese (senza distinzioni tra nord e sud), desiderose di vedere realizzata una democrazia sostanziale, autentica e compiuta?

Perché, anziché parlare al suo movimento, inquinato da compromessi ogni giorno più gravi, che favoriscono mestatori e politicanti da strapazzo, non prospetta a tutto il paese un programma serio e realistico, per la riforma dell'ordinamento ed il superamento effettivo dei guasti della prima repubblica?

Perché non torna ad essere il leader del paese reale, liberando i cittadini dal peso della burocrazia e delle corporazioni, dalla schiavitù del fisco, dai profittatori del potere?

Perché non realizzare una 'certa idea dell'Italia', che non è solo quella di Paolo, ma della maggioranza degli italiani?