venerdì, novembre 17, 2006

CENSURA


Concita De Gregorio, inviata di Repubblica, è la conduttrice di turno a Prima pagina, la rubrica radiofonica di lettura e commento dei giornali.

Oggi la federazione della stampa aveva proclamato uno sciopero, a cui non tutti i giornali avevano ovviamente aderito (ovviamente in quanto, la libertà di aderirvi o no è uno dei principi incontrovertibili della democrazia liberale e dello stato di diritto).

Ebbene, in mancanza d'altro, la giornalista ha letto e commentato i settimanali in edicola ed il quotidiano il Riformista, che è edito da una cooperativa, che non ha quindi controparte wquesta è la formalistica giustificazione), mentre ha tralasciato la lettura di altri quotidiani, come ad esempio Il Tempo di Roma, in quanto non aderente all'astensione.

Il bello è che la Concita, lungi dal giustificarsi per queste volute ed arbitrarie omissioni, ha dichiarato al microfono di Rai Tre, che lei stessa aveva esercitato la censura a senso unico, facendo intendere che i quotidiani non scioperanti non erano di suo gradimento.


Un bell'esempio di servizio pubblico, non c'è che dire, ed una esemplare lezione di faziosità a spese del contribuente.

A questo punto, da bastiancontrario, non ascolterò, per tutta la settimana, la daltonica De Gregorio ed acquisterò, per tutta la settimana, Il Tempo di Roma.

sabato, ottobre 07, 2006

L'amante invisibile


"Quando si viva così allucinati da coincidenze, da ispirazioni repentine, condotti come per mano a divinazioni trasognate, arriva il momento quando basta osare, darsi appena una spinta, e si entra nella più totale, sontuosa follia, ci si allucina, finché, ecco, compare Lei, la donna di sogno, l'angelicità"

(Elemire Zolla)

Da L'amante invisibile di E. Zolla (Marsilio, ed.), traggo questa frase meditativa.

L'excursus del grande studioso sull'argomento dell'amore celeste, che attraversa le antiche tradizioni occidentali ed orientali, è motivo di riflessione sul corrompimento della natura umana, ma anche sull'ineliminabile aspirazione all'unione senza spazio e senza tempo con l'essere amato, soggiogati da una forza cui non possiamo resistere e che ci conduce per mano, quasi senza accorgersene...

giovedì, agosto 17, 2006

Giornalisti & c.



Non abbiamo nulla contro l'ordine dei giornalisti. Com'e'normale in Italia si tratta di una delle tante corporazioni, sopravvissute al crollo del regime fascista.

Che continui ad esistere ci pare però esagerato.

Un paio d'illustri esempi valgano per tutti.

Alberto Moravia, scrittore già affermato, fu scostretto negli anni sessanta a sottoporsi all'esame per essere iscritto all'albo ed altrettamto avvenne per un intellettuale raffinato ed infaticabile organizzatore culturale come Alfredo Cattabiani, il quale superò, a cinquantanni suonati, la stessa prova brillantemente.

Ma perché esistono categorie protette (o presunte tali) come questa?
Ci sono tante leggende, magari con un fondo di verità incontrastata
.
Si continua a dire: Scrivere sui giornali è sempre meglio che lavorare!

Ma siamo proprio sicuri che sia così?

Ricordo a tutti che si tratta di una grande fatica, un servaggio ed un sacrificio costante o quasi, quella di comporre (sì, comporre) un articolo e non è sempre un piacere, a volte è una una vera e propria corvée.

Non è raro, neanche per i più dotati, che trovare l'ispirazione, la frase giusta, la parola appropriata, il senso compiuto, costituisca un'impresa difficilissima, snervante, ansiogena, impegnativa e spesso drammatica - come una parete impervia per un alpinista pure esperto.

Non so bene se si trattasse del grande Buzzati o del geniale Montanelli, ma uno dei due fu messo a dura prova, nel momento in cui stava per entrare al "Corriere della Sera", allorché fu rinchiuso, dal Direttore, in una stanza del giornale, per dare dimostrazione della capacità di tirar fuori un pezzo nel più breve tempo possibile.

Per fortuna la paura che paralizzò quel personaggio non durò a lungo (tranquillizzando l'interessato circa la possibilità di svolere il compitino con calma e serenità in un'altra occasione: insomma, fu poco più che uno scherzo, in modo da far intravedere l'ombra della tragedia di scrivere con l'affanno,sempre incombente in tale mestiere).

D'altronde, non tutti gli appartenenti all'ordine sono provvisti di talento e di grandi virtù.

Solo una minoranza esigua può rappresentare degnamente quella che venne definita la professione più bella del mondo.

Quanti gazzettieri, improvvisatori, orecchianti ed incolti - o francamente ignoranti - fanno parte dell'esercito degli odierni pennivendoli ?

E quanti gli aspiranti in attesa, soggiogati dal mito o, più pedestremente, motivati dai privilegi ed i benefits, veri o supposti, che gratificano gli scribacchini in servizio permanente effettivo : treni ed aerei gratis, favolosi rimborsi a pie' di lista.
Per non parlare del fascino che ammalia le donne, l'opportunità di viaggiare in lungo e in largo, ed ottenere la confidenza dei potenti, siano essi internazionali o, soltanto, del vicino consiglio di quartiere....

Ma l'ubi consistam della soppravvivenza di questa variopinta congregazione dove sta, ormai?

Pare che nel mondo ci siano cinque milioni di blogger (ed ogni scribacchino che si rispetti si
apre un blog per darsi visibilità) e che questo universo telematico - dove si collocano in prima fila, come modello d' informazione diretta, libera da condizionamenti ed efficace nella comunicazione, i quotidiani on line, in concorrenza, sì, con la carta stampata, ma già vincenti su di essa - costituisca il presente e l'avvenire della divulgazione dei fatti e delle opinioni nel villaggio globale.

E allora che ne facciamo della vecchia consorteria giornalistica?

Ha ragione dunque Capezzone a chiedere la soppressione dell'ordine?

D'impeto e libertariamente diremmo sì.

Ma in questa bella nazione si è
mai vista una liberalizzazione andata a segno?

Come facciamo a mantenere un po' di vero ordine nelle professioni in genere, ed in quella dei giornalisti in particolare, senza cadere dalla padella nella brace?

Se l'onorevole radicale ci garantisse che il futuro ci prospetta professionisti come Prezzolini - grande dilettante in tutte le attività svolte tanto egregiamente, nella propria esistenza, da meritarsi perfino l'appellativo di Maestro - non avremmo né dubbi né perplessità al riguardo.

Percné non provare a vedere che cosa succede in altri paesi europei ed oltreoceano, tanto per evitare riforme fasulle ?




venerdì, agosto 11, 2006

Ma le Prefetture non dovevano essere abolite?

Per conoscere quali siano le modalità per l'ottenimento della cittadinanza per gl'immigrati, secondo la nuova normativa predisposta dal Ministro Amato, ho voluto chiedere stamattina all'Ufficio di Polizia.

Molto cortesemente il funzionario addetto mi ha indirizzato presso la Prefettura, dandomi il nome dell'impiegato addetto al ricevimento delle domande e all'istruttoria delle pratiche

Ho telefonato, cercando della persona indicatami e, sono riuscito a parlare, dopo una buona attesa, con la responsabile della sezione immigrazione.

Alla donna chiedo se ci siano nuove direttive del Ministro per l'ottenimento della cittadinanza e, quella, per tutta risposta, con una risata sarcastica, mi risponde che la nuova legge non c'è.

Ovviamente si tratta di un disegno di legge, che dev'essere ancora approvato in aula, ma che comporta fin d'ora delle procedure innovative, per altri versi già introdotte, con provvedimenti regolamentari del Governo.
Peraltro, dal sito di Palazzo Chigi, cui necessariamente ritengo le Prefetture siano collegate, è stato diramato un inequivocabile comunicato, dal quale si ricavano le prospettate modifiche alla precedente disciplina della materia.

Anche se in senso atecnico, d'altronde, le nuove proposte vengono correntemente chiamate "Legge Amato".

Ecco in cosa consistono, nelle linee essenziali, come elaborato da www. governo.it:

"Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella riunione del 4 agosto 2006, su proposta del ministro dell´Interno, Giuliano Amato, un disegno di legge - in linea con la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del "permesso di soggiorno CE" - che aggiorna la normativa sulla cittadinanza modificando la legge n. 91 del 1992. Tale disegno di legge prevede una serie di interventi che prendono in considerazione le varie situazioni che contraddistinguono la presenza degli stranieri nel nostro Paese e, in particolare, i nati nel nostro territorio, i minori che si ricongiungono ai propri familiari in età infantile o adolescenziale, gli stranieri extracomunitari maggiorenni.
Potrà acquisire il diritto alla cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno sia legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, e in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. In tutti i casi, fatta eccezione per i bambini, la richiesta di acquisizione della cittadinanza italiana deve essere sottoposta all'accertamento della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero nel territorio dello Stato. Tale requisito è esteso anche a chi sposa un italiano."

Ora, è possibile che questo testo non possa essere messo a disposizione del pubblico, in modo da mettere in condizione gl'interessati di sapere sattamente come stanno le cose?

No, non è possibile evidentemente, se per l'addetto al servizio nulla si muove.
Ovviamente l'iter da seguire è quello vecchio, con tutta una serie di documenti, attestazioni e legalizzazioni, che probabilmente la nuova disciplina non prevederà più.

Mi viene in mente la figura di quel soldato giapponese, che fu ritrovato non so più in quale località sperduta del teatro di guerra del '43- '45, che continuava ad aspettare l'ordine di arrendersi ancora in assetto di combattimento.

Ma poi, ragionando, mi dico: la notizia della recente riforma è conosciuta perfino dai bambini ; come mai quest'impiegata fa la spiritosa e mi snocciola a memoria tutta una serie di adempimenti, che alla fine saranno ritenuti superati e quindi inutili per chi li mette in atto oggi?

Ci dev'essere una sorta di crudeltà mentale, che si sviluppa nei cervelli dei burosauri ed impedisce loro di essere (come dovrebbero) al servizio del cittadino, con un minimo di buon senso e correttezza, nel rispetto dell'educazione e dello spirito civico, se non proprio dello Stato inteso come Istituzione al di sopra delle parti, compresi gli stessi burocrati.

Il lavoro forse viene inteso come un onere troppo pesante, per sentire il dovere di non infliggere vane sofferenze e stupide complicazioni ed ostacoli ingiustificati a chi voglia semplicemente ottenere un diritto.

E questo a prescindere dall'opinione che abbiamo di questa o quella legge, questo o quel regolamento, questa o quella circolare...

Colpisce quest'atteggiamento che farebbe inorridire qualsiasi europeo e che qui, in Italia, si deve subire con rassegnazione, come se l'ultimo usciere dell'ultimo Ministero fosse un viceré borbonico che, graziosamente, elargisce una concessione, magari secondo l’umore con cui si è svegliato la mattina.

Ma le Prefetture non dovevano essere abolite da decenni?

Lo chiediamo al Ministro Amato.

mercoledì, giugno 28, 2006

La libertà - Lettera aperta a Giuliano Gennaio


Caro Giuliano Gennaio,
ho ascoltato l'intervento in qualità di direttore di liberal cafe sull'attività dei blogger, nel corso del convegno di Tocque-Ville, "La città dei liberi", tenutosi recentemente a Sestri Levante e devo dirle, in tutta franchezza, che non lo condivido minimamente.

Molto succintamente, obietto.

Lei continua a parlare dell'ottocentesca distinzione tra progressisti e conservatori, come se fossero categorie reali, quando già Ortega y Gasset, a metà del novecento le definiva semiparalisi mentali.

Che senso ha contrapporre il liberalismo, di cui nessuno, dico nessuno, è tenutario, alla conservazione e al progresso?

Non le basta affermare il primato della libertà sopra a tutto il resto, senza inutili e pericolose specificazioni ideologiche?


Lei, nella stesso incontro ligure, ha anche postulato, con forte determinazione, la necessità di fare politica per i blogger di area.
Ma non si accorge che la gente è stufa di fare politica nei modi tradizionali e desueti, che lei vorrebbe applicare al mondo variegato e vivo del web-log?

L'obiettivo che si propone è di riesumare una certa militanza politica o partitica, attraverso internet, in vista delle prossime europee.
Perché?
Le interessa qualche scranno da giovane aspirante deputato, ambizioso ed intelligente?

Se tiene veramente a diffondere i principi liberali, rifletta bene sulla lezione di Gramsci, a proposito della conquista della società civile attraverso la cultura.

Beninteso, mediti sulla strategia, non sull' eventualità di manipolare le coscienze, alla maniera marxiana.


Oggi, la gente vuole idee non politica. Vuole risposte ai problemi del momento grandi e piccoli, ampie vedute e prospettive, grandi spazi e aria pulita.

Compito dell'intellettuale non è quello di essere organico alla politica, ma di stimolarla, rinnovandola dall'esterno, evitando la trahison des clercs, caro Gennaio, e non di creare yes men al servizio del potere di qualsiasi colore sia, se vuole effettivamente servire la libertà ed il rispetto della persona umana.

Lasci ai partitanti di professione, ai candidati burocrati, ai farneticanti portaborsa la bassa cucina della politica politicante
e si dedichi al think - tanks, a cui seguirà una nuova organizzazione sociale, moderna e rivoluzionaria

martedì, giugno 13, 2006

"IL Ribelle"



Quest'ultimo libro del grande contestatore, Massimo Fini, costituisce un atlante ragionato dei temi più importanti della cultura del nostro tempo, vista con le lenti del passato, che ancora dura nel presente, e la speranza di una possibile salvezza per il futuro, liberato dal peso dei pregiudizi.

Un'opera che si legge facilmente, nonostante i concetti espressi siano piuttosto elevati.

Un'esposizione articolata con pensieri spesso incorrect dal punto di vista del politically corrente nel nostro paese, a beneficio di una comprensione disinteressata delle varie civiltà contemporanee, poste dall'autore su un piano paritario, in omaggio al relativismo multiculturale.

Una lettura da consigliare a quanti vogliano affrontare le problematiche del nostro tempo, senza la camicia di Nesso dell'ideologia e le lenti colorate delle superstizioni post-illuministe.

E' come immergersi nelle acque fresche di un fiume incontaminato, per rigenerare il proprio pensiero.

Una salutare operazione per ritrovare riferimenti limpidi ad una visione del mondo alternativa, in cui vi sia spazio per un pizzico d'ingenuità, come quando si accenna all'autoeconomia, come forma alternativa al marxismo e al capitalismo.

Fini però non si lascia trascinare nella nostalgia di un mondo iperboreo, la cui esistenza mitizzata, costituisce, in contrapposto all'utopia del futuro delle religioni della ragione e del paradiso in terra, un'utopia rivolta al passato astorico ed irrazionale.



Sono un estimatore di Massimo Fini, pur non condividendone tutte le impostazioni, forse un po' troppo influenzate da posizioni localiste.Il suo "Manifesto contro la modernità" contiene molte proposizioni sottoscrivibili ed anche questo che definirei un "Dizionario del ribelle", derivando concetti e riflessioni da alcuni maestri del pensiero aristocratico come F. Nietzsche o della rivoluzione conservatrice come E.Junger o addirittura anticapitaliste in quanto antiusuraie, come le poetiche invettive di E. Pound, contiene voci del tutto condivisibili contro il mondo moderno ed i luoghi comuni della democrazia.Ovviamente, solo un anticonformista di razza, che guarda alla validità di alcunii valori del passato, costantemente misconosciuti dalla società contemporanea, poteva fare l'elogio del "bandito", inteso come personaggio coerente con la propria dignità e le proprie regole liberamente scelte.

Si raccomanda l'uso del libro a chi ancora non voglia soggiacere alla sclerosi e all'intorpidimento intellettuale.

giovedì, giugno 08, 2006

Onore alla Brigata Sassari


La morte del giovane Pibiri ed il ferimento degli altri commilitoni della gloriosa Brigata Sassari, ci riempiono il cuore di amarezza e di dolore.

Vorremmo sperare che questi sacrifici, i quali si aggiungono a quelli già numerosi, compiuti - nella storia del nostro paese- dai valorosissimi sassarini, servano a qualcosa nel cammino impervio della difesa della libertà, dei valori nazionali e comunitari, contro il totalitarismo ed il terrorismo internazionale.

Purtroppo, temiamo che siano perdite preziose quanto inutili, in un contesto politico come quello italiano, dove la tradizione di "Caporetto" e de "La guerra continua" di badogliana memoria, pare abbiano messo radici ineliminabili, rafforzando la vocazione al disimpegno, all'ambiguità, al proprio particulare, alla furberia e al "Correre in aiuto del vincitore" ogni volta che il vento gira.

In una nazione dominata dalle banderuole, che cosa vi potete mai aspettare?

I conati pacifisti a senso unico della Menapace e gli strilli isterici dei rifondatori del comunismo e dintorni, che non avendo mai avuto una patria si affidano alle cimici dell'arcobaleno per colmare la perdita dell'unica festa che a loro importasse, quella dell'Armata rossa staliniana.

In questa situazione politica rabberciata a sostegno della partitocrazia strangolatrice della società civile, in nome della conservazione dei privilegi della I Repubblica, siamo tutti, o quasi, figli della sconfitta della seconda guerra mondiale e dominati pervicacemente dagli eredi di quelli che Papini chiamava i"luridi bastardi di una disfatta", che contrassegnò la perdita della dignità nazionale e il senso antico dell'onore, che le nostre forze armate e le nostre istituzioni pubbliche faticano a riconquistare, come senso della comunità e senso dello Stato, come appartenenza ad un'identità storica e culturale, la tanto vituperata nazione - unico pressupposto per la costruzione dell'Europa e per la permanenza dell'Italia quale soggetto politico protagonista nel contesto internazionale.

Finora, i corpi scelti, fiori all'occhiello delle nostre forze armate, e prima fra tutti la Brigata Sassari, sono stati i custodi silenziosi ed orgogliosi della generosità dei servitori della patria, mai abbastanza remunerati, né economicamente, né moralmente.
Ma che volete che gliene importi di questi valori - presenti in ogni comunità civilizzata, a garanzia della res publica, dell'intresse comune o collettivo, ai sagrestani stanchi e ai descamisados della sinistra estrema, verde o rossa che sia?
Loro sono pronti ad inneggiare alla guerriglia e al terrorismo, in nome della patria altrui, ma pronti a bruciare la bandiera nazionale e a sputare sui nostri morti, disertando da qualsiasi dovere di solidarietà e responsabilità in materia di diritti umani.

Ebbene che ci stanno a fare l'Esercito e la Brigata Sassari con il loro onore, consacrato dal sangue di giovani vittime, che avevano scelto l'ordine e la disciplina e lo spirito di servizio, in un'epoca in cui quel che vale è unicamente l'egoismo individuale, o quello di classe o corporativo?

Ha quindi ragione l' affranto padre del Caporalmaggiore Alessandro Pibiri a chiedere il rientro dei nostri soldati.

L' esempio elevato dei valenti dimonios non serve a nulla in un paese come questo.

Noi non siamo ( tanto per citare paesi a noi vicini) né la Francia, né la Germania, né l'Inghilterra, dove la dignità dei militari rappresenta quella di tutti i cittadini, al di sopra delle ideologie e dei partiti.

Onore ai sassarini, dunque, a dispetto di una nazione che non li merita.

lunedì, giugno 05, 2006

Santi esplosivi


Avanza la volgarità come un'onda in piena. Non c'è programma televisivo, che non ne distribuisca giorno per giorno qualche manciata.

I linguaggi, la scrittura, i rapporti quotidiani sono improntati alla bruttura, alla trascuratezza, alla violenza verbale, al mancato rispetto della persona.

L'altra sera, uno squallido personaggio che imitava la Bertè, nella trasmissione di Chiambretti, vomitava una sequela di parolacce, insultava una donna anziana presente in sala, senza un minimo di scrupolo e tra gli applausi generali.

Il finto scandalizzarsi del conduttore agevolava lo spargimento di letame tra il pubblico beota e l'etere, per infilarsi nelle case, ed entrare nelle orecchie dei telespetattori, introducendo altri modi di comunicazione, improntati alla più svilita delle monete: il becerume, gratuito ed indiscriminato.

Di fronte a spettacoli di questo genere mi viene spesso da pensare agli ecoterroristi, che, senza vittime umane, sono riusciti spesso in alcune località a far saltare per aria costruzioni abusive che deturpavano l'ambiente e ad impedire,conseguentemente, cementificazioni selvagge in nome del rispetto della natura e delle bellezze del paesaggio.

Ecco il punto. La bellezza, in tutte le sue sfumature, decade, si offusca, viene distrutta dalla volgarità di omuncoli e donnacole in veste di nuovi maestri del costume.

Questi guitti maldestri andrebbero posti nella condizione di non nuocere, come si è ottenuto con certi speculatori del territorio.

Verrebbe spontaneo, nottetempo, a sale deserte, collocare qualche candelotto di dinamite, per far saltare il teatro senza vittime, luogo di mortificazione della cultura e del buon gusto, impedendo la continuazione di questi crimini, non riconosciuti, contro la sensibilità estetica.

Santi esplosivi, verrebbe da dire, aiutateci a difenderci da questa infame avanzata di lordure.

giovedì, giugno 01, 2006

Maschio criminale


Di Raffaele Morelli, si può pensare tutto il male possibile, ma non si può certamente dire che non sia un volgarizzatore della psicanalisi ed un grande interprete della modernità e dei rapporti tra i sessi.

Nella preclara trasmissione di Mediaset, condotta, nelle ore di siesta, da quella volitiva presentarice che risponde al nome della Perego, non più tardi di ieri sera, con il supporto mastodontico di Simona Izzo, vale a dire, della più debordante pensatrice televisiva, ha definito una volta per tutte e nel modo più chiaro possibile la gelosia.

Trattasi, ha spiegato il Nostro, di un sentimento tendenzialmente maschile criminale, in quanto frutto dell'educazione machista, che fino alla generazione del medesimo Morelli, in vena di autoflagellazioni, è stata predominante e foriera di danni permanenti ed incalcolabili per la società.

Dice lo psicosomatico Raffaele che è colpa di quella cultura, se i maschi considerano la donna come oggetto di proprietà, e quindi mal sopportano che su di essa si posino sguardi estranei o che la stessa acquisisca atteggiamenti o comportamenti troppo liberi e autonomi.

In fondo l'uomo cosa vuole?

Vuole essere l'unico o almeno il migliore amante della sua compagna. ed eccolo allora chiederle ansiosamente
: è vero che come hai goduto con me non ha mai goduto in vita tua?
Cribbio. Che mirabile esempio di scienza spiegata alle masse!

Una volta, quando le grazie femminili venivano esibite pubblicamente e senza ritegno, l'esclamazione che le accompagnava era, propriamente, Godi popolo! Come a dire che si dava in pasto al pubblico, senza motivo, qualcosa che forse meritava più protezione.

Ma ormai le plebi ignoranti non esistono più e, quindi, è d'uopo ammaestrarle dagli schermi della TV in nome del progresso e della verità scientifica sulle strade luminose da seguire per cercare di riscattarsi dalla maledizione di essere nati uomini.

Chi ci aveva mai fatto caso, finora, a questa dominante dell'aggressività maschile? Pochi spiriti avvertiti ed illuminati.

Ma ora Raffaele, detto Riza, dal nome dell'ebdomario da lui diretto e specializzato nella ricerca della psiche,ha pronunciato l'equazione più avanzata, dopo quella sulla relatività: uomo uguale male.

Eppure se riflettete è così.

Il sintomo del marito-padrone, il quale, pur di mantenere il possesso, è disposto ad uccidere, lo possediamo tutti.

Lo teniamo nascosto, ma è pronto a saltar fuori alla prima occasione favorevole, magari davanti ad un paio di tette esuberanti, o qualche lunga coscia, opportunamente scoperta dagli spacchi nelle gonne, nuova invenzione dei nostri stilisti.

Manco a farne paragoni con l'altro sesso.

Le femmine sono nettamente superiori perchè sono abituate alle difficoltà del parto, afferma la teologa della liberazione, signora Izzo in Tognazzi (che purtroppo fa rima con lazzi e sghignazzi) e il loro istinto materno le porta ad essere più duttili, elastiche ed adattabili di quanto non sia stato, nei millenni passati la specie uomo, dedita solo alla caccia e a menar colpi di clava a destra e a sinistra.

Sì,l'uomo è inadatto - sentenzia, con sussiego ed uno squittìo di palese soddisfazione,come un topastro alla vista della gruviera,il Morelli -, non sa affrontare la complessità della società contemporanea.

Forse è meglio che si vada a scuola di rieducazione, pensiamo.

Perché Riza non organizza corsi serali accelerati per far fronte alla bisogna? Ci chiediamo sgomenti e speranzosi allo stesso tempo.

Se si continua di questo passo, sarà la fine...

Però, poi, ci viene in mente l'eclatante freddezza di Erika, l'eroina del male minorile, che, uscita dal carcere, si esibisce in performaces sportive ed eleganza mondana, come se nulla fosse accaduto nella sua giovane esistenza.

E allora tiriamo un sospiro di sollievo, sussurando a noi stessi: Meno male che ci sono personaggi come lei, la piccola diva noire, a riscattarci dai sensi di colpa di essere nati maschi !

giovedì, maggio 11, 2006

Non voglio più caramelle!


A saltellare tra i blog, c'è da stupirsi delle riverenze e delle sconvenienze della maggior parte dei commentatori.


Salamelecchi e frasi opportunistiche, baci, abbracci, tentativi continui di arruffianamento.Perfino sorrisi( ma come si fa a lanciare sorrisi in web, come tanti clown?).

Di fronte al profluvio di poesie mentecatte e monocordi, piagnucolanti, noiose, prive di senso, pietose, assistete ad un coro di ovazioni, da parte di gente che a malapena sa mettere la propria firma.

Un'immensa pentola d'ipocrisia caramellosa, che bolle in continuazione, producendo acqua zuccherata per innaffiare piante rachitiche, terreni aridi, zolle rinsecchite.

Blog come specchio del reale?

Ne dubito.

Ma un collegamento con certi media sicuramente c'è. L'influenza di cattivi maestri si avverte anche qui.

Guardate la televisione in questi giorni, i minuetti dei politici. Tutti bravi ragazzi: un po' di colpi di spillo tra loro e subito dopo ammiccamenti e complicità nascoste...

Francamente credo che il nostro tempo sia il più becero e gesuita, il più volgare e vessatorio, nella storia del paese, dove si va innalzando l'ara del conformismo più vieto e dell'annientamento delle libertà individuali e collettive.

Ci attende un destino soffocante, da pecore matte.

In un falso clima di concordia, in un mare di melassa finisce la nostra civiltà.

E allora?

Non voglio più caramelle!

Basta con le giravolte criminali.

Voglio l'aria pura, i sapori forti, uomini e donne che dichiarino quel che pensano, capaci di un minimo d'indipendenza di giudizio ed anche di qualche paraloccia ben detta.

Faccio un ultimo disperato tentativo, chiamando a raccolta i non conformisti, prima di andare in esilio in qualche terra lontana ed incontaminata, se ancora esiste, in una parte qualunque di questo povero mondo.

lunedì, maggio 08, 2006

L'Europa e La malinconia



Tommaso Padoa Schioppa, illustre docente dell'Università Bocconi, ha dato alle stampe un libro sull'Europa, in cui analizza il generale stato di scetticismo delle nazioni, che ne fanno parte, nella volontà di costruire una Unione non solo economica, ma un vero soggetto politico protagonista fra le grandi potenze.

L'aspetto curioso del libro è il collegamento che l'autore stabilisce tra la mancanza di slancio ideale, la capacità di realizzare un sogno e il male oscuro dell'occidente, la malinconia.
Un accostamento assai interessante, che può meravigliare, ma che invita a riflettere sulla condizione delle società contemporanee del vecchio mondo.

Sembra inevitabile la constatazione di una perdita di energia vitale con l'avanzare del progresso materiale e sociale, quasi fossero due facce della stessa medaglia.

La malinconia pare il vero problema europeo, ovviamente intesa in senso metaforico, ma con addentellati precisi ad un diffuso disincanto.

Storicamente una pessimistica visione del mondo, negli spiriti più attenti è sempre esistita.
Un concetto costantemente presente nella cultura occidentale, un tema di grande respiro, all'interno di discipline tradizionali come la filosofia e la religione, come testimoniano le opere di Aristotele.

Sulle vie che un tale stato d'animo può far intraprendere alle classi dirigenti, agli uomini grandi, i quali - pur avendo la consapevolezza del proprio valore - soffrono dell'incapacità di raggiungere le loro alte apirazioni, avendo ben chiara la propria insufficienza, si sono esercitate menti illuminate.

E' pregnante la definizione della "melancolia" come "nostalgia di ciò che è perfetto".

Variamente interpretata con i termini equivalenti di accidia, spleen, umor nero, noia, essa afflisse nell'antichità eroi come Ercole e nell'età moderna statisti come Churchill, fu studiata da filosofi e dommatici, fin quando la medicina dei nostri giorni, la psicologia, la psichiatria, non coniarono la parola depressione, la quale, nel declino della civiltà occidentale, conta oggi massicce conquiste tra le popolazioni europee e nei reggitori dei governi, ma probabilmente, a nostro sommesso avviso, senza una presa di coscienza adeguata da parte delle vittime e qualsivoglia intendimento di reagire e di vincere la malattia.

Un altro sintomo della massificazione imperante e dell'assenza di élites selezionate.

mercoledì, febbraio 01, 2006

Una stella gialla per Massimo Fini


Non sembri irriverente il paragone con gli ebrei perseguitati, ma il trattamento riservato al giornalista-scrittore Massimo Fini è paradossalmente simile, almeno sul piano dell'ostracismo intellettuale, a quanti subirono le restrizioni della propria libertà sotto i regimi totalitari in nome della discriminazione razziale.

Fini appartiene alla categoria antropologica degli eretici e dei rompiscatole, una specie umana, che, anche sotto i regimi cosiddetti democratici. non è gradita alla classe dominante e all'industria culturale.
Una stirpe destinata a scomparire nell'epoca del livellamento e dell'omologazione, del conformismo di massa.
Ebbene, un non meglio precisato direttore di rete, appartenente all'area leghista, a cui Fini non ha mai, fra l'altro, fatto mancare il proprio supporto culturale, difendendola ai tempi della più accesa contestazione giudiziaria e politica, gli ha negato la possibilità di partecipare ad un dibattito con Paolo Del Debbio sul tema, quanto mai cruciale, della globalizzazione, nella trasmissione di Gigi Moncalvo denominata "Il confronto".
La ragione?

Fini è in causa con la Rai, perché questa non ha mandato in onda il suo programma "Cyrano", non condividendone l'impostazione ideologica, sgradita ai padroni del vapore, ed è per pura ritorsione che gli è stato negato ora l'accesso alla Tv di Stato.
Quella televisione "al servizio del pubblico", dove perfino gli sproloqui di Celentano sono stati ammessi a suon di milioni e dove si prepara il rientro trionfale di Michele Santoro, una volta finita la campagna elettorale, grazie alla lobby degli ulivisti.
Se questo non è razzismo, che cos'è?

mercoledì, gennaio 18, 2006

Il riformista:illecito, illegale, esterofilo...


Il riformista ha pubblicato un articolo del direttore, Antonio Polito, sulla necessità di un codice etico per i politici italiani, cui sta facendo seguito un dibattito aperto, soprattutto, ai simpatizzanti della sinistra.

Abbiamo notato che, tutto sommato, gl'interventi sul tema sono piuttosto banali, anche se provengono da persone intelligenti ed equilibrate come, ad esempio, Guido Bolaffi, il quale continua a ritenere valida - in linea di principio - la distinzione posta dal giornale su illecito ed illegale, la quale, a nostro sommesso avviso, è pura tautologia.

Le propensioni british e filodiessine del meridionalissimo direttore hanno forse influito, più d’ogni altra circostanza, a rendere poco meno che superficiale il dibattito, allontanandolo dal nocciolo della questione e da un pur timido tentativo di definizione, per così dire, deontologica.

Il fatto è che l'illecito e l'illegale sono pressoché sinonimi, da un punto di vista tecnico-giuridico, e, se le parole hanno un senso, non sarà l'importazione di qualche concetto anglosassone, che può servire alla bisogna.

Antonio Polito, rispettabilissimo opinion maker dell'area liberal postcomunista, ha un'evidente preoccupazione, dopo la scoperta delle magagne unipoliste e cooperativiste: quella di salvare il salvabile nell'unica sinistra, che può dirsi presentabile in Italia, quella, per l'appunto, dei DS con vocazione (inaspettatamente) socialdemocratica.

Ma, purtroppo, il compito che si è assunto è inane.

Non si può mescolare troppo il marxismo emendato dagli errori della rivoluzione con il laburismo, che ha ben altra tradizione ed introdurre specificazioni, appartenenti a campi culturalmente diversi da quelli del nostro paese o dell'area mediterranea.

E poi, per quale motivo dovremmo avere l'esigenza di adottare costumi, formule o regole, codici e comportamenti, che non siamo in grado di seguire con convinzione e spontaneità?

Ci sembra una scelta forzata dalla tendenza esterofila del quotidiano lib-lab (uno dei vizi più marcati degl'italiani), che lungi dal risolvere del problema, non fa che aumentare la confusione delle forme.

Sappiamo bene che la morale è distinta dal diritto e che la politica è una scienza sociale da non confondere con la religione, oppure no?

Machiavelli non è S. Agostino e la violazione della legge, spesso, non significa commettere peccato o trasgredire la morale comune.

La situazione italiana è grave ma non è seria, per dirla con Flaiano, e non saranno i pannicelli caldi proposti dal vivace direttore Polito a salvarci dal degrado della partitocrazia, ben oltre trentanni dopo le lucide analisi del grande costituzionalista Giuseppe Maranini, il quale aveva ben indiduato le cause degenerative del sistema (pseudo) democratico, che ci governa dal secondo dopoguerra.

Un bell'articolo di qualche anno fa di Ernesto Galli Della Loggia (se non andiamo errati) lamentava la decadenza del senso dello Stato e delle élites, sia politiche sia burocratiche, nate con il Risorgimento, consolidate dalla Destra storica e sopravvissute alle due guerre mondiali, inevitabilmente destinate a scomparire con il nuovo assetto di governo, che prese il sopravvento all'indomani degli anni sessanta, grazie alla gestione del potere da parte di movimenti ideologici, sostanzialmente estranei all'unità d'Italia.

I partiti filoclericali e quelli d'impronta marxista, in effetti, che potevano farsene di uno Stato super partes, governato dai princìpi liberali, nazionali od anche genuinamente federalisti, tesi a consentire l'ingresso delle masse, attraverso la selezione di persone al servizio della collettività e della società civile, secondo un codice etico che poneva in primo piano il disinteresse personale, come insegnavano i Sella e gli Einaudi e perfino Don Sturzo, un sacerdote dotato di spirito laico comunitario, più di tanti laicissimi rappresentanti del popolo sovrano, dediti ad aumentare i benefici propri e quelli della propria consorteria, con lo smantellamento - in nome della morale spartitoria - dello Stato e delle strutture pubbliche post-unitarie?

Le radici del male attuale provengono da una classe dirigente, connotata dall'egoismo di partito o personale, miope nel guardare al futuro del Paese, provinciale e casereccia, che ha lottizzato tutto e più di tutto, per favorire nepotes e clientes, stropicciandosene allegramente non solo dello stato e della nazione, ma anche della propria regione e del proprio comune.

Che cosa mai, a questo punto, possano insegnarci gli anglosassoni, lo sa solo Il riformista.

E perché non siamo in grado, con il patrimonio d'idee e di esperienze storiche di fare da noi il cambiamento tanto auspicato?

Provi a chiedersi Polito se i codici deontologici dei governanti inglesi o americani avrebbero potuto essere rispettati, senza il patriottismo intriso di spirito religioso, che caratterizza il diffuso sentire di quelle popolazioni ed il profondo attaccamento alla libertà e all'indipendenza delle proprie Istituzioni.

In tal modo potrà avere una buona parte di risposte alla malattia, che affligge sempre più gravemente il nostro paese, il quale, in decenni di perverso esercizio partitocratico, ha messo in soffitta tutti i punti di riferimento elevati nell'amministrazione della res publica, in nome del tornaconto privato e del longanesiano tengo famiglia.

mercoledì, gennaio 11, 2006

Scalfari impari da Bertinotti


Chi abbia suggerito a Barbapapà di presentarsi in Tv, nell'emerita trasmissione del paggetto Floris, artisticamente denominata Ballarò, non lo sappiamo, ma certamente non è stato un amichevole consiglio.

Lasciare il trono pontificale di Repubblica, da cui impartire le soporose prediche domenicali, per assidersi sugli scomodi sgabelli degli agit-prop dell'Unione non ha giovato affatto all'immagine di Eugenio Scalfari.

Il mammasantissima del giornalismo italiano, progressista per definizione, ammantato di finta cultura e di stereotipiti positivisti mal digeriti, animato da spirito di vendetta nei confronti dell'umanità, solo per il fatto di non pensarla al suo stesso modo, assertore della verità, della giustizia, della moralità pubblica e privata, nella tradizione del più greve e volgare giacobinismo, avrebbe dovuto capire che tale armamentario può essere tollerato solo a distanza e dietro il paravento di una testata conosciuta, sebbene poco accreditata, ma che non può essere esibito in televisione in una penosa trasmissione propagandistica, tenuta in piedi per volontà dei postcomunisti, per riecheggiare, in ogni suo passaggio, le patetiche riunioni delle cellule staliniste ai tempi della guerra fredda .

Ne va della dignità della persona e difatti Scalfari ha fatto un flop clamoroso con la sua violenza verbale, i pettegolezzi da cortile, i luoghi comuni, le accuse isteriche agli avversari, le gesticolazioni da bassa lega, tese a sottolinerare l'odio viscerale per chi - come gli antichi cafoni calabresi - non serve a dovere il capo gabelliere di turno.

Nell'ultima tormentata ed incredibile trasmissione, svoltasi con i soliti salti da giullari e dominata dall'idea di smentire la realtà, che sta affiorando nelle mani dei magistrati inquirenti, dalla quale emergono tristi figuri e poveri comprimari, non più circondati dall'aureola santificante della lega delle cooperative, ma ridotti a tenutari del sacco nelle imprese della nuova banda Bassotti, l'ex senatore socialista, intimissimo di miliardari rossi (più per la vergogna dei propri loschi affari con il KGB, che non per autentica fede proletaria), ha disintegrato il proprio patrimonio di maitre à penser per allievi di scuola serale, faticosamente costruitogli attorno dal mondo della comunicazione, grazie soprattutto alle rarefatte apparizioni in pubblico.

Con gli occhi incrociati dietro le lenti e la barba imperlata di goccioline di saliva, ballonzolanti sulle impietose telecamere, a maggiore sconcerto dei telespettatori, non si è accorto della propria mutazione in una sorta di claonesco mangiatore di fuoco, intento ad incenerire con le fauci dilatate il pur attrezzato ministro Castelli (basito dalle sue occhiate trasversali, cariche di pandemia) e a rievocare gutturalmente la storia politica italiana, ferocemente incolpando l'esterefatto Cicchitto di aver militato nella gloriosa sinistra lombardiana, prima di divenire un esponente forzista di punta.
l duri e puri non cambiano mai idea, sono tetragoni nella loro idiota coerenza, pareva dire l'Eugenio nazionale, dimenticando di aggiungere di quanto fosse invece brillante la sua figura di professionista e d' intellettuale organico, fin dai tempi del Guf,ed ancor più, quando si guadagnava la pagnotta nella redazione di Roma fascista.

Ma perché nessuno trova il coraggio di dire a questo santone dell'antifascimo e dell'anticapitalismo, della giustizia sociale, dell'etica laica, del vangelo anticlericale, che farebbe bene a prendere esempio dall' onorevole Bertinotti, molto più pacato e sobrio nell'eloquio e nelle argomentazioni esposte in televisione, capace di un garbo e di una misura degne del miglior Togliatti e dei raffinati salotti della borghesia illuminata.

Perché non ricordargli le lezioni ciceroniane del De senectute, dei modi più adatti per incedere nell'età gravescente?

Altro che inabissare la propria candida barba tra le mossettine vezzose ed i civettuoli gridolini di Alè del ballerino di Ballarò.

domenica, gennaio 01, 2006

2006


I più cordiali auguri per un sereno e felice anno nuovo ad amici e lettori da L'USSARO.