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sabato, gennaio 05, 2013

Non è tutto mercato

Non tutto è mercato. 

Commettiamo spesso l'errore di confondere la libertà, concetto più ampio, con l'economicismo o il mercatismo, che spesso sono più alleati dello statalismo, come lo stesso esempio dell'Italia dimostra. 

Profitti privati e debiti pubblici sono frutto del capitalismo di stato come lo definisce Geminello Alvi, sul modello cinese.

 Molte, troppe cariatidi nella politica italiana. 

Inoltre, si  esagera nel descrivere il liberal - cattolicesimo di Monti.

Né in passato, né nella cosiddetta Agenda vi sono indicazioni chiare sul modello renano, che l'ex premier intenderebbe perseguire, pur nel marasma generale dei rapporti tra lavoro e capitale e nulla fa ritenere possibile un cambiamento di rotta in tal senso.

L'economia sociale di mercato vuol dire soprattutto destatalizzazione, ed è ben lungi dall'essere un obiettivo del Monti bis, specialmente nella profilata ipotesi di un compromesso con la sinistra, comprendente, per lo più, forze storicamente ed ideologicamente stataliste.

L'appoggio dato alla scelta civica da personaggi di spicco della partitocrazia, o movimenti che si richiamano alle consolidate prassi degli accordi sottobanco per il mantenimento dei privilegi di casta, con ricorso alla tassazione a sostegno di lobby e carrozzoni politici, la dice lunga sui veri conservatori dell'establishment, con il consenso del Vaticano e della finanza internazionale.

Il capitale dovrebbe essere mobilitazione di energie creative, nello spirito dell'autentica libertà d'iniziativa e d'intrapresa individuale e tendere allo scambio e al dono, più che alla mercificazione e all'abbrutimento dell'uomo, considerato non già persona, ma numero al servizio del potere di qualsiasi genere.

L'esatto contrario di quanto avviene da troppo tempo nel nostro paese e che si vorrebbe perpetuare.


domenica, marzo 06, 2011

Romiti contro Mediaset


Con tutto il rispetto per Romiti, mi pare che le sue parole di biasimo nei confronti del capo del governo e dei suoi affari poco trasparenti non presentino nulla di nuovo rispetto a quello che ognuno di noi vede da molto tempo: il premier, anche se non è l’unico, incarna il conflitto d’interessi in vastissimo campi dell’economia, di cui l’informazione è un baluardo.
Ma ci si può sorprendere?giannelli
Abbiamo sentito Sallusti teorizzare che la carta stampata (e i media) sono al servizio d’interessi e non possiamo quindi sorprenderci che mediaset vada all’assalto dell’impero rcs, cominciando dalla conquista del ‘Corriere’.
Questo non è un paese liberale.
E’ un paese in cui dominano monopoli e oligopoli alla faccia della libertà d’impresa e dei diritti del cittadino e del consumatore.
L’unico scopo dei grandi gruppi economici ed in primis, purtroppo, di quelli che fanno capo al presidente del consiglio è quello di accumulare guadagni in un modo e nell’altro, e contestatualmente manipolare la pubblica opinione a proprio vantaggio.giann620-627
Ci dispiace dirlo, perché anche noi, come tanti, avevamo creduto alle promesse di cambiamento, innovazione e ‘ammodernamento’ della società e delle istituzioni ed oggi, quasi quasi,dobbiamo rimpiangere le lottizzazioni di Tv e giornali della prima repubblica, se non altro per il modo ‘felpato’ in cui avvenivano.
Guardate se, per caso, qualcuno si scandalizza più di sapere che i quotidiani sono spesso ‘armi improprie’ al servizio del potere, o se si ha interesse a conoscere lo stato degl’interessi intrecciati con la politica.gia
Dubitiamo fortemente che la politica non sia condizionata pesantemente dagl’interessi personali di chi forma l’establishment, sia in campo interno che internazionale.
Ma noi ci permettiamo di criticare gli Usa (qualsiasi cosa faccia), un paese che, nel bene o nel male, garantisce quel che rimane ancora dalle rovine della civiltà occidentale e non riusciamo a trovare la forza per ribaltare la nostra democrazia malata e mafiosa, perché la disastrosa assuefazione alla partitocrazia ormai ha addormentato le nostre coscienze.

lunedì, luglio 14, 2008

Abbasso i giacobini !


Per la contiguità culturale e gl'indubbi influssi del grande Napoleone, siamo abituati a festeggiare un po', anche noi fratelli d'oltralpe, l'anniversario della presa della Bastiglia, apoteosi della Rivoluzione francese, che pose fine alla monarchia degenerata e sancì l'avvento della borghesia al potere, ma soprattutto simbolo di autonomia dallo Stato, nel nome del cittadino singolo.

Non tutto rifulse nella sanguinosa storia della sostituzione di una classe sociale ad un'altra, perdente per aver abusato del propria funzione di governo.

Le stragi ed il soffocamento crudele delle opposizioni per stigmatizzare il trionfo illuministico della dea ragione, che di lì a poco avrebbe soppiantato il dio tradizionale, con un'altra forma di religione laica e fanatizzante, fecero percepire che un'era dell'intolleranza si faceva strada tra i popoli e che inevitabilmente questo avrebbe comportanto l'irrompere in Europa di totalitarismi e dittature protrattisi fino a pochi decenni fa.

Lo spirito giacobino contrapposto a quello della libertà rettamente intesa, come il raffronto con la rivoluzione inglese prima, e quella americana dopo, ha reso evidenti agli storici imparziali, che un confine sottilissimo separa la lotta per l'indipendenza e la libertà del popolo da chi - pretendendo di essere il depositario della verità - si autoproclama unico interprete dell'interesse generale e dispensa il terrore accompagnandolo con l'uso indiscriminato della ghigliottina contro gli avversari.

Allora, in questo giorno di tripudio per la sempre affascinante Marianna, ricordiamoci che l'anima della conquista della libertà non sono i giacobini e i fondamentalisti, i quali, oggi come ieri, attentano ai diritti del singolo e delle comunità intermedie.

Vive la France e la liberté pour tout le monde.