lunedì, marzo 28, 2011

Le pantegane


”L’Italia? Un paese dove sono accampati gli italiani”(Ennio Flaiano).
Più giro nel web e più ho l’impressione di non vivere in Italia, ma in un pianeta semi-sconosciuto.
Mi soccorre Ennio Flaiano, che in unMarziano a Roma, ed in molti altri scritti, è stato capace di descrivere questo nostro paese che non siamo più in grado di conoscere a fondo e di apprezzare.
Pur considerandomi cittadino del mondo, non saprei mai rinunciare alle mie radici, al  mio al passato e al mio futuro, oltre che al presente, contrassegnato com’è da un  continuo scambio di conoscenze, una proficua relazione con identità diverse, sebbene definite culturalmente ed etnicamente e per ciò stesso degne di rispetto, concetto quest’ultimo sempre più estraneo invece a chi vive nella medesima comunità nazionale.
Se dovessi andare in India, mi sentirei come un aquilone in volo, con un filo collegato alla mia terra di appartenenza.
Non capisco molto gli apolidi, ma aborro le amebe, quegli strani animaletti che si trasformano in continuazione e non sanno nemmeno bene loro chi sono.
M’infastidiscono quelli che parlano male di questa madre patria e non l’amano, ma continuano ad abitarla senza logico motivo, a stanziarvisi per insultare tutto e tutti, senza tentare di modificare la situazione negativa in cui sono costretti a quanto pare a vivere, ma in compenso prendendo tutto ciò che fa loro comodo.
Un fenomeno che mi ricorda l’invasione dei Lanzichecchi, buoni solo a depredare, accampati in città e nei borghi,come tanti parassiti, che incutono disgusto e preoccupazione  per le infezioni che possono produrre.
Questi poveri selvaggi, italioti senza cultura né intelligenza, vivono  di soli istinti predatori, immersi in una crassa ignoranza animalesca: confondono lo stato con la nazione e con la patria; attribuiscono a queste distinte entità  i mali del proprio vivere e continuano a consentire alle  bande di partitanti, dai quali evidentemente si sentono ben rappresentati, di fare il bello e cattivo tempo e di giocare sulla pelle dei cittadini onesti (animati ancora dalle idee di solidarietà, di libertà della persona umana, di difesa dei diritti didi ciascuno);  essi sperano, sotto sotto, di poter trarre vantaggi e benefici dalla partitocrazia che li ha generati.
Miserabili gaglioffi che pensano al proprio bottino, al proprio particulare, pugnalando alle spalle alla prima occasione il vicino, il collega, l’amico, un familiare.
Che ce ne facciamo di queste pantegane?
Non sarebbe ora di pensare ad una seria e generalizzata derattizzazione, in modo che fuggano, come meritano, all’estero, mantenendo salda la speranza che non ce li rimandino indietro, una volta che si constati che tipo di esemplari sono?
Una volta c’erano i comunisti, che se non altro un’altra patria, o impero, l’avevano e per la sua affermazione ingenuamente o no lottavano fino alla morte: ora assistiamo ad un popolo post marxiano che rivendica la sua integrazione nell’Italia repubblicana e si sente dentro l’Europa con  i suoi princìpi informatori. E invece trova spazio una genìa di zoticoni, che pensano prima di tutto alla pappa e al loro gallinaio, a far quattrini e a godersi il frutto delle loro rapine, inneggiando alla propria squadra di calcio e al folklore locale, come se il mondo fosse tutto lì, all’ombra del campanile e della fabbrica, della balera e del cortile. Guardate le loro facce inespressive, gli slogan da coatti, i costumi belluini, pronti a consumare le proprie giornate come omuncoli senza memoria e senz’avvenire.

venerdì, marzo 25, 2011

Politica politicante

A furia di sentir parlare i soliti tromboni, ci stancheremo della politica politicante?

Ormai i talk show stanno pericolosamente uniformandosi uno all’altro.

Anche Anno Zero pare stia immergendo i propri panni nell’ammorbidente del cerchiobottismo, per non aprire ulteriori contenziosi con le commissioni parlamentari di vigilanza e con la tendenza a porre pesi e contrappesi, per garantire pari opportunità ai  partiti lottizzatori.

Naturalmente a farne le spese è l’utente, ovvero il cittadino, il quale poco alla volta si allontana dai programmi, sentendosi vittima di una truffa generalizzata.

E’ guerra tra tv privata e pubblica, ma, un po’ come è successo con la mafia, alla fine si arriva a patti. 

Si lascia una zona grigia di confine che fissi i rispettivi limiti, nell’ambito dei quali ognuno può fare ciò che più conviene al padrone, cioè in definitiva alla partitocrazia.


Dietro ad ogni intrattenitore c’è uno schieramento, uomini di partito,  questo o quel personaggio dell’apparato o capo-bastone che dir si voglia.

Siamo ormai ad una spartizione diffusa tra maggiorenti: ma il pubblico resta fuori da qualsiasi considerazione , è solo oggetto di manipolazione.

Se fossimo un paese serio attento ai diritti di libertà, avremmo attuato una vera liberalizzazione, abbattendo monopoli od oligopoli e i vari conflitti d’interesse. 

Lo stato, nonostante l’elefantiasi burocratica non è più in grado di garantire il rispetto delle regole del gioco, né un vero servizio pubblico. La gente comune, quella che conserva un po’ di spirito critico, si accorge di essere manipolata dalla casta, o dalle caste, al potere e di dover sottostare a giochetti privi di significato.

In un Comune di una certa consistenza, dopo la spaccatura del pdl, si è aperta una crisi elettorale che fa capo a due candidati sindaci, entrambi esperti navigatori nel mare magnum degli scambi elettoralistici. 

Alle prossime amministrative ci si sarebbe aspettato un panorama rinnovato ed invece,  a destra come a sinistra (compresi i ‘ribelli’ futuristi, ora alleati con gli avversari tradizionali di ieri), ci si trova di fronte alle solite facce dei professionisti della politica, partitanti consapevoli del fatto che il proprio scopo sia quello di guadagnare, in un modo o nell’altro, prebende e benefici per sé e il proprio gruppo, i propri familiari, nepotes e clientes.

Ci si meraviglia che in campo nazionale ci sia un’ associazione  di responsabili, che baratta i propri voto con incarichi ministeriali e poi è facile verificare alla periferia, in regioni province e comuni, che la solfa è la stessa.

Da dove crediamo che venga fuori l’aumento del trenta per cento della corruzione nell’anno passato, i sessanta mld di euro, frutto degli affari più evidenti tra la burocrazia e le lobby, gli imprenditori spregiudicati e la piccola, rampante delinquenza di arrampicatori sociali, come denunciato dalla Corte dei Conti?

Prepariamoci ai referendum e alle prossime consultazioni con l' inquietante previsione non di guadagnare spazi per la società civile, ma di avere un aumento dei legami mafiosi e del potere delle cricche, nonché del numero di schiavi del fisco e delle finanze locali dagli appetiti sempre più sviluppati.

martedì, marzo 22, 2011

Psicosomatico


Psicosomatico? 

Psicosomatico a chi? 

A me?

Ma come si permette?
PsPsicosomatico

lunedì, marzo 21, 2011

Anticonformisti con licenza dei superiori

Qualcuno pensa che Ferrara sia trasgressivo, perché inneggia alle mutande e strizza l'occhio alla lega, in tema di celebrazioni dell'unità d'Italia, perche faccia il controcanto a Saviano o a Santoro in tv.
Chi ragiona così dimentica che l'elefantino fa parte dell'azienda familiare del premier.
Dopo esser stato un accanito sessantottino, ora si ostina a qualificarsi ateo devoto contro l'aborto, la fecondazione eterologa, la libertà individuale di scegliere le cure sanitarie in caso di malattie irreversibili, e allo stesso tempo inneggia al puttanesimo imperante, alla promozione sociale delleescort, ai vizi pubblici del capo del governo, che non manca di prendere per i fondelli alcuni funzionari dello stato nel caso Ruby, impipandosene tranquillamente della dignità delle forze dell'ordine costrette a fare da taxi alle amichette invitate alle sue  feste.
Col suo ingresso in Rai, al posto di Biagi, a suo tempo osteggiato dal cavaliere, non si tiene conto della trionfale  marcia di conquista berlusconiana  dell'informazione pubblica, né purtroppo  di una corretta definizione della trasgressione.
Non si può essere anticonformisti, dando voce al minculpop, vale a dire aidesiderata del padrone (il quale è a capo del governo, ha la proprietà quasi assoluta delle televisioni private e buona presenza in quelle di stato,  seguito costantemente da segugi come Masi, Vespa e Scodinzolin), ed ha  ridondanti conflitti d'interesse sia nell'acquisizione della pubblicità, sia  per la vendita dei propri programmi ( a mezzo della Endemol spa) alla Rai.
Non si può essere stipendiati lautamente dalla tv pubblica, a spese del contribuente, per alleviare, magari, i bilanci privati in perdita delle imprese appartenenti alla famiglia Berlusconi.

E' una posizione analoga a quella della Minetti, che lamentava di essere stata eletta al consiglio regionale per non pesare sul budget privato del premier.
Che anche la Minetti sia trasgressiva?
Noi pensiamo, piuttosto, che aveva ragione Montanelli, nel rilevare quanto  gli italiani siano afflitti da servilismo, avendo una profonda vocazione a mettersi al servizio del padrone di turno, come ai tempi del 'Franza o Spagna purché si magna'.
Il buon Ferrara, simpatico (a volte) ed intelligente giornalista, sa benissimo che non si può essere anticonformisti con licenza dei superiori.

venerdì, marzo 18, 2011

Italioti snob

Gli italioti snob, quelli che amano i salotti del potere, il mercato delle vacche ed i posti di sottogoverno, le cricche che si spartiscono le torte e pensano solo ai pic-nic in tempo di crisi, cominciano a rimpiangere gli anni della sinistra internazionalista e della chiesa anti-nazionale: non si aspettavano un Presidente della Repubblica in grado di contrastare il becerume anti-italiano e di suscitare il consenso popolare verso verso una nazione unita.the-snob1the-snob1


Cominciano ad avere il mal di pancia a pensare che, oltre le copertine patinate e le trasmissioni beote, esiste anche un paese reale non incline a bersele tutte per non disturbare i manovratori.


giovedì, marzo 17, 2011

E se avesse ragione Maupassant ?

Noi non scriviamo per il popolo. Qualsiasi tipo di arte si rivolge solo all'aristocrazia intellettuale di una nazione. 


Guy de Maupassant


Le manipolazioni di massa sono merce comune.
Forse dovremmo diffidare dei guru televisivi e degli opinion marker delle riviste a larga diffusione, per fare un ragionamento analogo sui veri scrittori (od artisti).


Quali sono?

Non quelli che si rivolgono alla moltitudine beota dei mass- media, ma alle minoranze che possono intendere originalità di pensiero e libertà d'intenti, genuinità di opere.

mercoledì, marzo 16, 2011

L'Italia dov'è?


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L'anniversario dell'Unità d'Italia arriva in un momento poco propizio per ottimismi ed entusiasmi, per una visione matura, aperta, realistica e persuasivamente positiva della comunità nazionale e delle istituzioni europee.
Il nord Africa, sconvolto da guerre e tentativi rivoluzionari, non pare più una sponda privilegiata per favorire il rinnovamento, il dialogo tra i popoli per realizzare una nuova fase della civiltà mediterranea.
All'interno di questo paese, in una clima di generale confusione, le divisioni e le lacerazioni prevalgono sul sentimento di comune appartenenza, di condivisione di un destino che coinvolga le varie generazioni, le diverse identità culturali, per rendere efficace un programma unitario.
Tornano a dominare i particolarismi, i campanilismi, gli egoismi, l'indifferenza, lo scetticismo e, forse di più, il cinismo, che le cosiddette classi dirigenti paiono interpretare col consenso della maggioranza degli elettori, in nome dell'opportunismo e della convenienza di ceti ed individui, convinti forse di poter fare almeno il proprio tornaconto.
Il meridione rincara la dose di rivendicazioni e lamentele, dimenticando il profluvio di aiuti economici male distribuiti a causa del sistema politico-mafioso, che lo ha colonizzato dal secondo dopoguerra in poi, aiutato dalla partitocrazia e dal voto di scambio.
Il vessillo che s'innalza e' quello solito del 'tengo famiglia' o il mai trascurato principio del 'chiagni e fotti', con cui i lazzaroni di tutte le specie pensano di sopravvivere a danno dei soliti fessi.
Il settentrione è un colabrodo di tendenze ed interessi, che si coagulano nell'assurda ipotesi di giungere, se non alla separazione dall'Italia, ad un'autonomia in cui c'è poco spazio per la libertà e la solidarietà tra cittadini: si sta installando una forza, che, nata per combattere le degenerazioni dei partiti e della burocrazia, pare prefigurare nuovi infeudamenti, clientele, lottizzazioni e nascita di un nuovo leviatano in sedicesimo (com'è purtroppo già accaduto nella maggior parte delle regioni italiane, ridotte a satrapie e centri di dilapidazione del denaro pubblico).
Nel modo globalizzato, ci meravigliamo di vedere un paese distrutto dalle forze della natura e dalle circostanze più sfortunate, il quale nella terribile disgrazia che l'ha colpito, non ha perso le proprie radici, pur nella sua corsa verso la modernità e l'industrializzazione, la tecnologia e l'innovazione.
Stupefatti, notiamo esempi di dignità, individuale e collettiva, emergere da una tragedia senza precedenti in tempo di pace e rimaniamo allibiti di fronte all'autodisciplina e alla forza di determinazione del Giappone, il quale si piega ma non si spezza ed è costantemente teso ad iniziare a ricostruire il proprio tessuto sociale lacerato da fenomeni di portata catastrofica.
Noi e i giapponesi: fate un rapido confronto e vi accorgerete che esiste uno dei baratri più profondi di quelli apertisi con il terremoto, un abisso nel quale è precipitata quasi del tutto l'Italia risorgimentale.
Dov'è l'Italia?
Sembra una nave alla deriva, popolata da topi impazziti.
L'Italia è solo una timida speranza, che tenta di ritrovare se stessa, grazie a minoranze ancora ingenuamente convinte di poter resistere alla tempesta e raggiungere un porto sicuro, dopo aver perso, possibilmente, l'inutile zavorra di quelli che Papini designava come ''i luridi bastardi di una disfatta''.

venerdì, marzo 11, 2011

La riforma 'epocale'


Avv,
Forse non sarà una riforma epocale, ma alcuni principi positivi, benché introdotti con colpevole ritardo, potrebbero portare una ventata nuova nella società, venendo incontro alle aspettative dei cittadini in materia di giustizia.
Guai a farsi prendere la mano dall’anti-berlusconismo coatto.
Il polo della nazione ed i moderati della sinistra farebbero bene a riflettere su quella che, effettivamente, potrebbe costituire un’occasione unica per tentare di modernizzare alcune istituzioni ed il paese, avvicinandoci all’Europa, con una iniziale ma provvidenziale scossa al nostro nauseante sistema corporativo.
Si tratta di un primo passo, ovviamente, verso la liberalizzazione, tanto auspicata in tutti campi del vivere civile.
Alcuni princìpi di valenza costituzionale, contenuti nel disegno di legge del ministro Alfano, meritano di essere accolti con sollecitudine: la parità tra difesa ed accusa, con la separazione delle carriere tra pm e giudici; la responsabilità civile dei magistrati per dolo e colpa grave, e il risarcimento per l’ingiusta detenzione; un consiglio di disciplina, sottratto al monopolio del Csm; l’aggiustamento del cardine dell’inamovibilità dei giudici, da rapportarsi, inevitabilmente, con le esigenze delle sedi cosiddette disagiate; un avvicendamento degli appartenenti alla polizia giudiziaria per evitare una sorta di polizia privata dipendente in tutto e per tutto dal poteredei p.m.; una precisazione delle priorità da perseguire, nell’ambito dell’obbligatorietàdell’azione penale, sull’esempio della circolare Maddalena; l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione di primo grado: sono tutte regole coerenti con le ispiraazioni fondamentale di un moderno stato di diritto.
Certamente, sull’impianto fondamentale, occorre lavorare ancora e molto resta da fare sul piano dell’amministrazione ordinaria, relativamente all’accorpamento delle sedi giudiziarie, alla migliore distribuzione degli organici di magistrati, funzionari ed impiegati, che soffrono di una cronica mancanza di controlli sull’efficienza e la produttività del proprio lavoro.
Alcune proposte dell’IDV in questo senso potrebbero essere oggetto di riflessione sul piano processuale, come ad esempio una nuova e più agile disciplina in materia di notifiche degli atti e del regime delle eccezioni processuali, fonte assai preponderante di ritardi e prescrizioni.
Altrettanto può dirsi delle tesi prospettate dal PD, relativamente alla necessità di dare spazio, nella programmazione dell’azione dei pubblici ministeri, alle valutazioni delle procure, in rapporto alle diverse necessità d’intervento nella repressione dei reati nelle varie zone d’Italia, per le specificità dei comportamenti che destano maggiore allarme sociale, a seconda delle caratteristiche ambientali e territoriali.
Altrettanto appropriata l’idea di sottrarre alla politica politicante l’attività di controllo sulla deontologia professionale dei vari operatori del diritto, eliminando la cosiddetta giustiziadomestica ( da valere per tutti gli ordini professionali e non solo per la magistratura e l’ordine forense), con la creazione di un organismo effettivamente indipendente e super partes, seguendo il modello della corte costituzionale, anche in materia di autorizzazioni a procedere per i reati ministeriali.
Né va sottovaluta la portata innovativa che avrebbe l’attribuzione al giudice del potere discrezionale nel proseguire o abbandonare il giudizio in materia penale, con la possibilità di archiviare immediatamente le fattispecie bagatellari, rafforzando d’altra parte l’attività di prevenzione della pubblica amministrazione.
E arriviamo al punto dolente: senza una seria, profonda, palingenesi dell’amministrazione dello stato e degli enti locali, che andrebbero ripuliti dai condizionamenti e dalle incrostazioni partitocratiche e riassegnati a dirigenti e addetti degni delle loro funzioni (come accade, ad esempio, nella vicina Francia), anche la riforma della giustizia rischia di rimanere monca.

Il sagrestano stanco


MoffaSecondo Silvano Moffa, la diaspora non è finita.
”Il responsabile per eccellenza”(fu il primo ad abbandonare il presidente della camera dopo esser stato uno dei primi a seguirlo), la maggioranza si allargherà..
Ma chi è Moffa?
Permettetemi di dire che è ”Un sagrestano stanco”.
Dopo esser stato un perfetto ”Cavalier Servente” del fondatore del FLI, ora pare abbia acquisito un certo grado di autonomia e fa anche la predica ai suoi ex amici di partito.
Ricorda la buonanima di Aldo Moro, uomo politico di ben altra caratura, col solo difetto di essersi dedicato quando era al governo a ricercare, per tatticismo politico, spericolati equilibri dialettici con i partiti di sinistra, lui che proveniva dal GUF e nel dopoguerra si era distinto per collaborare egregiamente con il periodico neo-fascista ‘Rosso & Nero’ credeva in una stabilità fondata sul compromesso storico, ma con ben altro senso delle istituzioni, rispetto a coloro che gli succedettero.
A Moffa si attaglia la definizione che Gianna Preda , punta acuminata ed indimenticabile del ”Borghese”, diede al personaggio barese, in polemica per il suo filo-marxismo, quand’era presidente del consiglio, appellandolo ‘’sagrestano stanco”, forse perché dava l’impressione nei suoi discorsi un po’ soporiferi e prolissi e complicati da una sorta di retorica levantina, di parlare senza convinzione, con una terminologia un po’ bizzarra che non mancava di coniare parole e frasi tanto originali quanto oscure, del tipo ‘le convergenze parallele’,
passate poi alla storia come esempio di genialità politico-semantica.
Il leale amico di Fini, invece non ha dovuto né impegnarsi né esporsi troppo.
A seguito di un primo animato girovagare, con aria pacata e un po’ sorniona, ora invita gli ex colleghi a riflettere sulla presunta verità effettuale, secondo cui ci sono argomenti che la politica , quella alta e nobile, non può capire; occorre invece immergersi nella pragmatica realtà del Transatlantico, il corridoio dei passi perduti, dove contano maggiormente i fatti concreti rispetto alle motivazioni ideali.
E’ così che, con altri rispettabili responsabili, come la transfuga udc Siliquini e la mecenete della telematica Campus – Università Polidori, ha trovato le sue convergenze… e forse qualche nuova poltrona.
Perché non potrebbe capitare anche ad altri?

giovedì, marzo 10, 2011

Giù le mani da Concita !

thumbtruecut1299224185260_475_280Con un articolo di qualche giorno fa, ”Libero”, nel solito stile della guerriglia vietnamita, lancia la notizia dell’insoddisfazione di una deputata del PD nei confronti di un titolo, che Concita De Gregorio ha voluto dare alle denunce dell’on. Bucchino sulla compravendita dei parlamentari. Il quotidiano democratico titolava, infatti, a caratteri cubitali ”Aula Corrotta!”, all’indirizzo del sinedrio di Montecitorio.
Una onorevole ”Piripicchio”( termine che designa un’ illustre sconosciuta, secondo il neologismo creato da Enrico Vaime, per indicare chi va incerca di notorietà, con iniziative discutibili e farsesche), udite udite, si è sentita offesa per l’offesa alle istituzioni…
Il duetto del quotidiano, conosciuto come giornale filo-monarchico e quindi provvisto di finanziamenti statali senza giusto titolo, cerca ora di soffiare sul fuoco.
E’ chiaro che il conformismo o il finto conformismo in questo paese è trasversale. E quindi se può far comodo, perché non citare favorevolmente anche le fonti avversarie aBerlusconi, le quali non vorrebbero più a dirigere il giornale post-comunista una rappresentante della sinistra cosiddetta snob?
E no, cari amici belpietristi, lasciate tranquilla la direttrice dell’Unità.
Ella ha la simpatia della maggior parte dei lettori e dimostra di saper svolgere molto bene il proprio ruolo critico nei confronti del governo e dell’opposizione di sinistra.
Certamente, qualche dossier non dispiacerebbe ai suoi avversari.
E magari alla sua pubblicazione potrebbe pensarci proprio ”Libero” , data l’innegabile competenza in materia…
In tal modo forse si agevolerebbe la sua defenestrazione dal giornale fondato da Gramsci, del quale pare colga bene lo spirito movimentista, a differenza dei vari bollettini delminculpop di destra e di sinistra.
I motivi ci sarebbero per i due direttori indipendenti del nostro quotidiano: non fu Concita a rivelare la notizia degli affari petroliferi di Fininvest, cogliendo al volo le rivelazioni dell’albionico Guardian?
Il fatto è che l’assalto alla direttrice potrebbe fallire come l’agguato al presidente della camera e risolversi in un altro boomerang
Meglio accontentarsi di mettere un po’ di benzina sulla fiamma accesa da altri.
Giù le mani da Concita !

mercoledì, marzo 09, 2011

La Libia? Un pastrocchio


Il nostro ministro dell’interno, da quando sono cominciate le rivolte in Africa non è più lui.bada09899dd729ba
Era convinto di aver sistemato tutto con la legge sull’immigrazione clandestina, facendo finta d’ignorare che vi erano problemi per le popolazioni sotto le varie dittature e che il problema di asili non esistesse.
Ora che la bomba gli è scoppiata nelle mani, mentre affannosamente cercava di confinare gli esiliati politici dai vari centri di accoglienza sparsi in Italia nel villaggio siciliano di Mineo, in modo da non poter più legare al nord la loro gestione, si ritrova invaso da migliaia di progughi e non sa da che parte girarsi per il rifiuto dei paese europei di condividere il fenomeno.
E allora che fa?
Se la prende con l’America.
Dice minacciosamente ad Obama di stare calmo e guai a parlare di sconfinamenti nei cieli o di missioni militari, per evitare il genocidio. E non si rende conto di sfiorare il ridicolo.
A lui interessa la lega ed è già tanto che si sia spostato al sud, per vedere la situazione nei luoghi sensibili, per dovere d’immagine e la notte non dorme al pensiero che l’orda magrebina possa invadere la padania compromettendo la campagna elettorale di Bossi con la conquista del federalismo fiscale. Chi può fronteggiare questa massa umana? Quasi quasi è meglio che vinca il raìs.
No sa letteralmente che pesci prendere anche perché il ministro degli esteri esterna concetti opposti ai suoi caldeggiando interventi in favore dei ribelli.
Un bel pastrocchio governativo, non c’è che dire.

martedì, marzo 08, 2011

Donne consenzienti


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Molto sorprendente, per noi, è stato apprendere che una detenuta trentenne in attesa di giudizio, trasferita in camera di sicurezza in una stazione dei carabinieri di Roma, sia stata violentata da tre carabinieri più un vigile urbano.

Di fronte a certe notizie speriamo sempre nell'errore. Vorremmo che arrivasse subito la smentita e il chiarimento dei fatti. Ma in questo caso il silenzio regna sovrano.

Il gruppetto si sarebbe servito di qualche bicchiere di alcolici per tirarsi su il morale e poi si sarebbe preso una distrazione dopo un'intensa, si presume, giornata di lavoro.

A giustificazione dei ripetuti assalti alla femmina in custodia, avrebbe poi minimizzato l'accaduto, dicendo che la violenza non ci sarebbe stata perché lei era consenziente. Quindi tutto si è svolto nella massima normalità.

Lo sapevate voi che in una caserma dei carabinieri è normale fare sesso tra consenzienti?
Una novità.

Il nuovo corso forse si è inaugurato con la stagione delleescort che entrano ed escono da dimore private e pubbliche con l'imprimatur dei servizi di scorta che vigilano sulla sicurezza di uomini politici.

Le donnine sono un genere di conforto: se la regola vale per i governanti, perché non dovrebbe valere per chi li custodisce? 

domenica, marzo 06, 2011

Romiti contro Mediaset


Con tutto il rispetto per Romiti, mi pare che le sue parole di biasimo nei confronti del capo del governo e dei suoi affari poco trasparenti non presentino nulla di nuovo rispetto a quello che ognuno di noi vede da molto tempo: il premier, anche se non è l’unico, incarna il conflitto d’interessi in vastissimo campi dell’economia, di cui l’informazione è un baluardo.
Ma ci si può sorprendere?giannelli
Abbiamo sentito Sallusti teorizzare che la carta stampata (e i media) sono al servizio d’interessi e non possiamo quindi sorprenderci che mediaset vada all’assalto dell’impero rcs, cominciando dalla conquista del ‘Corriere’.
Questo non è un paese liberale.
E’ un paese in cui dominano monopoli e oligopoli alla faccia della libertà d’impresa e dei diritti del cittadino e del consumatore.
L’unico scopo dei grandi gruppi economici ed in primis, purtroppo, di quelli che fanno capo al presidente del consiglio è quello di accumulare guadagni in un modo e nell’altro, e contestatualmente manipolare la pubblica opinione a proprio vantaggio.giann620-627
Ci dispiace dirlo, perché anche noi, come tanti, avevamo creduto alle promesse di cambiamento, innovazione e ‘ammodernamento’ della società e delle istituzioni ed oggi, quasi quasi,dobbiamo rimpiangere le lottizzazioni di Tv e giornali della prima repubblica, se non altro per il modo ‘felpato’ in cui avvenivano.
Guardate se, per caso, qualcuno si scandalizza più di sapere che i quotidiani sono spesso ‘armi improprie’ al servizio del potere, o se si ha interesse a conoscere lo stato degl’interessi intrecciati con la politica.gia
Dubitiamo fortemente che la politica non sia condizionata pesantemente dagl’interessi personali di chi forma l’establishment, sia in campo interno che internazionale.
Ma noi ci permettiamo di criticare gli Usa (qualsiasi cosa faccia), un paese che, nel bene o nel male, garantisce quel che rimane ancora dalle rovine della civiltà occidentale e non riusciamo a trovare la forza per ribaltare la nostra democrazia malata e mafiosa, perché la disastrosa assuefazione alla partitocrazia ormai ha addormentato le nostre coscienze.

venerdì, marzo 04, 2011

Neologismi senza senso


Non ha alcun senso compiuto il termine ‘finiano’.
Si usa a vanvera.captain-caveman
Si può essere fascisti comunisti liberali, perfino qualunquisti, ma se si affronta seriamente un dibattito politico non significa nulla ricorrere ad un aggettivo discendente dal nome di un rappresentante di partito: sarà il programma, frutto di un’elaborazione per lo più collettiva,  ad individuare le idee.
L’altro modo dà vita ad uno slogan privo di contenuto, buono per il bla-bla-bla o per la curva sud.
Almeno il berlusconismo, secondo i suoi avversari, è sinonimo di una crisi del sistema politico, indica la concezione del partito-azienda, le liste bloccate, le barzellette raccontate negli incontri con gli statisti, la dedizione al padrone, la banalizzazione della politica a velinismo, ovvero il sintomo della decadenza della società e del costume, attraverso la corruzione del linguaggio e dello stile di vita, l’imposizione di un  modello plastificato, incentrato sull ‘apparenza e sul denaro come scopo principale dell’esistenza, l’icona della escort come  veicolo di progresso e pacificazione sociale.
Ma il resto? E’ nebbia.
Se uno dice andreottiano, mastelliano, prodiano, vendoliano, veltroniano , etc., etc.,etc., sul piano della discussione tra persone di buon senso è come se pronunciasse la parola ‘grunt’, che fa solo scappar dal ridere…

giovedì, marzo 03, 2011

Estetica o Politica ?


Nel marasma contemporaneo, che riguarda non solo ilo nostro paese, ma in cui l’Italia pare   si collochi ad uno dei primi posti in Europa, le persone di buon senso s’interrogano quotidianamente se valga la pena di impiegare le proprie energie a star dietro alla politica.
Ora è chiaro che all’alta politica, quella nobile e superiore disegnata da Aristotele ed i greci, nessuno può dichiarare di non essere interessato, ma, appunto, quella è un’altra cosa, rispetto allo spettacolo deprimente di una società e di istituzioni ridotte al lumicino, ad una sortr di recita scolastica, in cui i più bravi sono buoni a dire, scuotendo la testa, che non è il caso di preoccuparsi: in fondo tutto tiene e, prima o poi, si uscirà dal tunnel.
Poi si verifica che i morti ammazzati in Afghanistan aumentano progressivamente e ci si avvede di un’altra realtà, di cui non si tiene sufficientemente conto,  riepilogata correttamente dalle parole di E. Luttwak, nel momento in cui ha affermato come per l’America sia sostanzialmente affidabile solo un’istituzione,  il  sistema di Difesa italiano, ad onta dei rappresentanti provvisori del nostro Governo.
Il paese reale e quello legale si fronteggiano,  dunque?
Sì, ma solo in un certo senso.
Vale a dire: mentre il popolo ha i rappresentanti che si merita,  e con cui stringe elettoralmente un patto scellerato basato sul voto di scambio e sul reciproco compromesso del do ut des, a dispetto di ciò che è lecito o illecito, onesto o disonesto, consentendo alla partitocrazia di dominare comunque la scena, ci sono ceti, categorie di persone (una minoranza) che pensano ancora a servire lo stato e pensano in termini di bene comune.
I militari sono un esempio, elevato e ancora valido, sebbene non siano gli unici esponenti di un’altra Italia.
C’è gente volta a fare i conti con le proprie effettive capacità ed il  senso di responsabilità, che tira quattro paghe per il lesso, incapace di adattarsi al modus vivendi attuale, che fa del bunga bunga una innocente barzelletta o vorrebbe i propri figli impegnati in veloci carriere nei partiti o nelle aziende di stato o alla tv o nel calcio, propensa agli espedienti, intenta a cercare scorciatoie per ottenere denaro facile, privilegi mal guadagnati  e presuntuosamente convinta della superiorità della furbizia e dell’intrallazzo per vivere bene alle spalle dei fessi.
E allora?
Ci si può accontentare di avere  una porzione di società, caratterizzata da senso del dovere, fair play, attaccamento al bene comune, speranzosa di realizzare un domani migliore ?
Ci sono comunità, corpi intermedi,  che sono certamente degni della nostra attenzione, non tanto sul piano politico o morale od etico, quanto sul piano estetico.
Sembra un paradosso, ma quando vediamo esempi di sacrifici e di generosità, di onestà e nobiltà d’animo, osserviamo l’immagine del bello.
Ecco dovremmo  pensare  alla bellezza, per non sporcarci con il fango di gran lunga prevalente e mantenere uno spiraglio di luce per il futuro.