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giovedì, ottobre 23, 2008

L'identità

Sergio Romano sul "Corsera" s'interroga sulla definizione d'identità di un paese.

Sembra assimilare questo concetto a quello di costume e quindi a classificarlo come impermanente, mutevole nel tempo.

Costume e identità di un popolo non necessariamente coincidono.

Il patrimonio di una nazione o di una regione della gente che vi abita ed ha radici in un territorio, magari da svariate generazioni, che ha assimilati tradizioni e modi di vivere e di pensare non esiste?


E' semplicemente una convenzione, un'accidente, pura casualità destinata a trasformarsi in continuazione?


Cambiare assieme sembra il nuovo imperativo della globalizzazione.
Perché?


Pare che così vada il mondo.


Ma chi guida il cambiamento? Le multinazionali, la tecnocrazia?

mercoledì, agosto 20, 2008

Rompere i tabù...








L'ex ambasciatore Sergio Romano, commendevole editorialista del "Corriere della Sera", autorevole saggista in materia di politica estera,
si è presentato ad un pubblico dibattito, nel clima mondano di Cortina, con abbigliamento sportivo ed un tono talmente disinvolto, che è difficile riconoscerlo come il togato commentatore politico, avvolto diuturnamente nell'aplomb dell'ex diplomatico.

La sorpresa aumenta allorché Egli comincia a dissertare dei tabù e riconosce ormai l'indiscutibile necessità di abbatterli.

Sono tesi sovversive cui non è aduso uno scrittore proclamatosi conservatore urbi et orbi in plurime occasioni. Dichiarazioni che si accompagnano a modi significativi d'interpretazione del rivoluzionario concetto.

Infatti, dinanzi alle telecamere puntate sul suo viso, in una breve pausa della propria esposizione, il Romano comincia a grattarsi platealmente l'orecchio sinistro, con l'indice ben teso dentro il padiglione auricolare.

Fino a qualche tempo fa, avremmo giurato sulla sua incapacita costituzionale di azzardare un gesto del genere. Ma si sa. La società si evolve in continuazione e, quindi, anche i costumi degli ex ambasciatori mutano velocemente, eliminando anch'essi qualche tabù dal loro comportamento.

Di lì a poco, l'illustre giornalista, peraltro, si contraddice pesantemente.

Mentre afferma, come corollario dell'idea precedente, che i tabù non possono rompersi tutti insieme, ma solo uno alla volta , appena terminata la frase, si assiste alla continuazione dell'operazione di grattamento, con rapido passaggio dall'orecchiuo al naso.

Eccolo infatti dirigere la sua attenzione alla punta del suo aquilino, che viene catturata con forza dalla concomitante azione del pollice e dell'indice della stessa mano destra, per procedere a stropicciamenti e strizzature, fino ad acquietarsi, dopo interminabili minuti, in uno storcimento finale delle froge rimaste miracolosamente indenni d perdite di sangue.

Si rimane a bocca aperta di fronte alla spettacolarità della scena ed alle difficoltà che perfino personalità temprate incontrano nella vita quotidiana a mettere in pratica principì elevati come la dissoluzione contemporanea di più divieti

giovedì, maggio 03, 2007

Italia che fu









Uno dei capolavori interpretativi di Totò, L'oro di napoli, tratto dall' omonimo libro di Giuseppe Marotta,trasmesso in occasione del 1° maggio, dà un'idea precisa dell'evoluzione del costume e, ahinoi!, dei sentimenti di un tempo, neppure tanto lontano, ma che appare ad una distanza stratosferica dalla società dei nostri giorni.

Ottimo film ad espisodi,che richiama gli eccellenti racconti di un grande scrittore, che dipinge una Napoli scomparsa, in cui però la genialità, la saggezza,la filosofia di vita di un popolo si ritrovano in una sintesi emblematica di un periodo storico e culturale ormai tramontato.

Il cinismo appena accennato, un ingrediente minimo mescolato con un senso d'umanità prevalente, ora ha la dilagante prevalenza in tutto il paese e sembra pervadere le giovanissime generazioni.

L'Italia che fu con la Napoli che fu accendono curiosità e nostalgia per una civiltà povera ma ricca di sentimenti.

Un patrimonio di umanità disperso col consumismo e l'aridità del voler apparire più che del voler vivere un'esistenza autentica.

Che cosa avrebbe detto Peppino Marotta a vedere una città-paradigma degredata ad una babele stracciona ed un'Italia percorsa da bande di barbari?