giovedì, agosto 17, 2006

Giornalisti & c.



Non abbiamo nulla contro l'ordine dei giornalisti. Com'e'normale in Italia si tratta di una delle tante corporazioni, sopravvissute al crollo del regime fascista.

Che continui ad esistere ci pare però esagerato.

Un paio d'illustri esempi valgano per tutti.

Alberto Moravia, scrittore già affermato, fu scostretto negli anni sessanta a sottoporsi all'esame per essere iscritto all'albo ed altrettamto avvenne per un intellettuale raffinato ed infaticabile organizzatore culturale come Alfredo Cattabiani, il quale superò, a cinquantanni suonati, la stessa prova brillantemente.

Ma perché esistono categorie protette (o presunte tali) come questa?
Ci sono tante leggende, magari con un fondo di verità incontrastata
.
Si continua a dire: Scrivere sui giornali è sempre meglio che lavorare!

Ma siamo proprio sicuri che sia così?

Ricordo a tutti che si tratta di una grande fatica, un servaggio ed un sacrificio costante o quasi, quella di comporre (sì, comporre) un articolo e non è sempre un piacere, a volte è una una vera e propria corvée.

Non è raro, neanche per i più dotati, che trovare l'ispirazione, la frase giusta, la parola appropriata, il senso compiuto, costituisca un'impresa difficilissima, snervante, ansiogena, impegnativa e spesso drammatica - come una parete impervia per un alpinista pure esperto.

Non so bene se si trattasse del grande Buzzati o del geniale Montanelli, ma uno dei due fu messo a dura prova, nel momento in cui stava per entrare al "Corriere della Sera", allorché fu rinchiuso, dal Direttore, in una stanza del giornale, per dare dimostrazione della capacità di tirar fuori un pezzo nel più breve tempo possibile.

Per fortuna la paura che paralizzò quel personaggio non durò a lungo (tranquillizzando l'interessato circa la possibilità di svolere il compitino con calma e serenità in un'altra occasione: insomma, fu poco più che uno scherzo, in modo da far intravedere l'ombra della tragedia di scrivere con l'affanno,sempre incombente in tale mestiere).

D'altronde, non tutti gli appartenenti all'ordine sono provvisti di talento e di grandi virtù.

Solo una minoranza esigua può rappresentare degnamente quella che venne definita la professione più bella del mondo.

Quanti gazzettieri, improvvisatori, orecchianti ed incolti - o francamente ignoranti - fanno parte dell'esercito degli odierni pennivendoli ?

E quanti gli aspiranti in attesa, soggiogati dal mito o, più pedestremente, motivati dai privilegi ed i benefits, veri o supposti, che gratificano gli scribacchini in servizio permanente effettivo : treni ed aerei gratis, favolosi rimborsi a pie' di lista.
Per non parlare del fascino che ammalia le donne, l'opportunità di viaggiare in lungo e in largo, ed ottenere la confidenza dei potenti, siano essi internazionali o, soltanto, del vicino consiglio di quartiere....

Ma l'ubi consistam della soppravvivenza di questa variopinta congregazione dove sta, ormai?

Pare che nel mondo ci siano cinque milioni di blogger (ed ogni scribacchino che si rispetti si
apre un blog per darsi visibilità) e che questo universo telematico - dove si collocano in prima fila, come modello d' informazione diretta, libera da condizionamenti ed efficace nella comunicazione, i quotidiani on line, in concorrenza, sì, con la carta stampata, ma già vincenti su di essa - costituisca il presente e l'avvenire della divulgazione dei fatti e delle opinioni nel villaggio globale.

E allora che ne facciamo della vecchia consorteria giornalistica?

Ha ragione dunque Capezzone a chiedere la soppressione dell'ordine?

D'impeto e libertariamente diremmo sì.

Ma in questa bella nazione si è
mai vista una liberalizzazione andata a segno?

Come facciamo a mantenere un po' di vero ordine nelle professioni in genere, ed in quella dei giornalisti in particolare, senza cadere dalla padella nella brace?

Se l'onorevole radicale ci garantisse che il futuro ci prospetta professionisti come Prezzolini - grande dilettante in tutte le attività svolte tanto egregiamente, nella propria esistenza, da meritarsi perfino l'appellativo di Maestro - non avremmo né dubbi né perplessità al riguardo.

Percné non provare a vedere che cosa succede in altri paesi europei ed oltreoceano, tanto per evitare riforme fasulle ?




venerdì, agosto 11, 2006

Ma le Prefetture non dovevano essere abolite?

Per conoscere quali siano le modalità per l'ottenimento della cittadinanza per gl'immigrati, secondo la nuova normativa predisposta dal Ministro Amato, ho voluto chiedere stamattina all'Ufficio di Polizia.

Molto cortesemente il funzionario addetto mi ha indirizzato presso la Prefettura, dandomi il nome dell'impiegato addetto al ricevimento delle domande e all'istruttoria delle pratiche

Ho telefonato, cercando della persona indicatami e, sono riuscito a parlare, dopo una buona attesa, con la responsabile della sezione immigrazione.

Alla donna chiedo se ci siano nuove direttive del Ministro per l'ottenimento della cittadinanza e, quella, per tutta risposta, con una risata sarcastica, mi risponde che la nuova legge non c'è.

Ovviamente si tratta di un disegno di legge, che dev'essere ancora approvato in aula, ma che comporta fin d'ora delle procedure innovative, per altri versi già introdotte, con provvedimenti regolamentari del Governo.
Peraltro, dal sito di Palazzo Chigi, cui necessariamente ritengo le Prefetture siano collegate, è stato diramato un inequivocabile comunicato, dal quale si ricavano le prospettate modifiche alla precedente disciplina della materia.

Anche se in senso atecnico, d'altronde, le nuove proposte vengono correntemente chiamate "Legge Amato".

Ecco in cosa consistono, nelle linee essenziali, come elaborato da www. governo.it:

"Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella riunione del 4 agosto 2006, su proposta del ministro dell´Interno, Giuliano Amato, un disegno di legge - in linea con la direttiva europea 2003/109/CE istitutiva del "permesso di soggiorno CE" - che aggiorna la normativa sulla cittadinanza modificando la legge n. 91 del 1992. Tale disegno di legge prevede una serie di interventi che prendono in considerazione le varie situazioni che contraddistinguono la presenza degli stranieri nel nostro Paese e, in particolare, i nati nel nostro territorio, i minori che si ricongiungono ai propri familiari in età infantile o adolescenziale, gli stranieri extracomunitari maggiorenni.
Potrà acquisire il diritto alla cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui uno almeno sia legalmente residente in Italia, senza interruzione, da cinque anni al momento della nascita, e in possesso del requisito reddituale previsto per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. In tutti i casi, fatta eccezione per i bambini, la richiesta di acquisizione della cittadinanza italiana deve essere sottoposta all'accertamento della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero nel territorio dello Stato. Tale requisito è esteso anche a chi sposa un italiano."

Ora, è possibile che questo testo non possa essere messo a disposizione del pubblico, in modo da mettere in condizione gl'interessati di sapere sattamente come stanno le cose?

No, non è possibile evidentemente, se per l'addetto al servizio nulla si muove.
Ovviamente l'iter da seguire è quello vecchio, con tutta una serie di documenti, attestazioni e legalizzazioni, che probabilmente la nuova disciplina non prevederà più.

Mi viene in mente la figura di quel soldato giapponese, che fu ritrovato non so più in quale località sperduta del teatro di guerra del '43- '45, che continuava ad aspettare l'ordine di arrendersi ancora in assetto di combattimento.

Ma poi, ragionando, mi dico: la notizia della recente riforma è conosciuta perfino dai bambini ; come mai quest'impiegata fa la spiritosa e mi snocciola a memoria tutta una serie di adempimenti, che alla fine saranno ritenuti superati e quindi inutili per chi li mette in atto oggi?

Ci dev'essere una sorta di crudeltà mentale, che si sviluppa nei cervelli dei burosauri ed impedisce loro di essere (come dovrebbero) al servizio del cittadino, con un minimo di buon senso e correttezza, nel rispetto dell'educazione e dello spirito civico, se non proprio dello Stato inteso come Istituzione al di sopra delle parti, compresi gli stessi burocrati.

Il lavoro forse viene inteso come un onere troppo pesante, per sentire il dovere di non infliggere vane sofferenze e stupide complicazioni ed ostacoli ingiustificati a chi voglia semplicemente ottenere un diritto.

E questo a prescindere dall'opinione che abbiamo di questa o quella legge, questo o quel regolamento, questa o quella circolare...

Colpisce quest'atteggiamento che farebbe inorridire qualsiasi europeo e che qui, in Italia, si deve subire con rassegnazione, come se l'ultimo usciere dell'ultimo Ministero fosse un viceré borbonico che, graziosamente, elargisce una concessione, magari secondo l’umore con cui si è svegliato la mattina.

Ma le Prefetture non dovevano essere abolite da decenni?

Lo chiediamo al Ministro Amato.