mercoledì, agosto 27, 2008

Prezzy


Giuseppe Prezzolini, detto Prezzy, è stato un infaticabile organizzatore culturale ed un personaggio di spicco nella storia letteraria del novecento, soprattutto come fondatore di una delle più pregevoli riviste dell'epoca, "La Voce", sulla quale scrissero eminenti personaggi, scrittori ed artisti, che hanno lasciato un segno profondo nella vita del nostro paese.

Prezzolini aveva il culto dell'indipendenza e pur essendo amico personale di Mussolini, e potendo trarre enormi vantaggi da questo legame, anche grazie al suo acume ed alla sua scintillante intelligenza, nonché al suo vasto patrimonio d'idee, preferì, all'avvento del fascismo, emigrare negli USA, dove insegnò, per moltissimi anni alla "Columbia University", letteratura italiana.


Tornò in Italia nel dopoguerra, ma, dopo un breve periodo di permanenza a Vietri sul mare, preferì stabilirsi in Svizzera, a Lugano, da dove continuò a collaborare a quotidiani e riviste.

Si vantava di far parte della "società degli apoti", cioè di coloro che non la bevono e questo gli servì pe non cadere nelle trappole della retorica e negl'inganni della politica e dei partiti, ma lo tenne fuori da qualsiasi pur meritato riconoscimento, anche economico, continuando a scrivere, per campare, ben oltre i cento anni.

Fu un convinto conservatore, o meglio un anarco-conservatore, giustamente critico nei confronti del suo paese, di cui individuò, lucidamente ed inesorabilmente, vizi e difetti.

Pur avendone pieno titolo rifiutò l'appellattivo di "maestro".

Il pittore ed incisore toscano Sigfrido Bartolini venne, un bel giorno, redarguito dallo stesso Prezzolini, perché gli si era rivolto deferentemente con quest'appellativo.

Di diritto però apparteneva alla categoria degli "antitaliani", nel senso paradossale del termine, essendo un amante del suo paese, ma profondamente critico nei suoi confronti, proprio a causa di un radicato patriottismo.
Dei suoi moltissimi libri, vogliamo ricordare oggi, "Il codice della vita italiana", che pur essendo stato scritto, per i tipi della "Voce", nel 1921, conserva una straordinaria attualità nel delineare il carattere degl'Italiani.

Traiamo alcuni brani, da questo libretto prezioso, per poter riflettere sulle considerazioni dello scrittore, le quali, pur essendo amare, corrispondono alla verità del nostro popolo.

Ecco alcune perle, da non dimenticare. E da rileggere di tanto in tanto.

"L'Italia si divide in due parti; una europea che arriva all'incirca a Roma e una africana o balcanica che va da Roma in giù. L'Italia africana o balcanica è la colonia dell'Italia europea".

"In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio".

"In Italia l'uomo è sempre poligamo e la donna poliandra (quando può)".

"In Italia non si può ottenere nulla per le vie legali, nemmeno le cose legali.Anche queste si hanno per via Illecita: favore, raccomandazione, pressione, ricatto, eccetera".

"I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi".

"Non bisogna confondere il furbo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui".

"Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo".

"Segni distintivi del furbo:pelliccia, automobile,teatro, restaurant, donne".

"I fessi hanno dei princìpi, i furbi soltanto dei fini".

lunedì, agosto 25, 2008

Filosofi e zingari

"A ventanni, giurai a me stesso di essere fedele alla mia giovinezza".
"Gli uomini ?
Più che alla vita, sono attaccati ai suoi bisogni !"
(Drieu La Rochelle)





Fin da piccolo mi accorsi di essere attratto da due tendenze o
correnti filosofiche che parevano tra loro opposte o contrastanti: il pessimismo cosmico ed un allegro edonismo.

Leggerezza e catastrofismo.

Col crescere e maturare, compiendo finalmente gli studi superiori, mi avvidi che i due aspetti della mia personalità potevano convivere, anche perché non erano convinzioni nuove, rispetto alle speculazioni del pensiero più elevato che altri più appropriatamente avevano esercitato.

Giordano Bruno affermava di sé:
sono ilare nella tristezza e triste nell'ilarità.

Quale sintesi migliore per un'anima complessa come la mia?

Ad essa doveva presto aggiungersi, con il matrimonio ed un lavoro stabile, un terzo inquietante fattore di riflessione e d 'inquietudine: la
monotonia.

La conoscenza più incisiva di Schopenhauer, seguita alle prime letture liceali, mi aveva donato, infatti, una nuova consapevolezza.
Il mio essere constatava la veridicità dell'intuizione del grande saggio, il quale paragonava l'esistenza ad un pendolo,
in perenne oscillazione tra l'angoscia e la noia.

Insomma era scomparsa, con l'età adulta, l'attitudine all'epicureismo e mi trovavo avviluppato nel bozzolo piccolo- borghese (che le circostanze, quasi inavvertitamente, avevano tessuto per me) del lavoro e della casa, della casa e del lavoro, in un universo chiuso, ormai, alla fantasia, all'immaginazione, alla creatività, alla libertà, alla poesia.

Lo spirito d'avventura, tipico dell'adolescenza e della giovinezza, si addormentava nella spirale del tran- tran quotidiano del
primum vivere, deinde philosophare, costruito paradossalmente, con una ferrea logica filosofica, grazie all'insegnamento di maestri ineccepibili, nell'inevitabile processo di acculturazione del mio spirito.

Finché un giorno...

Quasi per caso, lungo il tragitto che mi riconduceva tra le mura della mia sicura e tranquilla abitazione, m'imbattei in una compagnia di zingari.
Questi, in un parco, ai margini della via, si esibivano, in quel momento, in spettacoli fantasmagorici, nei quali esprimevano le loro abilità ed il loro estro al suono trascinante di violini e chitarre, tamburi, fisarmoniche e clarini.
E danzavano in continuazione in circoli sempre più ampi di persone, coinvolgendo anche i più tiepidi, tra gli spettatori, in un'assordante allegria.

Una bella fanciulla dagli occhi di fuoco mi prese per mano e si fece accompagnare in una serie di balli divertenti e un po' malinconici ad un tempo, e quella musica mi riportò all'adolescenza ed ai suoi sogni dipinti d'azzurro come il cielo ed il mare, alla voglia di viaggiare per paesi e continenti, al desiderio di conoscere attraverso la gente e le persone, la natura ed i paesaggi, quale verità abita questo mondo, riuscendo a strappare finalmente il velo del mistero che sempre ci avvolge.

E, tutto d'un tratto, capii quello che avevo abbandonato per diventare un uomo istruito, educato alla responsabilità, ai doveri individuali e sociali, un esemplare umano del tutto addomesticato:la preziosa essenza della vita.

Fui abbagliato da quella illuminazione e , al termine della sarabanda, con gli echi della festa nelle orecchie, saltai sul carro dell'affascinante donna, che avevo stretto durante tutto il tempo, unendomi a quella meravigliosa
carovana, diretta ad Arles.


venerdì, agosto 22, 2008

Sardegna Arcaica




Proprio in questo periodo di flagello turistico, in cui tengono banco le polemiche tra la Santanché e Briatore sul primato della cafoneria al Billionaire, il locale più in di Porto Cervo, di cui sono entrambi soci, consentiteci di allontanarci dall'atmosfera mondana e volgaruccia della Costa, per fare una breve puntata a Siligo, un paese dell'interno della Sardegna, sede di un moderno planetario ed appartenente al Logudoro, antico granaio dei tempi dei romani , dove ancora si coltivano gli usi antichi, si ammirano paesaggi meravigliosi e si conserva una natura incontaminata e rigogliosa. La cittadina ebbe la ventura di dare i natali alla cantante Maria Carta, ormai scomparsa, alla quale ha dedicato un museo.
La sua bellissima voce è incisa nella memoria dell'Isola più vera ed autentica, quella che mantiene ancora, nonostante un certo turismo mordi e fuggi o, semplicemente consumista, o da neo-ricchi snob e triviali la incontaminata nobiltà.
Ci piace richiamare l'Ave Maria, cantata da Maria Carta in lingua sarda, derivata dal latino, è un simbolo di quella terra arcaica che sopravvive alla mondanità, ai guasti della politica, al decadimento del buon gusto, alla mancanza di educazione, alla perdita del senso della bellezza e al tramonto dell'eleganza e della sobrietà dei costumi.
Niente di meglio farvi riferimento in questo mese, denso di significati culturali e spirituali, contro lo sbracamento selvaggio e barbarico dei gavettoni e dei night, turpi raccoglitori di rumori e persone sguaiatissime ed incolte.

mercoledì, agosto 20, 2008

Rompere i tabù...








L'ex ambasciatore Sergio Romano, commendevole editorialista del "Corriere della Sera", autorevole saggista in materia di politica estera,
si è presentato ad un pubblico dibattito, nel clima mondano di Cortina, con abbigliamento sportivo ed un tono talmente disinvolto, che è difficile riconoscerlo come il togato commentatore politico, avvolto diuturnamente nell'aplomb dell'ex diplomatico.

La sorpresa aumenta allorché Egli comincia a dissertare dei tabù e riconosce ormai l'indiscutibile necessità di abbatterli.

Sono tesi sovversive cui non è aduso uno scrittore proclamatosi conservatore urbi et orbi in plurime occasioni. Dichiarazioni che si accompagnano a modi significativi d'interpretazione del rivoluzionario concetto.

Infatti, dinanzi alle telecamere puntate sul suo viso, in una breve pausa della propria esposizione, il Romano comincia a grattarsi platealmente l'orecchio sinistro, con l'indice ben teso dentro il padiglione auricolare.

Fino a qualche tempo fa, avremmo giurato sulla sua incapacita costituzionale di azzardare un gesto del genere. Ma si sa. La società si evolve in continuazione e, quindi, anche i costumi degli ex ambasciatori mutano velocemente, eliminando anch'essi qualche tabù dal loro comportamento.

Di lì a poco, l'illustre giornalista, peraltro, si contraddice pesantemente.

Mentre afferma, come corollario dell'idea precedente, che i tabù non possono rompersi tutti insieme, ma solo uno alla volta , appena terminata la frase, si assiste alla continuazione dell'operazione di grattamento, con rapido passaggio dall'orecchiuo al naso.

Eccolo infatti dirigere la sua attenzione alla punta del suo aquilino, che viene catturata con forza dalla concomitante azione del pollice e dell'indice della stessa mano destra, per procedere a stropicciamenti e strizzature, fino ad acquietarsi, dopo interminabili minuti, in uno storcimento finale delle froge rimaste miracolosamente indenni d perdite di sangue.

Si rimane a bocca aperta di fronte alla spettacolarità della scena ed alle difficoltà che perfino personalità temprate incontrano nella vita quotidiana a mettere in pratica principì elevati come la dissoluzione contemporanea di più divieti

sabato, agosto 16, 2008

Ai trasformisti di tutti tempi




Si è sempre detto che uno dei vizi nazionali è il trasformismo.

Purtroppo vero come ben sapeva il Trilussa,il quale, da par suo, ha descritto anche questo difetto italico, presente massicciamente nel nostro paese fin dai tempi dell'unificazione.

E' da un po' di tempo che quasi tutti gli esponenti di quasi tutti i partiti si dicono liberali, dall'estrema sinistra all'estrema destra.


Non posso giurarci, ma forse lo stesso Toni Negri non esiterebbe a definirsi tale, se potesse farlo impunemente.


Ho assistito ad una tavola rotonda sul sessantotto, e pareva che parlassero di un Dinosauro.

Invece è quell'animale primitivo è ancora tra noi: quella mentalità, allo stesso tempo, fondamentalista ed opportunista, che ha permesso a chi predicava, prima, la rivoluzione da salotto e, poi, il terrorismo e la lotta armata, ha consentito a molti ex rivoluzionari e progressisti di attraversare tranquillamente il guado e di fare carriera per sedersi in poltrone comode e redditizie all'interno dell'attuale establishment, come se niente fosse.


Ed ognuno si definisce ora

liberale, dimenticando il tempo in cui il termine equivaleva per lui e gli altri compagnucci ad una bestemmia.


Ma la libertà una categoria dell'animo e va ben al dilà delle ideologie, dei partiti, delle consorterie, dei club e dei traformismi.


Ci auguriamo che le parole di Trilussa possano servire ad individuare, a tutti i livelli, chi è autenticamente liberale nello spirito e nell'intelletto, nell'antica accezione umanistica, da chi non lo è e non lo sarà mai, nonostante i travestimenti ed i salti della quaglia in soccorso del vincitore, come diceva Flaiano.




"La cornacchia libberale"


Una cornacchia nera come un tizzo,
nata e cresciuta drento 'na chiesola,
siccome je pijo lo schiribbizzo
de fa' la libberale e d'uscì sola,
s'infarinò le penne e scappò via
dar finestrino de la sacrestia.

Ammalappena se trovò per aria
coll'ale aperte in faccia a la natura,
sentì quant'era bella e necessaria
la vera libbertà senza tintura:
l'intese così bene che je venne
come un rimorso e se sgrullò le penne.

Naturarmente, doppo la sgrullata,
metà de la farina se n''agnede,
ma la metà rimase appiccicata
come una prova de la malafede.
- Oh! - disse allora - mo' l'ho fatta bella!
So' bianca e nera come un purcinella...

- E se resti così farai furore:
- je disse un Merlo - forse te diranno
che sei l'ucello d'un conservatore,
ma nun te crede che te faccia danno:
la mezza tinta adesso va de moda
puro fra l'animali senza coda.

Oggi che la coscenza nazzionale
s'adatta a le finzioni de la vita,
oggi ch'er prete è mezzo libberale
e er libberale è mezzo gesuita,
se resti mezza bianca e mezza nera
vedrai che t'assicuri la cariera.
(Trilussa)

mercoledì, agosto 13, 2008

La lumachella della vanagloria


Dedico una poesia di Trilussa ai tanti che, nella vita quotidiana e nel web, assatanati dal morbo del presenzialismo, non si preoccupano di essere ridicoli, con la smania di esserci a tutti i costi.
 
Quanta smania rilevate, a volte, in alcuni personaggi, che, pur di essere considerati presenti, si affaticano in giravolte, smancerie, complimenti senza senso, auguri ed auspici... per una sempre maggiore gloria di se stessi...
 
Ci sono blog addobbati come alberi natalizi, o peggio, come un costume di Arlecchino.
 Variopinti colori su tanti triangoli di stoffa, di proprietà altrui, raccolti di qua e di là,rappezzati alla bell'e meglio, nella speranza di una citazione o almeno di un saluto di cortesia.
 
Per non parlare dei meschini mercanteggiamenti, negli scambi di link, o fasulli riferimenti a post senza qualità.
I vizi della società si riversano in internet come in uno specchio.
 
Trash e vaniloqui sui quali riflettere per rendersi conto della nostra infinitesima importanza.
 
C'è chi ricorre all'insulto gratuito, all'attacco diretto, alla polemica spicciola e senza costrutto,
 alla volgarità e all'offesa pur di essere ricordato.
 
Quanta gente afflitta dal complesso dell'anonimato tentano di farsi notare: esibizionisti, psicolabili, semplici presuntuosi, scocciatori di oraziana memoria,poetastri, mestatori !
 
Per essi vale la magistrale descrizione del poeta nei seguenti versi.
 
"La lumaca"
 
La Lumachella de la Vanagloria,
ch'era strisciata sopra un obbelisco,
guardò la bava e disse: - Già capisco
che lascerò un'impronta ne la Storia.
 
(Trilussa)


lunedì, agosto 11, 2008

Solgenitsyn: riflessioni su Russia ed Europa





Ho letto una bella intervista al Prof. Victor Zaslavsky, docente alla Luiss, di Stefano Magni, su l'Occidentale (
http://www.loccidentale.it /) , nel quale si rievoca la figura di A.Solgenitsyn.
In essa vengono richiamati anche i rapporti dello scrittore con V. Putin ed alcune consonanze di pensiero sullo Stato russo.
Ho esposto alcune osservazioni che riporto di seguito.
E' certamente difficile districare, dal pensiero di Solgenitsyn, quanto di valido la sua visione del mondo sia destinata a mantenere nella dialettica contemporanea, soprattutto in rapporto a fenomeni problematici come la globalizzazione e l'assenza, sulla scena mondiale, dell'Europa come soggetto politico unitario.
Alcuni criteri di valutazione dello scrittore possono essere comunque utili ad una riflessione critica sulla "omologazione" in atto nei paesi europei ed extraeuropei e sui danni del "mercatismo", frutto (parrebbe) di un'alleanza tra politiche di sinistra e capitalismo senza regole.
L'aspirazione ad uno stato unitario, che non sia schiavo di una visione "economicista", attualmente prevalente, e mantenga al suo interno identità culturali differenti, ma non opposte, dovrebbe costituire un progetto politico per gli europeisti convinti e per i paesi dell'Est, che tardano a trovare un coagulo sia economico che politico, senza rischiare fughe centripete, dissoluzioni, disfacimenti, confusioni culturali e nuovi conflitti.
Quello che manca ancora alle sfere europea e post-sovietica è una "volontà comune di programma" per usare un concetto caro ad Ortega y Gasset.
In questo senso, mentre la concezione dell'intellettuale-simbolo della dissidenza conserva tuttora una forte valenza spirituale, pur con i suoi limiti di rigidità e di utopismo, all'occidente europeo difetta una lucida,organica e coivolgente idea del futuro da realizzare.






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sabato, agosto 09, 2008

Giuseppe Tucci e l' Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente









Un appello contro lo scioglimento dell'Istituto del Prof. G.Tucci

Contravvenendo all'attitudine antifirmaiola, ho sottoscritto oggi la lettera che l'IsiAO, fondata dall'eminente orientalista Giuseppe Tucci, ha indirizzato al Presidente della Repubblica per impedire lo scioglimento della fondazione, apprezzatissima a livello internazionale e benemerita per le ricerche e gli studi scientifici sull'Africa e l'Oriente (fra l'altro, fondamentali sono tuttoggi i lavori del Prof. Tucci sul Tibet).


Il Consiglio dei Ministri, nella corretta prospettiva di tagliare le spese, non è andato troppo per il sottile, ma una cernita, in questo settore, andrebbe fatta, per non privare l'Italia di un Ente, che continua ad arricchire la cultura e la conoscenza e si distingue anche all'estero per l' operosità e la serietà della propria attività.


Chi volesse aderire all'appello al capo dello Stato può farlo collegandosi a:

G.Tucci


http://www.giuseppetucci.isiao.it
/






sabato, agosto 02, 2008

Coup de soleil


E Borghezio, dove lo mettiamo?


L'Ansa di oggi dà notizia delle ultime affermazioni su Garibaldi da parte dell'eurodeputato Borghezio, piemontese, affiliato alla Lega Nord, distintosi in passato per alcune azioni esemplari come l'arresto illegale di un marocchino, trovato per caso sulla sua strada ed altre iniziative consimili, che lo hanno esposto un bel giorno ad alcune botte. altrettanto esemplari da parte di alcuni appartenenti ai centri sociali.


Non so se abbiate presenre il personaggio, a metà strada tra l'esperto culinario Raspelli e un rinoceronte messo in libertà in qualche oasi africana naturalista.


Sta di fatto che il Nostro non ha conseguito particolari meriti scientifici in campo storiografico, anche se da giovane ha militato nelle formazioni di estrema destra ispirate, non si sa bene perché, dal culto dei Celti.


Ora, potrebbe darsi il caso che la sua competenza sulle antiche popolazioni del Nord Europa lo abbia condotto a pensare che Garibaldi sia tuttora, un nemico da abbattere, nostante la barba ed i capelli biondi dell'eroe dei due mondi, e che quindi valga la pena di tanto in tanto di elargire, con la grazia che gli è consueta, qualche veemente insulto...
Dopo aver colto l'occasione di poterlo definire un tangentista in una trasmissione televisiva, senza mezzi termini dichiara ai giornali che Giuseppe Garibaldi politicamente era un co......
Sulla base di quali dati un giudizio simile sia scaturito dalla poliedrica mente del parlamentare non lo sappiamo, ma è certo che Garibaldi era ed è ricordato come un antipolitico.

E comunque se era un tangentista dubitiamo che fosse un c...... in politica.


Veda quindi di mettersi d'accordo con se stesso l'ingombrante eurodeputato, prima di dare spettacolo.


Questa recrudescenza nei confronti di uno dei protagonisti più popolari del Risorgimento, oltre che fuor di luogo, considerati gli studi storici più accreditati sul valore indiscutibile del suo contributo all'unità nazionale, ci pare solo strumentale, una facile propaganda ed un esercizio inutile.


Prima si diceva: guai a parlar male di Garibaldi !

Oggi siamo all'estremo opposto. Denigrarlo è come sparare sulla Croce Rossa ormai.

E qualcuno, come Borghezio, ritiene magari di poterne trar vanto.


Perché, chiediamo, non fa qualche sberleffo ai centri sociali? Ha paura di prenderle di nuovo?
Un fatto è certo.
Non saranno le ridicolaggini di un politico di periferia a togliere Giuseppe Garibaldi dalla storia del nostro paese, nella quale è entrato e vi rimarrà a pieno titolo.
Piuttosto: Borghezio dove lo mettiamo?