venerdì, maggio 27, 2005

Non ci sono più rompicoglioni

Non ci sono più rompicoglioni
E' un vero peccato!

Sapete che significa? La libertà, quella vera, interiore a ciascuno di noi sta scomparendo...Ma non è colpa del Governo né dell'Opposizione.
Noi siamo un paese che non coltiva le proprie idee. Siamo un popolo di finti anarchici.
Sembrerà strano, ma solo durante il fascismo, o poco prima e poco dopo, abbiamo assistito ad autentici campioni di anticonformismo, magari versipellista, ma sempre devoto al libero pensiero e contro i potenti del momento.
Dopo L'Asino di Podrecca, l'Omnibus di Longanesi, l'Universale di Ricci, Il Candido di Guareschi, Il Borghese di Tedeschi, L'Uomo Qualunque di Giannini Il Mondo di Pannunzio, L'Espresso di De Benedetti, avete avuto più traccia di giornali controcorrente?
No.
I cosiddetti news magazine, importati dall'area anglosassone, non rispondono più né a strapaese né a stracittà, né al futurismo, né al cosiddetto qualunquismo.
Sono belle imitazioni di periodici allineati con l'establishment.
L'ultimo esempio di rompicoglioni - ammesso poi nei salotti buoni, una volta impostosi all'opinione pubblica - è stato Montanelli con "Il Giornale"e con "La Voce".

Dopo, l'arido deserto, in cui si aspetta ancora che qualcuno chiami. Fuori del coro stereotipato e banale della stampa e della televisione.

Tutto è bipartisan, ma rigorosamente conformista ed insulso.
Finito il tempo delle brillanti eresie, siamo giunti al trionfo della più strenua ortodossia della mediocrità.

giovedì, maggio 26, 2005

Sorella scimmia

Fa un certo effetto scoprire che fior di matematici e ricercatori scientifici, filosofi cognitivi e tuttologi di varia provenienza massmediologica s'infervorino oltre misura per celebrare i primati e gli scimpanzé per decretare la fine dell'antropocentrismo.

E' una sorta di autoflagellazione masochistica contro l'uomo e la sua storia recente e passata, per magnificare al contrario la scimmia antropomorfa, già compiuta nella sua perfezione evolutiva.

Io non ho nulla contro gli oranghi, né contro i delfini o gli elefanti.
Posso capire che l'uomo sia una specie diversa , una componente a se stante nell'evoluzione. Ma, questa crociata che i vari logici matematici, biologi, genetisti ed i cosiddetti cognitivisti contro la presunta (?) prevalenza culturale dell'uomo ed il suo diabolico voler essere al centro dell'universo, mi lascia piuttosto perplesso.

Mi fa sorridere l'affermazione di Oliviero Toscani, il quale, senza tante sottigliezze morali, ha utilizzato i più vari soggetti per trasmettere immagini pubblicitarie a volte di dubbio gusto, sentenzia l'assolutezza della regola del rispetto delle scimmie, bandendo ogni comportamento sarcastico nei loro confronti ed aborrendo l'uso della loro immagine a favore di qualche marca di carburante.

Nobile intento senza dubbio, ma mi domando se altrettanto farebbe con qualche facile umano soggetto tolto dalla strada, senza grande intelligenza od istruzione, a cui avrà probabilmente fatto riferimento, nel corso della propria carriera, in vista di fini meramente speculativi in materia pubblicitaria.

Mi pare che l'egualitarismo senza costrutto stia affrontando nuovi orizzonti, per esercitare al meglio la propria influenza in tutti i settori dello scibile. Forse al solo scopo - come ha affermato, in un un dibattito recente sull'evoluzione, un'accanita (spero non si offenda... per il riferimento ai nobili animali discendenti dai lupi) giornalista di rete - di voler mettere i piedi nel piatto.

Io ritengo che l'uomo sia un mix di male e bene ed ho molto riguardo per la natura, l'ambiente e l'evoluzionismo, ma non sono ancora dell'idea di dovermi genuflettere di fronte alla scimmia, né di doverla considerare a tutti i costi una sorella, per darle l' attenzione che merita.
Con tutta la simpatia per questi animali, che ho cominciato ad amare grazie ai film di Tarzan, immancabilmente accompagnato dalla tenera e lucidissima presenza di Cita o Tamba, non mi ritengo inferiore ad essi, come qualche genio dell'informazione cerca di fare, con apodittiche e stupefacenti affermazioni. Come quelle relative, ad esempio, alla minore intelligenza del bambino di tre anni allorché gioca con se stesso e ride a bocca aperta, a differenza del più evoluto scimpanzé, il quale, invece, nelle proprie ludiche esperienze, mantiene, con discreta eleganza, la faccia rilassata ed un sorriso appena accennato.

Mi diverte molto sentire annunciare, al contrario, che alcune specie di americani hanno sicuramente un grado inferiore di capacità intellettiva, in quanto, nell'ambiente di lavoro, di solito muovono, semplicemente e lievemente, i muscoli della bocca, per adempiere al dovere di assumere la cosiddetta espressione della sottomissione al superiore, atteggiamento tipico delle scimmie rilassate...ed evidentemente dotate, a paragone loro, di elevate qualità conoscitive.

Credo che ormai l'idiozia umana sia senza confini.
Ed allora sì, eccomi d'accordo nel posporre agli oranghi la classe degli scienziati incommensurabile nei propri inimitabili vocalizzi, gli eccelsi balbettii e gl' insuperabili grugniti.

I jeans non si addicono a Sofocle


A Siracusa, nell'antico anfiteatro greco si recita Antigone sotto la regia di Irene Papas.
Gli attori recitano in panni antichi, senza nessuna concessione alla modernità.

Chi ha detto che teatro classico debba essere aggiornato ai tempi attuali, con mascherature senza senso di attori e linguaggio.

Finalmente la nota attrice, a giusto titolo orgogliosa della sua patria culturale, nell'allestimento della grande opera di Sofocle, rifiuta i jeans ed altre volgarizzazioni di un testo splendido come al tempo in cui nacque.

Il pubblico è intelligente e i testi consegnati all'arte una volta per tutte sono di per sé contemporanei, perché durano nel tempo.

mercoledì, maggio 25, 2005

Città antimafia?

Leggo dai giornali che c'è stata una manifestazione dei sindacati a Lamezia, all'indomani del voto amministrativo, per decretare che quel comune è contro i mafiosi, dopo esser stato commissariato proprio perché inquinato dalla mafia.
Ci possono essere città antimafia?

Se lo ammettessimo dovremmo anche dire che ci sono città pro-mafia.

Il realtà questo fenomeno criminale è talmente sommerso e trasversale, che non ci possono essere certificati di autenticità, rilasciati a priori, sulla parola o sulle petizioni di principio.

Se non a mandato adempiuto, o working progress, si potrà stabilire se l'amministrazione ha agito correttamente.

Sono un po' dubbioso sul ricorso allo sciopero o alle manifestazioni programmatiche, trionfaliste ed esultanti per i risultati del voto, quanto mai sfuggente non solo nel sud.

Diffido, perché ho sempre presente l'ammonimento di Leonardo Sciascia sui professionisti dell'antimafia, che in effetti, anziché combattere contro il crimine, combattevano per la propria carriera.

Ci auguriamo che i fatti diano ragione ai proclami.

venerdì, maggio 20, 2005

Bolle di sapone

Che strana sensazione a pensare che il mondo è solitudine eterna.

Veramente ci si sente un po' desolati e senza radici: tutto appare inutile e ripetitivo nei secoli dei secoli.

Da quando ho cominciato a rileggere Bertrand Russell e il suo "Matrimonio e morale", mi pare che tutto sia vano nella nostra vita. E' possibile che siamo organismi programmati per stare in questa esistenza per un certo numero di anni e poi ci perdiamo come una bolla di sapone, senza lasciare traccia, né passato, né avvenire.

Ci hanno insegnato tante di quelle cose a scuola, in famiglia, e poi i libri, le persone che incontriamo: sembriamo condividere un solo destino e invece?

Nulla di tutto quello che è entrato nel nostro patrimonio di idee e di credenze si dimostra fondato scientificamente, come suol dirsi.
Ci sentiasmo inutili e sperduti nella galassia dell'universo, come stelle di passaggio, ma che dico stelle, un pulviscolo di cenere che vola via in men che non si dica.

Ammiro coloro che hanno la forza di attenersi alla realtà di questa constatazione e sanno impostare la loro quotidiana esperienza in questa prospettiva di estremo relativismo.
Forse gli unici veri saggi, i soli coraggiosi sono loro.

giovedì, maggio 19, 2005

La lanterna del filosofo

Sono anni che leggo con profonda attenzione Guido Ceronetti, puparo illustre, illustre traduttore, illustre scrittore.
Apocalittico consolatore delle nostre notti e delle inquietudini contemporanee, non manca di stupirmi per la sua acutezza e per le verità che espone in estrema libertà.
Ho colto al volo un passo del suo ultimo libro in cui raffronta la carne dell'uomo che cammina, con la prigionia del metallo dell'automobile, la quale, in nome della democrazia, ha reso schiave le masse.
Stupenda riflessione, da leggere a voce alta nelle nostre scuole elementari.
Di colpo potrebbe farsi a mano di due o tre maestri elementari - laureati, che seguono, con distrazione, le generazioni di domani e che dubitiamo possano educare come i maestri di una volta.
Orbene, Ceronetti è uno di questi maestri, però a malapena viene letto e divulgato.
Anzi è un miracolo che possa ancora scrivere e pubblicare.

lunedì, maggio 16, 2005

Caro Emanuele

Caro Emanuele Macaluso,
non posso dire di non averti apprezzato spesso sia alla radio che in tv e sui giornali.

Credo tu sia uno dei pochi testimonial del crollo del muro di Berlino che non abbia perso la lucidità e la moderazione, transitando o all'estrema destra o all'estrema sinistra, a causa dello shock post comunista.

Nel darti atto di ciò, però devo dirti con tutta franchezza che il tono usato alcuni giorni fa, sul Riformista, a proposito della crisi del governo mi è parso un tantino saccente e poco ecumenico.

Non mi aspettavo soprattutto che rivolgendoti a Gennaro Malgieri, onesto organizzatore culturale dell'altra sponda, tu lo appellassi "povero", per lo sforzo che compie nell'alimentare un dialogo non banale con il politically correct incarnato da te medesimo e ciò che rimane della vecchia rivista Rinascita,da tempo introvabile perfino negli archivi più assortiti del nostro paese.

Non mi è piaciuta l'etichetta povero, perché suona classista ed antidemocratica e non dovrebbe mai essere pronunciata da un intellettuale della tua tempra che della bandiera della povertà ha sempre fatto un vanto.

Che avrebbe dovuto rispondere il direttore di Percorsi?
Povero sei tu, perché ormai non hai più che il libero e socialtraditore Riformista, quotidiano, né di destra né di sinistra, che ti ospita ed accoglie con generosità i tuoi ragionamenti da anziano leninista un tantino demodè.

Perché la Gabanelli non sorride un po'?

Un po' riluttante, dietro sollecitazione di una carissima amica, domenica sera ho guardato Report, la trasmissione di Rai Tre, ancora impegnata in un' inchiesta sui sistemi sociali di Italia ed Usa, e dedicata in particolare ieri adn un raffronto tra le istituzioni e le comunità religiose dei due paesi.

Non mi aspettavo alcuna obiettività, quindi non mi sono sorpreso a veder confermato il taglio sessantottardo (tardo o tardivo sessantotto) dei servizi giornalistici.

Il Nord America è il paese dei soldi, dove solo chi è ricco può permettersi tutto, perfino l'andare in chiesa da predicatore.

In Italia sussistono disparità e gravi discriminazioni a favore della religione cattolica.

Nel corso del programma, tanto per scherzare un po', sono stati additati al pubblico ludibrio quei cattolici (circa due milioni ) che, piuttosto che star fermi dentro le parrocchie, si muovono nella società, assumendo iniziative benefiche o facendo proselitismo o volontariato, ma il clou della serata è stata l'intervista a due giovanissime fan dell'ultimo papa, intervistate a caldo, con il garbo di un anatomo-patologo, in materia di aborto, preservativi, aids e via ammorbando il clima festoso della prima apparizione pubblica di Benedetto XVI.

Non è neppure mancata la ciliegina sulla torta con le domande ingenuamente rivolte ad una pretessa evangelica sulle propensioni omosessuali di uomini e donne, fedeli o no, comunque giudicate assolutamente naturali.

Se esistono, vuol dire che sono naturali, no? Ha affermato candidamente e fermamente la sacerdotessa valdostana, al settimo cielo per poter contestare la chiesa romana.

Certo, la ministressa deve avere le idee molto chiare in materia di sesso.

Ma forse qualcuno dovrebbe spiegarle che, se un giovanotto si diverte a violentare e massacrare donne e bambine, come dimostrano casi anche recentissimi, compreso quello del super pentito Angelo Izzo, probabilmente, non tutto ciò che accade è naturale (il quale ricorda vagamente l'antico assioma hegeliano: tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale, con le conseguenze in termini di totalitarismo delle idee che conosciamo).

Sono stato, peraltro, in spasmodica attesa di vedere la Gabanelli commentare, di stacco in stacco.
Non tanto per centellinarmi le sue risapute osservazioni sullo stato di decomposizione dell'Occidente, marcio e puzzolente, quanto per vedere, almeno una volta, affiorare sul suo viso, così plastico e marcato, l'accenno di un sorriso, se non con le labbra, almeno con gli occhi.
Macché.

Questa brava donna, o si è imposta una maschera, o è proprio nata e cresciuta con un volto tanto duro, con occhi così carichi di rimprovero, ed una bocca costantemente atteggiata al disprezzo, da farci pensare che dica a tutti noi: non crediate di spassarvela ancora per molto, luridi bastardi, prima o poi tornerà il Terrore !

Il fascino del golf

Non avrei detto quanto potesse contare, nell'immaginario femminile, il gioco del golf.

Vagamente avevo percepito, in passato, che qualche donna, fra gli altri sport, potesse praticarlo, allorché una mia conoscente , mi disse di frequentare un circolo in Costa Smeralda e di partecipare ad alcune gare di livello non dilettantistico, ma ero rimasto scettico sulle capacità di attrazione che palle e mazza avessero sul gentil sesso.

Il motivo derivava dalla constatazione che la mia interlocutrice, in quel club, ci lavorava come commessa di boutique e, quindi, l'ansia di ascesa sociale l'aveva spinta ad impegnarsi in quell'attività sportiva, nella speranza d'incontrare qualche maturo e facoltoso signore, che potesse riscattarla, se non dal proprio snobismo, almeno dalla faticosa necessità di lavorare.
Ho dovuto ricredermi, recentemente, incontrando, a casa di amici, due leggiadre signore, le quali di fronte alla mia affermazione di giocare al golf, fin dal tempo dei calzoni corti sono rimaste letteralmente soggiogate, inchinandosi fin quasi all'altezza dei miei mocassini Tod's.
Mi piantavano gli occhi un po' dappertutto - come se fossi l'Aga Kan in persona - e non finivano di accarezzarmi con sguardo adorante, al punto che, per togliermi d'imbarazzo, dovetti loro dire che non era vero, avendo voluto scherzare un po'.
Non vi dico la delusione, dopo.
Come si fa a burlarsi del prossimo, inventandosi di praticare uno sport così serio?

Prendersi gioco di due fanciulle, anche se non più in tenera età, per portarsele a letto?

Per mia fortuna so, che i veri gentlmen molto discretamente esercitano il golf e poco o punto lo comunicano coram populo, trovandosi ormai circondati da una moltitudine di benestanti macellai, adusi più che andar per buche a squartar manzi.
Costoro, infatti, sono divenuti, facendosi strada a coltellate, detentori di un appartamentino condominiale vicino al Pevero, realizzato - manco a farlo apposta - negli anni dell'assalto dei palazzinari romani sulle terre, un tempo consacrate dal gusto elegante dei Vietti e dei Busiri Vici, ora devastate da un esercito di minus habens in fregola di promozione sociale, e ad essi l'iscrizion al circolo del golf viene accordata quasi d'ufficio, contribuendosi, in tal modo, a dequalificare l'ambiente e le attività sportive.

Ma le donne - specialmente quelle afflitte da sindromi della mezz'età - dopo aver constatato che non fa più tendenza né il tennis, né la danza cosiddetta classica, né lo yoga o il cinema d'essay, come potrebbero sopravvivere ai propri sogni inesauditi?

Vuoi mettere incontrare un vero signore, ricco, affascinante, intelligente, colto, generoso, il quale- estratti, con ineccepibile carisma, dalla propria griffata sacca sportiva, tutti i bastoni disponibili - possa finalmente farle sentire delle vere regine?

domenica, maggio 15, 2005

Vorrei la pelle nera

Sì, lo so: il titolo riecheggia una celebre canzone dell'indimenticabile Nino Ferrer, ma è utile per indicare lo stato d'animo di un occidentale un po' scettico sulle sorti della propria civiltà, visibilmente in decadenza.

Confrontandosi con il viso depresso od enigmatico, gli occhi spenti, la testa bassa, per chissà quali nefandezze della storia passata, l'uomo europeo si sente insoddisfatto ed insicuro.

Nutre sensi di colpa indicibili e mentre afferma a gran voce che il relativismo la democrazia il pluralismo sono gli unici criteri corretti per la pacifica e civile convivenza tra i popoli, segretamente ammira le folle che si affacciano ai confini della sua vecchia patria.

Masse vitali, persuase di avere la forza di vincere, sicure dei propri convincimenti religiosi e politici, se non teocratici, destinati prima o poi a dominare il mondo.
Ecco perché vorrei la pelle nera.

Anche per gli europei stanchi, ridotti a soggiornare sulle rovine delle antiche vestigia, pascolando e brucando senza meta, in attesa di nuovi pastori, che sappiano guidarli o almeno tenerli in custodia per non dover pensare al futuro.

Carlo Michelstaedter

Per fare la grandezza di un pensatore basta un solo libro.
Se questo libro poi è stato scritto con profetica lucidità da giovane ed ha la profondità di un capolavoro, rimane un punto fermo per l'interpretazione di un periodo storico e della sua crisi.

E' il caso del filosofo goriziano Carlo Michelstaedter, uno dei più acuti osservatori della realtà sociale del primo novecento, interprete solitario e disperato del suo tempo, presago della decadenza europea in prossimità della prima guerra mondiale.

"La persuasione e la rettorica" è un'opera che colpisce drammaticamente l'animo di chi legge, per il dolore infinito che la pervade, la coscienza del pessimismo cosmico che accompagna ogni sua pagina e il fascino della lacerazione dello spirito individuale e collettivo nell'epoca della fine dell'Europa come soggetto politico.

Ora vede la luce "Sfugge la vita, Taccuini ed Appunti" del geniale intellettuale mittleuropeo e, mediante questa piccola opera, acquisiamo un notevole contributo di conoscenza della sua personalità, delle sue idee e della visione del mondo, trasfusa compiutamente ed organicamente descritta nel rigoroso saggio principale.
Vale la pena di legerla per apprezzare meglio la sofferente, sensibilissima e complessa umanità dello scrittore.

Turismo benefico

Fino ad un certo punto capisco quelle persone che partono in missioni di volontariato all'estero per brevi periodi di permanenza in località esotiche, delle quali sanno poco o nulla di usi e costumi di vita.

Mi chiedo quanto possa essere proficuo soggiornare per alcune settimane in paesi sottosviluppati per portare il proprio contributo di solidarietà(apprezzabile) e magari si trascurano i parenti prossimi o i vicini di casa o gli amici in difficoltà nel proprio paese.

Posso sbagliare, ma ho l'impressione che, in molti casi, si tratti di turismo benefico (per se stessi) e di una comoda e trendy tacitazione della propria malsicura coscienza.

sabato, maggio 14, 2005

Grillo il censore

Non è la censura dei mass media nei confronti di Grillo, ma Grillo che censura.

Salvo errori od omissioni, ho scoperto per caso il blog di Beppe Grillo e mi sono avventurato a mandargli un commento, per un post relativo alla violenza negli stadi.

Ho eseguito tutte le operazioni richieste e poi, l'indomani, sono andato a rileggere quello che avevo scritto ( niente di particolare, ma non ero d'accordo con la sua valutazione degli avvenimenti): ebbene, il mio breve giudizio, sul teppismo nei campi di calcio, non era stato pubblicato.

E' strano che un martire della censura, di cui ho sempre apprezzato il senso dell'umorismo e l'autoironia, indipendentemente dall'ideologia che predilige, abbia cancellato la mia osservazione.

Un campione della libertà d'espressione, quando non è d'accordo con gl'interlocutori, fa sparire le opinioni non gradite?

Quis custodiet custodes?

Il reggimento parte all'alba



E' il titolo di una serie di racconti, tra i più recenti, del grande Dino Buzzati.

La narrazione è pur sempre un po' surrealista, un po' metaforica, un po' simbolica. Sempre suggestiva e malinconica, allo stesso tempo aerea, limpida e fresca come l'aria della montagna da lui tanto amata.

Il libro è una summa del pensiero dello scrittore bellunese, noto per un capolavoro come il Deserto dei Tartari, ossessionato dal pensiero della fine in ogni pagina dei suoi libri e dell'attesa indefinita di avvenimenti, che abbiano la forza di riscattare l'esistenza in un empito vitale ed eroico, paradigmatico.

Romanziere borghese, quant'altri mai, ha portato nella sua scrittura ordine mentale, precisione concettuale e discrezione dei sentimenti con la custodia dei valori tipici della classe media di una volta, quella che aveva fatto l'italia e l'aveva ricostruita nel dopoguerra, animata da uno spirito sobrio ed elegante, pudica ed onesta, legata alla tradizione dei padri. Ormai inesistente.

Una ceto, compresso tra il capitale e il proletariato, destinato ad essere combattuto, per motivi opposti, da entrambe le classi estranee all'unità della nazione, poco avvezze ad onorare la poesia dell'impegno civile, al servizio disinteressato dello stato e della comunità, più con l'esempio e la laboriosità, che con gesti plateali, esibizioni da parata, rivendicazioni esasperate.
Ho amato Buzzati fin dal tempo del liceo.

Rimane un esempio di fine letterato e di artista raffinato, un giornalista esemplare, un uomo straordinario nella varietà degli interessi culturali e nello stile di vita.

venerdì, maggio 13, 2005

Il cuore di un amico



Dopo qualche giorno di assenza dalla mia dimora, posso ben dire, date le incombenze a cui ho dovuto far fronte, che alcuni vecchi concetti, in materia di amicizia, si sono rivelati ancora una volta veri, a testimoniare come la saggezza antica sia sempre attuale.

E' con somma convinzione quindi che sottoscrivo la tesi seguente - tratta da "La via del Samurai" (commento all' Hagakure, breviario e galateo del cavaliere giapponese settecentesco) di Yukio Mishima - dedicata alla sincerità dei rapporti umani.
Suol dirsi: "Se vuoi vedere il cuore di un amico ammalati".
Colui che ti è amico nei tempi felici e ti volge le spalle, come un estraneo, in caso di disgrazia o malattia, è un codardo: E' più che mai importante, quando un amico è incorso nella sfortuna, andarlo a trovare, stargli accanto, portargli ciò di cui ha bisogno. Un samurai non deve mai consentire a se stesso di estraniarsi da coloro con i quali è spiritualmente indebitato.Ecco una stregua alla quale valutare i veri sentimenti di un uomo.Ma, perlopiù, ci si rivolge agli altri quando si è nei guai, e li si dimentica del tutto quando il frangente avverso è superato.