lunedì, giugno 27, 2005

All'orizzonte sventola bandiera bianca!



Toh chi si rivede!
La celeberrima "solidarietà nazionale": un 'invenzione dei governi del compromesso storico, nei quali comunisti e democristiani collaborarono a miglior gloria della Prima Repubblica.

Un pasticcio politico-istituzionale, una confessione d'incapacità, sia per la maggioranza sia per l'opposizione, un accordo di potere da basso impero, la beffa della democrazia autentica, una farsa tutta italiana.

Ora, parrebbe che da un colloquio-intervista talune affermazioni dell'On. Bondi possano essere interpretate come una nuova possibilità per il dopo elezioni nel 2006.
Lo ritiene Angelo Panebianco che vi dedica un articolo di fondo sul Corriere, e pare attratto dall'idea di riproporre una formula che pensavamo nella Seconda Repubblica (pure imperfetta e di transizione) definitivamente accantonata.
Sembra di sognare.

Siccome in questo Paese, sostiene l'editorialista, non è possibile governare con il 51%, sia con il centrodestra sia con centrosinistra, ed incombe il declino economico della nazione, almeno per sei o sette mesi, per imporre un "programma di lacrime e sangue" (come capitò all'Inghilterra del secondo dopoguerra, applicando la scelta impopolare di W.Churchill, il quale fu, per questo, spedito all'opposizione), è necessario un accordo tra destra e sinistra, a dispetto delle estreme, per risollevare le sorti dell'Italia.

Detto in soldoni, si profila un altro pateracchio, cui comincia a prestare orecchio il Sen. Violante con una cauta apertura a proposito delle famose riforme, ancora non realizzate o realizzate solo in parte.

Ma, aggiunge Panebianco, s'è visto che le Istituzioni non è facile riformarle e tanto vale prenderne atto per non pensarci, mettendoci una pietra sopra.
Non c'è che dire. Ci aspetta un bell'avvenire.

Insomma, all'orizzonte sventola bandiera bianca!

Ma si renderà conto della tesi suicida il commentatore del Corriere?

Si parla di nuovi movimenti, di laboratori d'idee, di progetti per una nuova legge elettorale, che favorisca il consolidamento del bipolarismo e quindi una maggiore stabilità dell'esecutivo con la capacità di modernizzare l'Amministrazione pubblica e la società, e quelli che avremmo considerato gli aedi del liberalismo e della rigenerazione dell'ordinamento, gl'intellettuali moderati, nati nelle Università della Repubblica, formatisi nelle cattedrali del sapere e della Scienza politica, ci vengono a suggerire dalle pagine del massimo giornale nazionale, che non c'è speranza di cambiamento.

Dobbiamo accontentarci dello status quo, dobbiamo pensare che le elezioni saranno vinte dal centro-sinistra e che la situazione grave e drammatica dal punto di vista sociale necessiterà del sacrificio di tutti i partiti, compresi quelli di centrodestra.

Solo spalmando fra tutti i partiti le restrizioni prossime venture potremmo venir fuori del guado.

Abbiamo finalmente capito che cosa significa essere terzisti. La bella definizione riguarda l'attuale direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli: significa essere né di qua né di là, né col governo né con l'opposizione.
E così paiono adeguarsi molti pensatori al seguito.

Ma se permettete, non è la terzietà del giudice, della valutazione obiettiva ed equanime, e ci ricorda vagamente il vecchio, bieco e tragico slogan, nato nel periodo della prima solidarietà nazionale: né con lo Stato, né con le brigate rosse.
Scusate l'accostamento, ma se ci pensate bene, nella sostanza non siamo in condizione differente.

C'è chi vuole conservare l'esistente e c'è chi vuole cambiare per l'interesse generale.

L'Inghilterra di Churchill, sulle macerie di un conflitto mondiale, vinse la crisi economica, mantenendo inalterate le prerogative dei governanti e degli oppositori , nel pieno rispetto delle regole democratiche parlamentari (ma un alto senso della Patria per tutti i partiti).

Gl'Italiani, brava gente, non sono all'altezza di decidere con senso di responsabilità e di fare un'opposizione costruttiva e non distruttiva com'è avvenuto in questi quattro anni di legislatura. Hanno bisogno che i capibastone della partitocrazia si accordino tra loro per riuscire a governare.
Vogliamo un 'Italia al passo con le democrazie europee (quantomeno), o vogliamo perpetuare un sistema di compromessi e di trasformismo?

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