venerdì, settembre 23, 2005

Non tutto è perduto






Se si fosse andati al voto, dopo le regionali, per il centrodestra e per il paese sarebbe stato un massacro(li vediamo i governatori come arrancano, dopo aver esultato per la vittoria elettorale...e quanta delusione c'è fra i cittadini, che pensavano ingenuamente di riavere l'albero della cuccagna, abolito dall'euro e dal deficit pubblico ingovernabile).

Il guaio purtroppo nasce, non tanto dall'aver caparbiamente voluto finire la legislatura (il che sarebbe normale in una società dove l'alternanza politica è la regola), quanto dall'aver perso tempo dietro i giochetti di potere degli alleati, facendo perdere credibilità alla "casa delle libertà".

La rimonta sul piano dell'immagine e di un nuovo appeal presso l'opinione pubblica, anche se i margini sono stretti, rimane possibile, a condizione che il premier e gli altri leader della coalizione sappiano rendersi conto delle esigenze dei moderati, i quali vogliono una politica rigorosa sotto il profilo economico e del cammino per il rinnovamento delle istituzioni, ed un patto tra i partiti della coalizione di governo finalmente solidali, per elaborare un programma coerente da proporre alle prossime elezioni, sfruttando al massimo le contraddizioni presenti nell'"unione".
Una nota a margine dell'articolo di Angelo Panebianco sul "Corriere" s'impone.

Sembrava che il quotidiano di via Solferino avesse cessato le ostilità nei confronti del cavaliere, ma da qualche giorno esse sono riprese anche per mano d'intellettuali liberali (valga anche l'esempio di Piero Ostellino, che ha sparato a zero contro Berlusconi in un'intervista radiofonica): francamente l'atteggiamento aggressivo posto in essere dal giornale, nonostante gli errori del centrodestra, pare eccessivo e fa riflettere seriamente suilla reale indipendenza della stampa italiana.

Letteratura folk


C'è anche la letteratura folk.

Dirò che appartengono alla categoria alcuni libri scritti da autori caratterizzati da una vena creativa, che affonda le proprie origini nell'oleografia di una regione.

Costoro vogliono creare un'opera moderna e finiscono nel folclore, forse perchè non hanno maturato una coscienza profonda della cultura della loro terra, ne hanno solo assimilato gli echi e pretendono d'interpretarla a modo loro, nella convinzione di sentirla pulsare dietro le forme della modernità.

Non è così.

Si tratta di semplice imitazione. Orecchianti.

Ma tanto basta per l'audience e per lo spettacolo da realizzare per un pubblico grossolano.

Due esempi: Floris e Camilleri.

Entrambi sono scrittori folk (lo dico anche a costo di attirarmi gli strali dei lettori dei loro libri).

Ma osservate quanta distanza c'è tra loro e Satta e Sciascia.

Col folk si arriva sul palcoscenico e sui teleschermi, ma i capolavori sono tutt'altra cosa.

La legislatura è (quasi) finita


E' proprio così.

Il premier avrebbe dovuto "esplodere" da tempo, in modo da rendere chiaro all'opinione pubblica che un conto è l'interesse a rinnovare un paese, vittima ancora della partitocrazia e dei poteri forti, ed altro è coltivare i piccoli orticelli privati, mantenere le poltrone a tutti i costi, e tentare, magari, di raddoppiarle a beneficio dei soliti vecchi "professionisti" della politica.

Speriamo bene.

Ma è meglio essere un'opposizione agguerrita e compatta, piuttosto che una maggioranza da "re travicello".

E allora, che questi ultimi mesi siano l'occasione per un esame critico di quanto si è fatto, per correggere gli errori d'impostazione e per assumersi responsabilità chiare e precise sul programma da realizzare nella prossima legislatura, ammesso che gli elettori abbiano ancora la pazienza e la bontà di credere ad un centrodestra rinnovato.

E' l'ultima chance, non per un pateracchio tra partitanti, ma per schierarsi per una nuova battaglia di libertà con idee e principi e traguardi da raggiungere nell'interesse generale, non per qualche cadreghino da mercanteggiare.

martedì, settembre 20, 2005

Attento Feltri


La presenza di Feltri in un programma televisivo sul secondo canale Rai, da una parte, ci ha divertito perché il chiaro giornalista non ha perso il suo caratteristico aplomb e la sua schiettezza, anche brutale, nel rispondere alle domande della conduttrice e dei presenti, ma, dall'altra ci ha preoccupati, perché quando si cominciano a ricevere troppi elogi si rischia di essere giubilati, cioè evirati.

Stia attento Feltri.
Non dia troppa importanza al clima festoso che accompagnava la trasmissione.
Riprenda a lavorare con la solita grinta ed antipatia e ad esprimere opinioni controcorrente.
Non si lasci andare, neppure, a minime confidenze sulla sua vita privata, neanche per ammettere di aver avuto delle scappatelle di cui chiedere scusa pubblicamente alla propria moglie.
Diffidi dei mass media e non rimpianga di non essere diventato il Direttore del Corriere della Sera: quel posto non è per lui, come non lo era per Montanelli.

giovedì, settembre 15, 2005

Viva Delon !


Sarà perché appartiene ad uno dei miti cinematografici più inossidabili del nostro tempo, perché come ricordava in un suo articolo Stenio Solinas, si tratta di un personaggio colto e sensibile, controcorrente, cioè con regole etiche, che non appartengono al politicamente corretto né all'ipocrisia sociale, ma sono fieramente fondate su patti di lealtà e di amicizia, al di là di ruoli e di rendite di posizione, sarà per il suo nichilismo attivo e per l'impegno professionale profuso generosamente in tantissimi anni di carriera, solo in parte legati alla bellezza del fisico, ma piuttosto al fascino che ha saputo conquistarsi presso il pubblico europeo e no, ma Alain Delon rimane uno dei nostri prediletti, oggi più di ieri, a causa proprio della sua confessione di debolezza e fragilità, di depressione, malinconia e disperazione di fronte all'esito della sua vita non breve, intensa, drammatica, vissuta con il cuore più che con la razionalità, tanto d'ammalarsene e da sospettarne lo schianto.

Il suo desiderio di uscire dall'esistenza per propria mano, ammesso che accadrà (e speriamo che non accada), sono un estremo atto di coraggio ed un richiamo agli affetti più profondi.
Un atteggiamento che merita rispetto per la dignità ed il sentimento di profonda umanità che lo ispirano.
Ci vengono in mente le parole di Drieu la Rochelle per bocca del protagonista di uno dei suoi romanzi più affascinanti e significativi, "Fuoco fatuo": Mi uccido perché voi non mi avete amato, perché io non vi ho amato, per rinsaldare i nostri legami.So bene che si sopravvive più da morti che da vivi nella memoria degli amici...
Viva Delon!

Pacs et bonum


L'Arcivescovo di Cagliari, Cardinale Pompedda, dall'estero, dichiara che è compito dello Stato regolare i rapporti delle coppie di fatto e gay.

Sarà stupefacente per qualcuno pensare che si tratta di un'opinione nettamente diversa dalla pronuncia della CEI sull'argomento, ma è così.
E a meno di smentite o rettifiche del giorno dopo, occorre tenerne conto per valutare con obiettività le proposte di Romano Prodi, dettate senz'ombra di dubbio, a parer nostro, a preoccupazioni elettoralistiche.

Il Cardinale sardo, personaggio di non trascurabile levatura intellettaule, colto e sensibile agli afflati e alle esigenze delle persone comuni, nella diaspora generata dalla modernità anche in materia religiosa, profondo conoscitore delle società arcaiche e tradizionali come quelle della sua terra, con la consueta chiarezza priva di pregiudizi e remore, assume una posizione equilibrata e saggia, cristiana e liberale. Certamente non zapateriana.

Solo chi ragiona in termini di mercato delle vacche, non solo come Prodi, ma come alcuni leader od aspiranti leader del centrodestra, possono dirsi contrari ad una disciplina giuridica dei rapporti, da numerosi anni contemplati de facto senza scandalo, tollerati ed accettati dalla maggioranza dei cittadini e tali da non poter minare più di tanto l'istituto matrimoniale e la famiglia tradizionale.

Sul piano legislativo non si tratta d'introdurre parificazioni complete, ma soltanto di riconoscerne l'esistenza con diritti ed obblighi reciproci.
Su quello sociale, poi, quale attentato possono determinare i pacs verso le relazioni formalmente celebrate con rito religioso o civile, laddove siano fondate su lealtà e stabilità, affetti profondi, scelta convinta, solidarietà autentica?

Crediamo che l'onerovole Fini, per quanto animato da legittime ambizioni personali, non solo esprima il suo pensiero, esponendosi, ancora una volta a critiche e strumentalizzazioni, ma interpreti anche la convinzione di larga parte dell'elettorato moderato e laico, non integralista, né confessionale.

Un atteggiamento peraltro condiviso dallo stesso premier, senza necessariamente doverne fare un cavallo di battaglia per le prossime elezioni.
L'attacco sferrato, a destra, da Marcello Veneziani contro Fini, è solo apparentemente coerente con la premessa di richiamarsi ai valori della famiglia, cercando di accomunare in questa difesa della tradizione cattolica un terreno comune per guelfi e ghibellini.

Il vivace ed acuto intellettuale neo-conservatore, non tiene conto proprio di questa fondamentale distinzione, nell'ambito della cosiddetta destra, la quale non può continuare a cavalcare la tigre dei teo-con importati d'oltreoceano per accantonare quel robusto filone culturale e politico che affonda le radici sicuramente in Gentile e Dante, ma anche in Marinetti, D'Annunzio, Pound, Montherlant, Junger, per citare solo alcuni esempi di libertarismo, da ricondursi a visioni religiose (nel senso più ampio della parola) dell'uomo e dell'esistenza, senza imporsi e predicare vincoli confessionali e tendenze filoclericali, che non appartengono, a ben vedere, né alla destra storica, né a quella moderna, ma soltanto al cattolicesimo sanfedista di ieri e di oggi.

Lasciamo al Centro cattolico, la volontà di estendere i princìpi più o meno temporali della Chiesa alla società civile.
Rispettiamo la loro scelta, ma non permettiamo che vengano trascurati e manomessi i diritti individuali, presidio di libertà nei confronti degli abusi di potere confessionali o statali che siano.
Non vogliamo pensare che, la bella destra di montanelliana memoria ignori la realtà ed innalzi la bandiera della discriminazione forcaiola per le coppie cosiddette irregolari.

Sarebbe un non senso, perché le volontà soggettive e le scelte personali, se non nuocciono al prossimo, vanno rispettate e tutelate dallo Stato, anche se non siano condivisibili alla luce della dottrina religiosa.

Un insuperabile maestro come Pareto aveva diffidato, già decenni addietro, del virtuismo, legato alle piccole questioni legate alla sessualità, per incoraggiare la pratica della grandi virtù, quelle di ascendenza antica , che costituiscono ancora il tessuto connettivo dell'Occidente.

Tra le virtù civiche c'è, in primo piano, la tolleranza e la difesa ad oltranza di questo permanente valore contro i suoi nemici.

mercoledì, settembre 14, 2005

Che noia SuperquarK!



Ci scusi l'esimio Piero Angela, ma ci aspettavamo di più dalla trasmissione di ieri sera su Albert Einstein.

In termini divulgativi, a mala pena siamo riusciti a capire grossolanamente la teoria della relatività ed il busillis dello spazio e del tempo, una volta separati e poi unificati per rendere un beneficio alla fisica elettromagnetica.

I soliti fumetti per poveri scemi non ci hanno reso più stimabile il poderoso fisico ebreo-americano ed ex tedesco.

Lo hanno fatto apparire nella maniera più oleograficamente odiosa, come una specie di clown che si divertva a stupire i borghesi dell'epoca con frasi semplici e banali, a cui attribuire i connotati della genialità nascosta.

Battute da deficienti contornavano gli episodi significativi della sua carriera di scienziato, ancora oggi insuperato, ma sicuramente più lucido ed accorto anche nella vita di relazione e nelle considerazioni politiche, di quanto il programma abbia voluto far supporre.

Il feroce revirement nella costruzione della bomba atomica con le lettere inviate a Roosvelt, prima per incoraggiarlo a studiare la sua realizzazione, e poi per impedirne la prosecuzione, a causa della catastrofe che avrebbe provocato nei secoli a venire, appaiono come una favoletta dei fratelli Grimm, ed Eistein non ci fa una bella figura a passare per un povero sprovveduto, un Don Chisciotte che combatte su più fronti, per la democrazia, la libertà e la pace contemporaneamente, senza ottenere che la guerra e le stragi inumane compissero il loro corso con Hiroshima e Nagasaki.

Ma in più, abbiamo dovuto fare uno sforzo notevole per arrivare alla conclusione del programma, a tratti estremamente noioso e con interviste a personaggi famosi nel campo della scienza, i quali ripetevano luoghi comuni e monotoni refrain sulla bellezza della ricerca e sulla sua continua aspirazione alla verità costantemente frustrata.

E' stato un caso che non ci siamo messi a russare rumorosamente, col rischio di svegliare il povero Albert, il quale credeva comunque nell'armonia universale. Affermazione confortante per noi poveri mortali.

martedì, settembre 13, 2005

Socci non è Bernanos


La replica di Socci a Feltri, sull'ultimo libro dello scrittore toscano, apparsa ieri sul Giornale, mi è parsa scomposta, poco pertinente e soprattutto poco cristiana.

Il suo modo di reagire ad argomenti non proprio superficiali, nell'articolo di Feltri avrebbero dovuto ottenere la massima attenzione da parte di chi possiede il dono della fede.

Credo che la popolarità acquisita da Socci, valendosi di strumenti molto mondani come la politica ed i mass media, gli abbia dato un po'alla testa e che ora si ritenga quasi una specie di George Bernanos da campagna toscana, mentre la sua distanza dall'illustre scrittore ultracattolico francese è semplicemente enorme.
Aggiungo che è proprio per la mancanza di autori di alta statura, come Bernanos, a creare in Italia intellettuali cattolici tradizionalisti di proporzioni assai modeste e per nulla capaci d'incidere veramente sul costume della nostra società.

Meno conformismo ed ipocrisia, più umanità ed umiltà nell'approfondire i temi culturali del nostro tempo, senza presunzione né saccenteria da primi della classe, adusi a ripetere da pappagalli la lezione del maestro, darebbero esiti migliori sul piano della credibilità presso l'opinione pubblica della visione cattolica del mondo.

domenica, settembre 11, 2005

Devoti, atei devoti, atei


Antonio Socci si è conquistato una chiara fama di giornalista-scrittore devoto, fin dai tempi di Excalibur, la nota trasmissione televisiva cristianamente semi-fondamentalista.

Da allora è andato a dirigere la scuola di giornalismo a Perugia e a dire la sua su ciò che riguarda la storia e la dottrina della Chiesa Cattolica, santi e miracoli compresi.

Un tempo lontano in TV imperversava Sergio Zavoli, denominato, il socialista di Dio, cupo commentatore di tutte le catastrofi e le nefandezze della prima Repubblica, nel periodo degli anni di piombo.

Sotto altre spoglie per le sue origini cielline, ora è il tempo del forzista di Dio, Antonio Socci, il quale non perde occasione con libri e scritti e presenze televisive d'impartire lezioni in materia teologica, quasi fosse il portavoce personale dei papi di Santa Romana Chiesa.

Apprezziamo la sua vis polemica quando rifà le pulci ad Eugenio Scalfari e a Pietro Citati, suoi avversari talebani difensori della super religione laicista, ma un po' meno la sua vena mistica, che lo spinge a scrivere libri esaltatori della fede, dall'efficacia incerta, proprio per il tono febbricitante impresso alle proprie tesi.

Nell'ultimo libro, il suo sacro furore gli fa santificare perfino Montanelli, che tutto era meno che un fedele credente, né un agnostico ricercatore del divino, a causa del suo abissale pessimismo.

Bene quindi ha fatto Vittorio Feltri, in una lettera aperta pubblicata sul suo quotidiano, a mettere i puntini sulle i, a proposito della personalità del grande Indro, il quale rimase un ateo convinto per tutta la vita, nonostante il rispetto dovuto alla religione nel suo complesso, come si addice ad un vero conservatore ( basti ricordare a tale proposito il suo maestro Prezzolini, tormentato dal dubbio e dall'ansia del divino, e le sue riflessioni sul rischio di Dio ).

In piena possessione religiosa, il mistico Socci, nel suo ultimo lavoro ravvisa nel mondo le stimmate della bontà a tutti i costi e questa bestemmia fa sobbalzare qualsiasi persona di buon senso.

Insomma un po' più di misura sarebbe stata auspicabile in una materia così complessa e delicata.

Ed anche maggiore rispetto per i poveri sfortunati, carenti di certezze sulla trascendenza, avrebbe guadagnato simpatie per il cattolicissimo autore.

Esprimiamo la nostra solidarietà a Vittorio Feltri, giustamente indignato dal fervore alla Giovanna d'Arco dello scrittore senese, al quale sommessamente suggeriamo, da anarchici inquieti ed agnostici, di non dimenticare mai l'antica raccomandazione di "lasciar stare i santi"...

Essi stanno bene nei luoghi di culto e nell'alto dei cieli o a fianco dei poveri peccatori, ma in questa terra, non buona, ma disgustosa per il prevalere del male e della bestialità in tutte le sue forme, c'è posto anche per i devoti atei, come Ferrara e Fallaci e per gli atei tout court, i quali hanno diritto di vivere in piena libertà e, addirittura, in santa pace.

sabato, settembre 10, 2005

Le ragioni di Brunetta


Renato Brunetta ha ragione.

Nell'esternazione di stamattina, critica aspramente Forza Italia, ma la critica si può estendere a tutto il Centrodestra.

In buona sostanza, egli dice che le aspettative degli elettori, nel 2001, erano quelle di un effettivo cambiamento della politica, una modernizzazione del paese e delle istituzioni.

Purtroppo la spinta si è andata spegnendo nel paludoso parlamentarismo, nelle piccole manovre del corridoio dei passi perduti, nelle soffocanti segreterie di partito, fino agli esiti attuali, che non sono certamente brillanti, a causa un atteggiamento rinunciatario e possibilista, tutto teso ad ingraziarsi mass media ed avversari.
L'esatto contrario della richiesta dell'elettorato moderato.

Riteniamo che certamente i risultati positivi non sono mancati in questi anni di governo, ma la litigiosità, i personalismi, la tabe della partitocrazia hanno attaccato una compagine, che avrebbe dovuto compiere una vera e propria rivoluzione nella mentalità, nel costume, negli assetti costituzionali, ma che non ha avuto purtroppo il coraggio d'incidere a fondo nella realtà sociale.
Spiace dirlo, ma qui, all'interno dell'area liberale, si gioca di rimessa e, a pochissima distanza dalle elezioni generali, non s'intravede un programma unitario e determinato per presentarsi all'opinione pubblica senza complessi, tentennamenti, incertezze, con una salda presa di posizione sui temi di maggiore interesse e l'elaborazione d'idee per vincere, almeno sul piano culturale se non politico od aritmetico: la crisi economica, i modi più appropriati per il rilancio delle attività produttive, il mezzogiorno, i giovani, le riforme dello Stato e della pubblica amministrazione con la sconfitta della burocrazia e lo strapotere fiscale, l'assistenza ai ceti deboli, la creazione di spazi più ampi per le libertà individuali e collettive, nella salvaguardia della sicurezza del cittadino e la lotta senza quartiere al terrorismo interno e internazionale.

Non è importante soltanto la vittoria delle urne, ma la conquista di un'identità piena, forte, suggestiva e credibile sul piano dei princìpi e dell'organizzazione del consenso.

Abbiamo l'impressione che manchi una visone gramsciana- ci si consenta il termine- per la trasformazione della struttura sociale in senso libertario da un lato e, dall'altro, nel ripristino del senso dello Stato, della legalità, della crescita del benessere e la perequazione delle diseguaglianze con la valorizzazione dell'economia sociale di mercato e delle capacità d'impresa in senso globale e competitivo.

Occorre costruire, con grinta ed aggressività, l'immagine di un polo moderno, ma con radici profonde nella tradizione culturale italiana ed europea, libero da pregiudizi e timidezze nell'abbattere il vecchio establishment in tutti i campi, senza patteggiamenti e compromessi, che alla lunga esauriscono il patrimonio vitale del fronte liberal-conservatore, il quale, se necessario, dev'essere pronto ad assumersi l'onere di un'opposizione seria, costruttiva, implacabile, temibile, contro le disfunzioni di un sistema corrotto ed in disfacimento, quale il centrosinistra vuole riproporre per la difesa della nomenklatura del vecchio potere.
Finora, ci pare che solo il premier manifesti proposte chiare, precise e disinibite per affrontare l'agone elettorale.

Basterà per coagulare, attorno al polo delle libertà, con anticonformismo ed un pizzico di fantasia, le energie adatte a combattere e vincere?

Dio c'è


Sarà attribuibile alla celebre formula di Einstein, ovvero alla diffusione delle dottrine orientali, oppure allo sviluppo tecnologico, ai progressi della scienza e alla maggiore consapevolezza delle masse, sta di fatto che l'equazione corrente, in termini di religiosità, oggi è data dal concetto di "Energia", come fonte primaria dell'universo e della vita quotidiana.

Mi colpì, qualche anno fa, la frase di un mio carissimo amico ingegnere, che in un luogo silente, in mezzo ad un bosco di pini e rocce granitiche, a contorno di una piccola radura, attraversata da soffi di vento provenienti da varie direzioni, esclamò che in quel sito si raccoglieva una
forte energia.

Razionalista e positivista come lo conoscevo, mi parve un'affermazione inconsueta e stravagante da parte sua, ma da allora ho sentito pronunciare sempre più spesso e a tutti i livelli questo magico verbo.

Ormai non si parla più di Dio, principio desueto evidentemente.

Al più si associa il termine ad Energia: questa si è appropriata della mente e della fantasia delle folle e ce la ritroviamo ad ogni piè sospinto nelle conversazioni pù banali: dal macellaio, dalla parrucchiera, al bar.

Dio ormai è uguale ad Energia e chi mai potrà dubitare della sua esistenza di fronte ad un corto circuito o ad una scossa per la dispersione di una presa?
Altro che relativismo.

Dio c'è.

Si vede e si sente.

Basta accendere una lampada o suonare un campanello.

venerdì, settembre 09, 2005

Marcello Fois e la modestia


In occasione di una manifestazione culturale tenutasi a Firenze per la presentazione di un libro di raccolta di storie noir, da parte di vari scrittori del genere, viene intervistato il giallista sardo Marcello Fois, il quale con estrema disinvoltura si autodefinisce un "grande" scrittore, ormai "arrivato".

Meraviglia la iattanza dell'autore, il quale sarà pure bravo a scrivere storie poliziesche, ma, di là ad essere creatori di capolavori, come si addice ai grandi, ce ne passa.

Peccato.

Forse è un errore generazionale: la mancanza di proporzioni, di senso della misura e l'umiltà, una volta erano la regola per chi si avventurava nel campo delle lettere ed i generi minori, come il giallo, non meritavano l'appellativo di opere letterarie in senso stretto, anche se i buoni scrittori non mancano in questo campo.

Ma Fiori ritiene di essere Simenon o Christie o Scebarnenco, per caso?

Quanti anni sono passati, dopo la scomparsa di Scebarnenco perché egli, collaudato dal tempo e dalla critica disinteressata, potesse assurgere all'empireo degli scrittori del noir?

Impari prima di tutto il supponente Fois che la grandezza non nasce dalle autoinvestiture e che i geni e i talenti, in qualsiasi campo, sono estremamente rari.

La sobrietà era una caratteristica antica del sardo, ma forse non esiste più o magari si perde come il vino buono nella traversata del mare.

A Fois forse ha nuociuto trapiantarsi in Continente. Gli consigliamo di rileggere se non la Deledda, almeno il (veramente) grande Salvatore Satta, traendone qualche benefica e positiva lezione di umiltà.

venerdì, settembre 02, 2005

Ospitalità e piatti di plastica


Una mia vecchia amica ha voluto ricambiare una cena offertale tempo addietro a casa mia, invitandomi, ieri sera, insieme con altre due ospiti, nella sua villa al mare, in corso di smobilitazione per l'approssimarsi della fine delle vacanze.

Ora, è vero che anche tra i borghesi di provincia - un tempo sacra custode delle usanze corrette - è invalso l'uso dei piatti di plastica, magari accompagnati da un sottopiatto in ceramica, come per dire: "guardate che i piatti ci sono, ma per il clima afoso mi guardo bene dal servirverli, a scanso di fatiche..."
Ma è pur vero che, per quattro sei commensali, una tale "precauzione" a vantaggio della propria pigrizia, nonostante la confidenza tra ospite ed invitati, appare certamente esagerata.

A completamento della tavola (apparecchiata su un ripiano ricavato su quattro assi mobili e coperto da tovaglia scura di cotone, ampiamente utilizzata nel corso della stagione), l'anfitrione si è presa la cura di collocare alcune posate di piccola grandezza, adatte alla frutta o al dolce, dando così un tocco di normalità a banchetto.

Una varietà inusitata di piccole pietanze, accompagnata dagli spaghetti cotti al momento e saltati in padella con ingredienti alla marinara, presumibilmente precotti, faceva pensare che, a ridosso della domenica, venissero riciclati cibi, che si conservano per qualche giorno in frigorifero od anche provenienti, probabilmente, dai risultati dell'attività di volontariato della gentile signora a favore di persone colpite da indigenza ed inedia (noblesse oblige), sapientemente conditi con sapori forti, per mascherarne adeguatamente il gusto, hanno completato la coreografia della serata - conclusasi, comunque, in un clima conviviale, tra un pettegolezzo femminile, un commento sull'ultima dieta dimagrante ed il ghigno di soddisfazione della padrona della magione, per essersi alleggerita di un onere sociale, nella maniera moralmente più economica.
Certo il ricambio di cortesie si è realizzato in maniera indolore, ma quanta pena per la fine delle buone abitudini legate ai sani principi dell'ospitalità, magari senza fronzoli né orpelli, o cibi elaborati su vassoi di terracotta, ma ingfinitamente carichi di spirito amichevole, buona educazione campagnola e vera cordialità.

O tempora o mores, avrebbe esclamato l'acuto Cicerone.

E come avremmo cenato più volentieri, nella nostra dimora, in compagnia di un gatto beneducato!

giovedì, settembre 01, 2005

Il richiamo della foresta


Non abbiamo nulla contro Follini in sé e per sé considerato.

Ha l'aria un po' svagata forse per i riflessi delle lenti da presbite - astigmatico, e rispetto ad altri personaggi politici porta quasi sempre cravatte eleganti: ha i modi un po' untuosi dei sagrestani stanchi, un eloquio pacato e a volte criptico, ma che cosa si può pretendere di più da un antico democristiano?

Il leader dell'UdC fa il paio con Tabacci, altro scalpitante stallone della vecchia scuderia centrista.
Entrambi si sono mostrati irrequieti, prima e dopo il congresso del partito, per scrollarsi di dosso l'investitura berlusconiana nel governo, ansiosi di raggiungere altri lidi, altre frontiere...
Essi paiono dire:"
Com'erano belli i tempi della proporzionale e come si aggiustava tutto con la vecchia DC".
Ovvero:"ognuno aveva la sua parte col voto di scambio, i favori piccoli e grandi, i clientelismi, i nepotismi, le manovre di corridoio per il cambio della guardia nelle lottizzazioni del sottobosco governativo e dei poteri locali o parastatali, a cura dei capataz di turno, asllorquando un'elargizione pubblica o semi pubblica non si negava a nessuno, per raccogliere consensi e prebende a spese del contribuente".

Peccato che i tempi delle vacche grasse siano finiti e ad ognuno tocchi assumersi le proprie responsabilità per far fronte alla voragine del deficit pubblico e restare in Europa.

Ma tant'è: la voglia di ritorno agli antiquati assetti è come il richiamo della foresta del celebre romanzo di J. London.

A nulla vale obiettare che oggi o si è per il bipolarismo (e quindi, o col centrodestra o col centrosinistra, senza mezzi termini ed acrobazie verbali come, anche sul Corriere in edicola, tenta di fare lo stesso Follini, per mascherare, dietro nuove ed irrealistiche leadership, il desiderio di altri miserandi ribaltoni) o si rischia di trasformare il parlamento in un suk ancora più barbaro e di guidare il Paese con la logica dei capi tribù.
La nostalgia del potere per il potere, comunque esercitato è più forte di qualsiasi esigenza di un vero spirito di servizio per la collettività, perché non si perda nei ricatti e nella corruzione partitocratica, alimentata dal proporzionalismo e da un Centro somigliante ad un mercato delle vacche, che qualsiasi persona di buon senso non ha certo voglia di rimettere in piedi a vantaggio esclusivo di una ristretta cerchia di mercanti, con buona pace della democrazia e della libertà.