mercoledì, agosto 29, 2007

Intellettuali e potere



Non voglio addentrarmi in una disamina esauriente dell’argomento, già affrontato da Gramsci e Benda, da punti di vista diametralmente opposti.

Mi limito quindi ad una breve notazione, a margine di alcuni concetti espressi da Giordano Bruno Guerri e da Paolo Granzotto, tanto per mettere a fuoco il tema centrale della libertà intellettuale nei confronti della partitocrazia.

Per chi non voglia essere organico al “Principe” (abbandonerei la distinzione desueta tra destra e sinistra…)ci sarà sempre una fondamentale difficoltà nei rapporti con i partiti, in quanto l’intellettuale o l’uomo di cultura “libero” svolge la naturale funzione di “critico del potere” ed è per tale motivo malamente tollerato dalla “politica politicante”, che lo vede come un rompiscatole od un ostacolo per la propria supremazia e cerca pertanto di metterlo sistematicamente fuori gioco.

Peraltro, se i partiti, drammaticamente contrapposti oggi alla società civile, non raccoglieranno la sfida proposta dal cittadino comune, aprendosi alle istanze rappresentate proprio dagli spiriti lucidi ed indipendenti, non asserviti a cosche o camarille, vedranno aumentare la restrizione dei propri spazi, a tutto vantaggio dell’antipolitica.

La palla, per così dire, passa in mano a chi vuole effettivamente promuovere il rinnovamento sociale e non bada soltanto a raccattare voti con espedienti, più o meno appariscenti, di semplice maquillàge o chirurgia estetica.

martedì, agosto 28, 2007

Einaudi e le tasse



Ha ricordato, in un recente articolo, Paolo del Debbio, le distinzioni di Luigi Einaudi in materia di tasse e tassazione.
Secondo l’economista di Dogliani, esistono le tasse «economiche» e le tasse «grandine».
Le prime sono quelle che il contribuente apprezza come utili perché ne vede un ritorno per sé e per la società in termini di servizi e anche di incentivi allo sviluppo economico. Sono tasse che fanno bene.
Quelle che Einaudi chiama invece «grandine», si abbattono sull’economia nazionale come la pioggia sulle coltivazioni: la deprimono, quando non la distruggono.
Sono concetti semplici.
Perché non si tengono presenti quando si amministra il popolo?
Maliziosamente siamo portati a pensare che le somme sottratte al contribuenti non finanzino tanto i servizi ed incoraggino l’economia, quanto un apparato ed una nomenklatura, che
ha fatto dello Stato un affare meramente privato, in funzione dei partiti e delle oligarchie che li rappresentano.

Fanny ed il terrorismo


Come si fa a criticare Fanny Ardant?

Se si fa è perché si è obbligati.

Un mito è difficile che crolli, nonostante gli errori commessi.

L’abbiamo fatto in passato, per essersi prestata all’interpretazione della protagonista del film “L’odore del sangue” di un celebre sconosciuto regista napoletano: mise a repentaglio il suo patrimonio d’intelligenza e di eleganza con scene insulse e volgarotte.

Oggi, che leggiamo le sue parole sul terrorismo, rimaniamo interdetti, soprattutto per gli echi fanatizzanti che può suscitare il suo dire un po’confuso.

Ma quando la vediamo sulle pagine dei giornali o in qualche replay televisivo, non possiamo fare a meno di passare sopra a qualche sua superficialità.

Come si fa a non sorvolare su imprecisioni, inesattezzea storiche o a qualche grossolana valutazione sfuggitale dalla bocca ?

Sì, Fanny rimane l’immagine peccaminosa ed accattivante della nostra adolescenza, la seduzione fatta persona, non bellissima, ma l’essenza stessa del glamour.
A lei si può perdonare tutto.

sabato, agosto 25, 2007

Un Parente (bruttino) di Sgarbi



Non conoscevo la persona dello scrittore Parente, se non dagli articoli che pubblica su vari quotidiani e settimanali, sorprendentti per le affermazioni non banali, ma neanche troppo originali, peraltro esposte con corretto linguaggio e forma brillante.

A vederlo in TV per la prima volta, mi ha sconcertato invece la somiglianza nella voce, nei modi e nella fisionomia con Vittorio Sgarbi.

Massimiliano Parente, ad onta del nome imponente, ha le fattezze più grossolane, i capelli irti come un riccio, ma se lo si sente parlare soltanto, senz'apparire in video, da' l'impressione di essere il fratello minore del celebre critico.

E' giovane e migliorerà senz'altro il suo approccio col pubblico: imparerà a misurare parole e concetti, quando la carica narcisistica avrà lasciato il posto ad una matura visione delle cose.

Per ora bisogna accontentarsi.

Non va al mare il giovane scrittore, poi è solidale con Pannella, e cita doviziosamente Leopardi.
Tre fattori positivi.

Ha gli occhiali rettangolari, la spuma nei capelli e agita braccia coperte da camicie sbottonate ai polsi.
Tre elementi negativi.

Il lato peggiore consiste, peraltro, proprio nell'imitare Sgarbi.
Lasci perdere quell'esempio, Parente. Il pubblico è già troppo paziente con il primo figuro, geniale e bizzarro, ma anche troppo ossessivo-compulsivo per potersi concedere un doppione, meno colto e bruttino.

Breve riflessione sul potere



Non c'è nulla di nuovo sotto il sole.


Quel che noi festeggiamo a metà di agosto, nacque al tempo dei Romani e quindi non abbiamo inventato nulla.

Favorito dal clima umido e da una pioggerellina pre-festiva, mi domando se tutto, ma proprio tutto, sotto altre spoglie, tenendo conto del procedere dei secoli, del progresso della scienza e dell'economia, non muti, sostanzialmente, nella vita dell'umanità, nell'organizzazione sociale e nella ricerca della libertà, o della saggezza o della temibile verità.

Ci vogliono intelletti lucidi e coraggiosi, perfino cinici, a dirci, di tanto in tanto, come stanno effettivamente le cose.
Ma chi ascolta personaggi di questo genere e quel che affermano serve a qualcosa?

Temo di no.

Ho la netta sensazione che i filosofi antichi o i poeti, gli scrittori o gli artisti, insomma il ceto che meglio sa interpretare la realtà, almeno secondo una convinzione consolidata, abbia sempre contato poco, anche nei confronti del potere, quello vero, e nei riguardi della comunità.

Costantemente nel tempo, una sparuta minoranza ha sempre esercito lo spirito critico e pochi, sistematicamente, ne hanno condiviso i princìpi e il loro perseguimento, nel corso della storia della società.

L'universo pullula di minoranze, vecchie e nuove, e la struttura degl'imperi e delle nazioni, delle città e degl'organismi, che le reggono, mutatis mutandis, è sempre quella.

Ed i cittadini devono adeguarsi.

Fortuna sarebbe se le élites fossero formate dagli uomini migliori, dagli aristocratici di aristotelica memoria, ma è poco probabile che queste opportunità favorevoli arridano in democrazie, dominate dal denaro, come accade, nonostante i proclami e le apparenze, anche nella nostra.

Vittorio Feltri, in un recente articolo, ha reso un impareggiabile servizio alla verità, facendo chiarezza sulla cosiddetta libertà di stampa, che da noi e negli altri paesi dovrebbe essere, ma non è, il presidio di tutte le virtù civiche e democratiche.

In realtà, nella storia d'Italia, dal mitico Corriere di Albertini fino alla corazzata Repubblica di Mauro, sono i gruppi imprenditoriali a foraggiare la stampa e a mantenerla in vita, per condizionare a proprio vantaggio la politica.

Se, da coerente capitalista, voglio ottenere più soldi per me e le mie imprese, compro un giornale, scelgo un buon direttore e mobilito le energie intelligenti, per raggiungere, con la classe politica del momento,gli strumenti più adeguati allo scopo.

Albertini con il Corriere erano stati coltivati dalla Famiglia Agnelli ed altri industriali, per venire a patti con Mussolini ed il Fascismo.

L'avvento di Veltroni, sostenuto da Repubblica, sta a cuore a De Benedetti per meglio sostenere le proprie iniziative economiche.

Il resto è favola.

Né ideali, né palingenesi, né rinnovamenti del costume e della politica: solo una lotta per il potere.

Sicché anche i giornali sono partiti, muovono il pubblico dei lettori per fini che sfuggono alla maggioranza.

Altrettanto dicasi per gli altri mass-media, non escludendo il web.

Rassegnamoci.

Le mie amiche rumene


E' da qualche anno che annovero amiche rumene.

Amiche, credo di poter dire, nel senso più vero della parola. Vicine nel momento della necessità, quando neppure parenti stretti mi sono stati vicini.

Solidali e concretamente presenti nell'alleviare incombenze non facili né gradevoli.

Pronte a rispondere ai miei richiami di collaborazione per superare le difficoltà: disponibili a dare una mano senza riserve e con disinteresse.

Lavoratrici infaticabili si direbbe, ma oberate da ore interminabili per fare ciò che né dentro casa né fuori ormai nessuna delle nostre connazionali è più disposta a fare. Senza grilli per la testa e con la fedeltà a valori indelebili nella civiltà contadina del loro paese: valori un tempo praticati e condivisi anche dagl'italiani di un tempo.

Oggi g'italieni sono troppo ricchi di pretese e di ambizioni fasulle per apprezzare la semplicità di un gesto, il sorriso ingenuo, la voglia di vivere autentica.

Quanto alle nostre donne, la situazione si fa ogni giorno più problematica, specialmente per le nutrite schiere di femminucce accompagnate da madri anelanti ad un posto di velina, per le loro bambine, come supremo ed irrinunciabile traguardo dell'esistenza.

Le mie amiche, domenica scorsa, mi hanno risolto un problema di tinteggiatura, che non avrei sperato di risolvere se avessi confidato nel lavoro dei miei connazionali.

C'era da rimanere strabiliati per l'attenzione, la cura, lo scrupolo, l'impegno e la volontà di fare bene.
Alla fine dell'opera non credevo ai miei occhi: erano riuscite a fare in un giorno (festivo) quello che, in tanti mesi di attesa e vane promesse, non ero riuscito ad ottenere da nessun altro.

Una magia, come se avessero avuto la lampada di Aladino.

Grazie amiche indissolubili.

mercoledì, agosto 22, 2007

Pre-Politica


Credo che sia stato Massimo Fini a parlare di valori pre-politici.


Naturalmente l'anteriorità al mondo del potere puro e semplice com'è venuto determinandosi nella società moderna ha una storia ben precisa e significati pregnanti, che non hanno nulla a che fare con il cosiddetto qualunquismo o con altr termini equivalenti e più o meno vaghi.

Mi pare però di poter dire che con il crollo delle ideologie un ritorno a categorie antropologiche o morali sia oggi più facile e che questa novità consenta di ragionare più liberamente e fuori dagli schemi che gl'ismi di tutte le specie avevano, per lungo tempo, imposto anche alle persone cosiddette colte o a coloro che hanno fatto sempre buon uso del proprio spirito critico.

Mi viene in mente la tesi contraria all'impegno politico degl'intellettuali organici, tanto saldamente propugnata da Julien Benda, negli anni intercorrenti tra le due guerre mondiali, e che sarebbe opportuno rimeditare, sulla scorta di questa nuova esigenza: l'abbandono della politica come regolatrice suprema della vita sociale, tanto da costringere un po' tutti a doverne tenere conto ineluttabilmente e a sottomettervisi come se si trattasse di un male necessario e inevitabile.

La pre-politica non è da affiancarsi all'antipolitica, che costituisce una reazione sempre più allargata alle malefatte dei partiti e delle oligarchie al potere da parte di fasce sempre più ampie di cittadini traditi dai propri rappresentanti, in quanto la politica come arte del possibile rimane insostituibile, ma si definisce come un livello più alto per valutare la vita ed il mondo, facendo a meno d'indossare le lenti colorate di questo o quel movimento ideologico.

E' la riscoperta dell'uomo nella sua integrità e nei suoi bisogni essenziali, nella ricerca della verità senz'aggettivi, nell'ascolto di richiami spirituali che superino la pratica quotidiana dell'utilitarismo e dell'opportunismo sociale.

Non mi faccio illusioni sulla coscienza e la maturità della società odierna, ma ritengo che, come un sasso gettato nello stagno, gli stimoli derivanti dall'etica nel senso più ampio della parola, dall'estetica e dall' aspirazione alla conoscenza non limitata dai dogmi soffocanti del neopositivismo, in tutti campi del sapere, e la stessa concreta realizzazione della libertà della persona e di quelle che, un tempo, venivano denominate comunità intermedie, senza vincoli di apparati o burocrazie, possano servire a sottrarre alla banalità e al conformismo di massa quanti sentano di doversi riappropriare dell'originaria umanità
.

martedì, agosto 21, 2007

Ambiguità clericale e sciopero fiscale











Il discorso di Tarcisio Bertone, al meeting di Rimini, è un caso esemplare di ambiguità clericale, che avrebbe potuto esser fugata con precisazioni e richiami a quella che, tradizionalmente, è stata la posizione della Chiesa in
materia, felicemente sintetizzata dal salmaticense Pedro Fernandez de Navarrete, fin dal Rinascimento, con la frase:
"Il solo paese piacevole è quello in cui nessuno teme gli esattori".


Di questa mancata chiarezza ha subito approfittato il premier volpone,
aumentando la confusione e l'incertezza, dopo l'indebita appropriazione delle
parole del cardinale da parte della Lega. Ma tant'è. Nel paese dei tatticismi e
dei trasversalismi, dei trasformismi e degli equilibrismi, c'è poco d'aspettarsi
perfino dall'Istituzione ecclesiastica, storico contraltare dello Stato, la quale,
in quest'occasione, per non pronunciare parole chiare, probabilmente
avrebbe fatto bene a tacere sull'argomento.


Avrei preferito che il centrodestra, nel suo insieme, avesse proposto
programmaticamente un'alternativa al sistema fiscale dell'attuale Governo,
da portare all'attenzione dell'opinione pubblica, ribadendo quei principi
"rivoluzionari", posti alla base della "disobbedienza civile" teorizzata da Miglio
e Thoreau, ed estremamente utili a preparare un'azione politica diretta a
realizzare una più equa distribuzione delle risorse pubbliche ed un apparato
amministrativo rinnovato ed efficiente, sottraendo al Moloch statale,
regionale, locale, le inesauribile le fonti di sperperi e disservizi.


I cittadini non vogliono slogan od operazioni di marketing od interventi di
chirurgia estetica col contributo delle vispe terese di turno (tanto
appariscenti quanto fallaci), ma di un piano di riforme sostanziali, che li
induca a non cedere alle tentazioni dell'antipolitica, né a mantenerli succubi
dei poteri forti, che trovano insuperabile espressione in questa classe
dominante.