giovedì, agosto 18, 2011

Sparate di...mirto...



CALA_BRIGANTINO_1-293x186Tra i nostri aspiranti scrittori, viaggiatori ed esploratori, ve ne sono alcuni in grado di stupirvi per la loro innervata capacità di vedere quello che non c’è e di raccontarlo come se fosse vero.

L’affabulazione nasce da personalità corroborate da salde radici nella terra dello spirito, dall’umiltà, dall’ansia genuina di conoscere, dall’uso appropriato della lingua e dalla volontà di convivere con gli elfi in un mondo magico, dove l’intuizione regna sovrana accanto al genio. Per questo i veri talenti letterari saranno sempre pochi e molto spesso sono incomprensibili alle masse televisive e degliaficianados dei rotocalchi.

Non è con le piroette grammaticali, sintattiche e linguistiche, tutte volte ad épater les bourgeois che si coglie il bersaglio. Spesso questo in realtà si allontana e dopo i fuochi d’artificio, passata la festa, la puzza di bruciato si avverte per un bel po’ di tempo, in mezzo alla cenere degli scintillanti fuochi fatui.

E’accaduto a tale Rumiz, firma assai nota di un non meno noto quotidiano ad alta diffusione, venendo a costituire un’aggravante per l’autore, tentare l’inganno per i lettori poco attenti alla realtà più che ai giochi di prestigio e ai funambolismi.

Abbiamo sempre pensato che per conoscere un località e la sua storia, non basta affidarsi alle notizie riportate per sentito dire, né tantomeno ritenere oro colato il contributo degli amici, soprattuto se corregionali. E’ un vizio che affligge molti scrittori di prestigio, dalla Sicilia al Piemonte, dalla Calabria al Veneto. Non ne è immune neppure il re dei bleuffer dell’industria culturale, l’ineffabile Umberto Eco.

Si ha un bel dire che siamo europei o internazionalisti e addirittura apolidi; ciò forse è vero per altri paesi, ma non per il nostro, dove su tutto sovrasta il campanile o la regione di appartenenza.

Chi te l’ha detto? Ah, beh! un mio caro amico, uno delle mie parti… Con simili allusioni avete indicato un facile lasciapassare con una risposta, a conti fatti, del tutto banale. Anzi, vi siete serviti di quelrelata refero, che nei tribunali ordinari o no vi rende subito poco attendibili.

Ecco quel che è successo al detto Rumiz andando a visitare La Maddalena, come inviato speciale del mega-giornale di appartenenza, per un’inchiesta niente di meno sulle ‘Case degli spiriti’.

Intanto, all’incipit, con una prosa scoppiettante, ci rappresenta la materia storica, composta da pietre di granito, ben modellate dalla nascita del Regno Sardo–Piemontese, e dall’occupazione militare dei Savoia delle ‘isole intermedie’ nei confronti dei gallo-corsi, come una sorta di conquista  del Conte Dracula, cui adattare il’ Deserto dei Tartari’  dal quale l’articolista vorrebbe trarre linfa vitale e probità di stile, nonché congruità di argomenti e punti di riferimento, puntando a calare in un’atmosfera rarefatta ciò che allegorico non è per sua stessa sostanza.

Quelli che polemicamente vengono chiama Forti sabaudi sono strutture difensive, batterie e fortezze dei sardo-piemontesi, che risalgono, nella loro prima realizzazione addirittura al 1767 e ai tempi della Convenzione.

Il primo battesimo di fuoco come prima pietra miliare del grande progetto di una potente piazzaforte militare, che avrebbe cambiato il suo volto ed i suo destino, La Maddalena, infatti, l’ ebbe col tentativo di accerchiamento dell’allora luogotenente Napoleone Bonaparte, il quale fallì nel tentativo di annettere la Sardegna alla Francia rivoluzionaria, grazie alla pronta ed efficace risposta del nocchieroDomenico Millelire e dei suoi volonterosi adepti, tra i quali il pilota Rossetti, nel respingere nelle acque dell’Isola di S. Stefano gli assalti del nemico, dal Forte di Balbiano, il 22 – 23 febbraio 1793 …

Un’impresa che valse all’eroe isolano  la prima medaglia d’oro della Regia Marina.

Altro che Punta Rossa, come ama rappresentare, nel suo servizio, il nostro inviato speciale, la fatiscente versione della  fortezza Bastiani del capolavoro di Dino Buzzati.

A Punta Rossa in verità, con il forte, realizzato  tra i vari insediamenti, vi sono caserme ed alloggi, utilizzati anche in tempi relativamente recenti come teatro di esercitazioni di vario tipo dalla Marina,fino a poco tempo prima della loro dismissione dal demanio militare. Ed oggi frequentatissima da turisti  c’è la stupenda Spiaggia del relitto (per il fasciame semi- sommerso di un vecchio bastimento mercantile).

Ma non è questa l’unica incertezza  del racconto, che ambirebbe ad essere definito poetico, immaginifico, un po’ decadente ed icastico, ma pur sempre di elevato livello letterario.

Capiamo certamente che i voli pindarici sono l’esatto contrario della precisione cronachistica, anche se gli articoli si riconducono tutti alle dimore perdute sparse per l’Europa ed altrove.

Un tour tra i fantasmi del passato qui, nonostante il pur sempre vitale Compendio garibaldino, il Centro d’ascolto ed osservazione dei delfini, la Scuola di vela più prestigiosa d’Europa e la rinata ‘Pineta di Cala Garibaldi’, prossima al mare, finalmente restituita all’uso pubblico con le svariate baie e calette di Caprera,  appare poco o punto pertinente.

Se spiriti ci sono nell’Isola dell’Eroe dei due mondi, questi sono ispirati dalla natura e dalla vegetazione, dal mare con i suoi ricordi e dalla energia rigeneratrice delle sue correnti, dai mille profumi della macchia mediterranea , dal vento che ripulisce da tutte le scorie ogni angolo di roccia.

In realtà, il nostro maturo boy- scout ha voluto imitare scrittori di spessore come il citato Buzzati o D’Annunzio e magari Hemingway, ma non c’è riuscito.

Descrive con consumata ambiguità le caratteristiche del luogo dove sorge il Centro Velico, ricavato negli hangar  e sulle banchine della vecchia Marina militare, ancora solidi e resistenti al tempo, ormai son passati decenni, a testimonianza che tutto si rinnova e non muore, mentre è possibile raggiungere traguardi ambiziosi ed invidiabili, anche a dispetto della classe dirigente miope o intorpidita o adagiata sugli allori militari con le sue rendite di posizione assicurate alla popolazione ormai ab immemorabili.

Il Nostro accenna alle eoliche escursioni tra i graniti, le insenature, gli alberi , sebbene non convinca molto il resoconto di un repentino avvicendarsi di tramontana, libeccio e grecale, volendo magari semplicemente far intendere che siamo al cospetto di un marinaio provetto, oltre che di uno storico attento e non presuntuoso.

Egli afferma pure nel diario della giornata che nelle librerie o biblioteche della cittadina non ci sono pubblicazioni riguardanti i vari fortilizi presenti un po’ dappertutto e sbaglia.

I ”Forti dell’Arcipelago”,   pubblicato nel 1995, a cura dell’architetto Cianchetti, sotto l’egida della presidenza del Consiglio,   costituisce tuttora  un aureo libretto, molto ben concepito e documentato, un ormai celebre piccolo scrigno di notizie preziose per tutti, in particolare per chi voglia apparire come colui che ha capito l’anima profonda di una terra unica,  contrassegnata da vicende umane e sociali inconfondibili.

Chi con serietà di studioso e amore da neofita ha voluto entrare nella dimensione speciale dell’Arcipelago maddalenino, l’ha fatto con costante umiltà e  genuino candore, con delicatezza e un riguardo estremo per la gente ed i luoghi visitati, con un atteggiamento rispettoso nel timido tentativo di alzare il velo di un mistero non  del tutto svelabile.

Dall’Ammiraglio Garelli, non uno spettro, ma personaggio di spicco, intellettualmente vivace, che si colloca tra i primi storiografi  della Maddalena, all’acutissimo Mario Soldati, all’indomabile ribelle Oriana Fallaci, e tanti altri, più o meno illustri viaggiatori, senza pregiudizi né superstizioni, né furberie od opportunismi, fino all’indimenticabile e nobilissima Gin Racheli, scrittrice soavissima, perspicace e minuziosa di ogni anfratto e scopritrice dell’aura, che aleggia dalle colline ai boschi, alle spiagge, al mare e agli abissi, che accolsero (altro che attesa senza seguito…del nemico!), nella seconda guerra mondiale, i generosi marinai della’ Roma’ , vittime sacrificali dell’immane tragedia delle nostre forze armate, a sigillo di una temperie culturale e morale e di una lunga serie di avvenimenti carichi di emozioni e sentimenti elevati, nient’affatto dimenticati, ma gelosamente custoditi nella mente della gente semplice. Un  patrimonio complesso e diversificato, che dalla sua nascita segna il destino di una delle località strategicamente più importanti dell’Occidente, una delle perle del Mediterraneo sotto i più svariati punti di vista.

Non basta affermare, purtroppo, come fa l’elegiaco narratore del grande quotidiano, che le sparate di mirto (?) nell’ atmosfera incantata di Caprera, sono sensuali (!) e che si fa visita all’antica Osteria di Lio’ per persuadere il colto e l’inclita di esser penetrati nell’intimità, nel cuore e nel carattere di una comunità e farsi ritenere credibili per poter essere infine adottati  dalla comunità locale…

Adelante con juicio avrebbe suggerito qualcuno, prima di avventurarsi  in descrizioni improbabili di ciò che non si conosce a fondo.

Alla fine della lettura, non sapremo neppure che cos’è stato il sistema delle fortificazioni, eretto tra il 1767 al 1806, dopo il 1887 e tra la prima e la seconda guerra mondiale nel Nord della Gallura, per il nostro paese: neanche una piccola consolazione per i più curiosi di storia patria.

lunedì, agosto 15, 2011

Lasciate riposare Santoro &C

Qualcuno avverte mancanza d’informazione?
Io credo che ne abbiamo in eccesso e in tutte le salse: non solo tiggì e vari magazine settimanali, ma in tutte le trasmissioni d’intrattenimento le notizie, specialmente quelle morbose, sono oggetto di analisi da strapazzo anche da parte di esperti di grido.Non se ne può più.
Ormai siamo al ‘Cortile globale’, dove le chiacchiere ed il gossip imperano.
Altra cosa sono i talk show politici o politicizzati, quasi tutti in vacanza, i quali non fanno informazione, ma lavorano al servizio della lottizzazione partitocratica, con attacchi proditori all’opinione pubblica, per l’assoluta mancanza di obiettività.
Chi ha nostalgia dei Santoro, Floris, Gabanelli, Ferrara e compagnia cantante, tanto da volerli vedere perfino a Ferragosto?
Io no. La rai- radiotelevisione è uno stipendificio a tutti noto, una centrale di distribuzione d’ incarichi e sinecure per partitanti e loro ‘nepotes’ e ‘clientes’ .4cc6ece171_4640519_lrg
Dove siano finiti i giornalisti seri e non gl’imbonitori di propaganda ideologica nessuno lo sa.
Per limitare i danni di questo pachiderma, giustamente condannato da K. Popper, per la sua deliquenziale attività di manipolazione delle coscienze dei cittadini, è ormai indispensabile almeno tentare di modificare il nostro sistema pubblico, prendendo a modello quello francese o inglese od optando per un’autentica liberalizzazione.
Impresa disperata se non impossibile. Fino a quando, con le tasse e gli altri salassi del fisco centrale o federale, i poveri beoti italici non si accorgeranno che sarebbe ora di abolire la casta dei cosiddetti giornalisti al servizio del potere… di maggioranza e di opposizione.
Santoro & soci, di destra o di sinistra, almeno d’estate, risposino e ci lascino tranquilli, senza affannarci a capire con che squadra giocheranno, a suon di  milioni,  la prossima stagione di campionato televisivo. Che il conduttore di Anno Zero stia con Sky o La 7 può importare solo a qualche critico di giornale con poca fantasia e fuori dalla realtà di un paese in preda ai soprassalti della crisi economica e, come diceva Giusti, preoccupato soprattutto di dover 'tirare quattro paghe per il lesso', quel lesso che gronda abbondante per la classe dei gazzettieri ed anchorman privilegiati dal regime.

sabato, agosto 13, 2011

Il successo


Credo di poter condividere una definizione di successo, colta al volo durante un’intervista ad uno scrittore contemporaneo, il quale saggiamente indica la libertà come significato autentico e pregnante del termine.
Successo uguale libertà.
Quando un uomo può alzarsi, camminare, lavorare o riposare solo se lo vuole, muoversi come gli pare, decidere secondo la sua scelta, non render conto che a se stesso, vivere senza costrizioni, in armonia con la propria anima e il mondo circostante, si può dire che ha raggiunto nella libertà ( che non è arbitrio) il proprio successo.
Affascinante e vero.
Difficile, ma non impossibile traguardo dell’ esistenza, senza dimenticare il detto agostiniano che si coniuga bene con la proposizione precedente: libertas vivit in interiore homine.02scene