venerdì, febbraio 27, 2009

Attenzione


Chi frequenta Facebook è gravemente esposto ai più seri problemi di salute.

Ci riferiamo oltre che al maggiore network, anche a tutti gli altri presenti sul mercato, ovviamente, anche se per il favore di cui gode FB, il numero e la qualità degl'iscritti, una buona parte dei quali appartiene a classi d'istruzione elevata e ai ceti dirigenti della società, esso rappresenta il veicolo più importante di contaminazione.

Non pensiamo però che i pericoli siano rappresentati da ictus e altre malattie legate piuttosto allo stile di vita perseguito da ciascuno dei membri, quanto piuttosto dalle manie ossessivo- compulsive, connesse all'uso smodato degli strumenti di conoscenza e relazione, che il sito mette a disposizione.

In effetti, se ci si fa caso, in esso sono compresenti tutte le possibilità di comunicazione. Dal blog alla chat, ai gruppi di fan o spontanei, dalla politica al giornalismo, alla letteratura, ai film, alla musica, e via dicendo (chi più ne ha, più ne metta).

FB assomiglia moltissimo al grande fratello orwelliano: i dati vengono immagazzinati ad una velocità supersonica, la privacy vacilla, ed i controlli si sentono come il fiato sul collo (alcuni, peraltro, sono indispensabili, per impedire che il caos prevalga su tutti).

La possibilità, illusoria, di far parte di comunità globali o globalizzate rende dipendenti psicologicamente.

Se si sta troppo dietro alle infinite lusinghe telematiche in esso contenute, ci si accorge di essere in trappola: il web ci avvolge, blandisce, stuzzica, solletica il narcisisismo ed il presenzialismo, nonché la presunzione di poter dire la propria su su ogni argomenro e sul prossimo, anche violando i limiti del buon gusto e della discrezione, e, quindi, il rispetto della persona.

In mezzo al cicaleccio instancabile, il nostro io può perdere il senso della realtà, credendo di vivere una vita vera ed

autonoma, da cui le insidie del quotidiano sono state eliminate.

Un mondo ovattato che attenua tutti sensi.

Un universo artificiale nel quale disperdere la nostra personalità.

Per questo sarebbe utile che le conoscenze virtuali si tramutassero in relazioni, personali o di gruppo, effettive.

E' l'unico modo per non inebetire, come già accade con televisione e droghe.

martedì, febbraio 17, 2009

Soru, vittima di se stesso


Un giornalista di " Le Monde", non molto tempo fa, intervistò il Governatore della Sardegna.

Dopo una domanda, il Presidente della Regione cominciò a rispondere e subito s'interruppe, facendo calare il silenzio tra sé e l'interlocutore, il quale, dopo un'attesa che pareva interminabile, provò a sollecitare il completamento della risposta, rimasta a mezz'aria.


Immediatamente, a quella che gli pareva un'intrusione, Soru reagì stizzito, intimando all'intervistatore: non m'interrompa !




Perché riportiamo questa notizia riesumata da "Il Giornale" in campagna elettorale ?




Perché in questo aneddoto c'è buona parte del carattere dell'uomo e gl'indizi della sua debolezza come uomo politico.




Ora che ha perso con l'onore delle armi, dobbiamo riconoscergli, insieme ad alcune gravi gaffes, almeno l'onestà di essersi dimesso per chiedere all'elettorato un giudizio sulla sua azione di governo, a dispetto del dissenso espresso all'interno della coalizione che lo aveva scelto come premier.




L'apporto dato alla sua rielezione dai partiti movimentisti e radicali ha avuto il sapore di una tattica strumentale per trovare, per essi, spazi altrimenti non conquistabili, alienandogli le simpatie di parte dell'elettorato cattolico.




A nulla, inoltre, sono valsi sia il personale appoggio di Walter Veltroni, che l'uso indiscriminato dei mass-media.




La sua "Unità" e "Repubblica" , la terza rete della radiotelevisione e la 7, "la Nuova Sardegna", "il Sardegna" e le reti radio-visive create dall'amico Nicola Grauso, smentiscono la sua presunta minorità nel campo della comunicazione e non danno la spiegazione della sua sconfitta, la quale, benché sostenuta mediaticamente, è sostanzialmente frutto della sua incompatibilità caratteriale con il mondo della politica militante, traffichina e sleale, ipocrita e affarista, opportunista e miserabile nel decretare la sua fine, con ciniche pugnalate alla schiena ed accordi elettorali trasversali e sottobanco, nell'ambito del centro-sinistra, per favorirne la caduta.




Soru, come buona parte dei sardi di razza, ha perduto paradossalmente per alcune qualità che l'alchimia della patitocrazia trasforma in difetti e colpe irreparabili.




L'inventore coraggioso e geniale di Tiscali, una realtà tecnologica che ha modernizzato il nostro paese e l'Europa, costituendo una spina nel fianco di colossi telematici monopolisti, decise di scendere in campo, forse per sopraggiunte difficoltà della sua azienda, ma soprattutto per conquistare nuove “chance e quindi maggiore possibilità d'influire sulle scelte di un territorio difficile, qual è da secoli l'isola dei nuraghi.




Egli aveva capito che un buon imprenditore, prima o poi deve fare i conti con chi detiene un potere forte come quello dei partiti, i quali possono essere motore di sviluppo o palla al piede del progresso, con cui occorre, comunque, scendere a patti.




All'inizio, il “Progetto Sardegna” si pose come un movimento al di fuori delle “camarille”, con un programma che puntava principalmente su tre elementi importanti: - ricerca scientifica, con la creazione di un polo universitario competitivo a livello internazionale;


- rivalutazione delle risorse agro-pastorali, con l'adozione delle tecnologie più avanzate per la produzione e la commercializzazione diffusa dei prodotti tipici regionali, protetti e garantiti dalle imitazioni;


-potenziamento dell'imprenditorialità turistica da estendere alle zone interne dell'isola, nell'attenta salvaguardia della natura.




Idee buone che però dovevano perire nel mare magnum della burocrazia dei compromessi e dei giochi di corridoio, una volta stretta l'alleanza con il centro-sinistra.




Errori strategici gravissimi si evidenziarono ben presto nel corso della sua leadership, tutti derivati dall'impostazione salesiana della sua formazione culturale, ancorata al “cattolicesimo rosso” degli anni sessanta e influenzata pesantemente dagli istinti estremisti degli ayatollah del post-comunismo, con cui maldestramente strinse un'innaturale legame ( come possa un fautore del libero mercato entrare in sintonia con l'ideologia assistenzialista, demagogica, antimodernista di una certa sinistra resta ancora un mistero).




A ciò si aggiungano alcuni stravolgimenti dei connotati propri della cosiddetta “sardità”, forieri delle più perniciose conseguenze per l'economia e l'immagine della Sardegna.




L'insofferenza per i pretesi colonizzatori del territorio ed i rigurgiti “revanscisti” contro i nuovi ricchi, maleducati ed arroganti, si tramuta da sentimento d'indipendenza individualista e senso della giustizia sostanziale, l'amore per la natura e la propria tradizione, fortemente connaturati al costume dei sardi, in provvedimenti giuridicamente aberranti e di rozza impronta giustizialista con tasse ed imposizioni fiscali anticostituzionali, in un assurdo braccio di ferro con il Governo centrale ed in vincoli all'attività edilizia privi di logiche giustificazioni ed attinti dal peggior repertorio dell'ambientalismo isterico e fanatizzato.




Le conseguenze negative di simili deviati atteggiamenti non tardarono a manifestarsi in un pervasivo arretramento culturale ed economico.




L'opposizione alla permanenza americana a La Maddalena e alla base della Marina militare italiana, nonostante il pannicello caldo del G8, rischiano di provocare un tracollo economico senza precedenti per la comunità dell'arcipelago “più bello del mondo”, e nascono dall'utopia dissennata di poter attirare imprenditori seri, in grado d'investire e produrre ricchezza, dall'oggi al domani, imponendo una patria potestà burocratica che contraddice i più elementari principi della libera iniziativa.




La contestazione aprioristica della Costa Smeralda e la contemporanea ricerca successiva del sostegno dell'Aga Kan Karim, per importare turismo internazionale nella fascia meridionale dell' isola, con baricentro nella provincia di Cagliare è il grottesco risultato di un campanilismo senza senso né scopi apprezzabili sotto il profilo dell'interesse generale.




Il Presidente si è attorcigliato nei pregiudizi e nelle contraddizioni di una classe politica insipiente portandolo ad enfatizzare il proprio animo di sardo fiero e leale, fino a capovolgersi nel parossismo estremista e declamatorio, nei più nefasti ed autodistruttivi impulsi autarchici.



Il risultato negativo di tale discesa agl'inferi si poteva intuire.




Che cosa poteva portare il connubio tra un imprenditore tutto sommato ingenuo ed i vecchi marpioni dei professionisti della politica se non un abbraccio mortale?



(Pubblicato anche su "Il legno Storto" ed "Il Mascellaro")


sabato, febbraio 14, 2009

Amore e Matrimonio






C'è una differenza sostanziale tra l'amore e il matrimonio.
Rari, rarissimi i casi di coincidenza tra l'istituzione-contratto e i sentimenti profondi, i legami autentici tra uomo e donna.

L'istituzione matrimoniale è in crisi , non da oggi, ma da almeno un secolo, anche se c'illudiamo che sia un fatto relativamente recente.

Marco Guzzi sta conducendo un'indagine accurata in Rai sui mali del nostro tempo ed i risultati sono sconcertanti, ma veritieri: per il nostro paese, afflitto da calo demografico e della fecondità, abbassamento del livello di responsabilità individuale, di una morale vitale, mancanza di impulsi veri per i giovani ed i meno giovani, sono particolarmente catastrofici.

Sul piano culturale, i drammi di Ibsen, i romanzi di Gide, i saggi di Freud hanno, da tempo, individuato nella famiglia un luogo di "violenza tirannica", d incomprensione rancorosa, di vendette incrociate, di rabbia ineliminabile.

E' dagli inizi del novecento che l'istituto è stato posto sotto accusa, riconoscendo un divario tra forma e sostanza nella convivenza amorosa tra i sessi.


Le coppie di fatto sono in aumento, come separazioni e divorzi.Segni di un cambiamento ulteriore nel costume della società
e nella ricerca non solo della libertà individuale e di coppia, ma di un modo nuovo di ascoltare il proprio spirito, valorizzando l'affettività sincera sull'ipocrisia sociale.

Il prof. Alberoni (honny soit qui mal y pense), esperto d'innamoramenti, ha stabilito la possibilità che, nel corso dell'esistenza, si possa incontrare l'amore al massimo tre volte.
Resta confermata quindi la caducità di relazioni, le qualie, se vengono formalizzate con nozze civili o religiose corrono, comunque il rischio elevato di rompersi.
La media della durata matrimoniale pare sia ormai di due anni.

E allora?


Cerchiamo l'amore vero, privilegiandolo rispetto al conformismo, vincendo insulse resistenze di carattere ideologico: sposiamoci pure se lo vogliamo, ma prendiamo atto della fine di un bellissimo sentimento, quando esso si è esaurito.

Ricordiamo, altresì, le perspicaci parole di un grande, inimitabile pensatore, come Nietzsche, il quale affermava profeticamente: "Non sposarsi è un piccolo atto di non conformismo che va assolutamente fatto".

Viva S.Valentino.

martedì, febbraio 10, 2009

Eluana: né destra né sinistra


“Libero” ha pubblicato alcune dichiarazioni di uno “scienziato” ideologo, il quale, a proposito del caso Englaro, nell’affermare apoditticamente, ma senza adeguato riscontro probatorio,che solo un soggetto pensante, cosciente, può definirsi vivo, si richiama alla finta contrapposizione tra destra e sinistra.

Il problema però non è politico , ma di carattere squisitamente etico.

Dipende dalla nostra sensibilità e dalle decisioni conseguenti alla nostra visione della vita e del mondo.

Non saprei dire come deciderei. se fossi al posto di Beppino Englaro.

Bisogna soffrirle sulla propria pelle certe situazioni, per poter rispondere con onestà intellettuale.

Perciò mi astengo da qualsiasi giudizio e rispetto il dolore della famiglia.

Credo peraltro che la libertà di scelta individuale, a certe condizioni, non possa essere negata dallo stato.
Anche questa, legata magari al testamento biologico, è riconducile ad un irrinunciabile principio di libertà (e responsabilità) personale.

Ecco perché mi pare che lo schema di testamento biologico ,apparso su Facebook, a cura del gruppo dei riformatori liberali, sia condivisibile.

L’invadenza dello stato dovrebbe essere limitata a dettare regole di larga massima, senza voler minutamente disciplinare materie così delicate e cariche di pathos, nelle quali si rischia di compromettere un valore fondamentale come quello della dignità della persona.

lunedì, febbraio 09, 2009

Cacciari e l'ortodossia


Ritanna Armeni, miracolosamente scampata al genocidio perpetrato dai giovani turchi della 7, capeggiati dalla bionda all'arancia Lilli Gruber, ha trovato asilo politico presso la Rai.

In quella sede ha subito messo a segno un intervista, manco a dirlo, sul tentativo di colpo di stato contro Napolitano da parte del premier sul caso Englaro, con il tenebroso sindaco di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari, definendolo con le parole del Presidente della Regione Veneto, il leghista Galan, nientemeno che “un eretico”.

L'autorevole maitre à penser della sinistra post-marxista non ha battuto ciglio e sembrava, anzi, molto lusingato dall'appellativo mentre si accingeva a dare il suo responso sul testamento biologico, oggetto del disegno di legge governativo, da oggi all'esame del parlamento.

Pur apprezzando le parole del politologo liberale, il Prof. Angelo Panebianco, il quale dalle pagine del “Corsera”, invitava a considerare argomenti tanto delicati come esclusivi della sfera privata, ribadiva che l'etica non è sufficiente a disciplinare un tema così profondo, occorrendo invece un prodigioso intervento della politica per i riflessi sociali che la scelta di un determinato sistema normativo produce tra la gente e presso il popolo, oltre che in ciascun cittadino.

Ora, a parte la lapalissiana dichiarazione d'intenti iniziale, buona per tutti gli usi, anche il resto delle argomentazioni, svolte dal'illustre primo cittadino lagunare, non sono apparse come uno “strappo”, rispetto alle consuete prese di posizione ideologiche dell'opposizione dell'attuale governo.

Ed allora viene spontanea la domanda: il bieco Galan e la pasionaria di "Liberazione"dove hanno intravisto l'eresia del gattone-pensante, in eterno oscillare tra moderatismo e rivoluzione, mentre rimugina, tra una leccatina ai baffi e l'altra, la risposta ai problemi del mondo?

Nelle uscite pubbliche, e sono ormai innumerevoli, non si è mai notato nulla di diverso dall'ortodossia della grande chiesa post -comunista.

Cacciari va bene così a tutta la sinistra, che non vede l'ora di toccargli sandali e saio, essendo l'unico a dimostrare di avere un po' d’idee e sale in zucca, quando parla delle strategie della sua parte politica.

Anche se profumata da gigli, la strada che indica non è eretica per nulla, tutto sommato è dentro la tradizione del novecento. Al presente per essere un Giordano Bruno dovrebbe allearsi, lui laico e ateo, con Benedetto XVI, come ha già fatto da tempo l’ateo devolto Giuliano Ferrara, il quale infatti rischia di finire sul rogo con il suo sodale Pietrangelo Buttafuoco, altro personaggio da demonizzare e mandare in esilio per aver denunciato la perdita del sacro nel suo ultimo libro “Cabaret Voltaire”.

E allora perché gratificare Massimo Cacciari di qualità superiori a quelle che possiede?

Per essere “eresiarchi” non bastano le parole di qualche collega o qualche fan o qualche ammiratrice in platea o alla raitv.
Ci vuole ben altro.
Andatelo a chiederlo al povero Socrate.

giovedì, febbraio 05, 2009

Soru, l'infelice



In particolare, il richiamo all'età del Cavaliere pare un penoso espediente, per evitare di approfondire i veri temi della campagna elettorale ed sorvolare sugli errori commessi dalla sua giunta, pongono M.R. Tiscali in contrasto con l'ambiente tradizionale sardo e la cultura dell'isola, in cui il rispetto dei “vecchi” è norma fondamentale, e lo riconducono, purtroppo, paradossalmente alla figura tipica del “nuovo ricco”, aduso ai toni arroganti e supponenti, privo di qualsiasi elementare rispetto per il prossimo.

Egli dimentica che “la giovinezza è una malattia da cui si guarisce presto” e che un politico di razza si serve delle idee, r non della volgarità, per conquistare il consenso. Il linguaggio da caserma e gli atteggiamenti spocchiosi si ritorcono, prima o poi, contro chi li usa.

Quel che dispiace maggiormente è l' immagine falsa e squalificante della Sardegna e dei sardi, che scaturisce dalle infelici dichiarazioni rese al giornale.