martedì, ottobre 25, 2005

Sulla libertà (Omaggio a Stuart Mill)


Vi è una sfera di azione nella quale la società, in quanto distinta dall'individuo, ha soltanto un interesse indiretto, se mai ne ha alcuno. Essa comprende tutta quella parte della vita e del comportamento di un uomo che riguarda soltanto lui o se riguarda anche gli altri richiede un consenso o una partecipazione liberi, volontari, e non ottenuti con l'inganno.

Questa è la ragione propria della libertà umana.
Essa comprende innanzitutto la sfera interiore della coscienza, libertà di pensiero e di sentimento, assoluta libertà di opinione in tutti i campi, pratico e speculativo, scientifico, morale o teologico.
Secondariamente, questo principio richiede la libertà di seguire i propri gusti e le proprie inclinazioni, ovvero di programmare la nostra vita in conformità al nostro carattere, di fare quel che ci piace, con tutte le possibili conseguenze, senza essere ostacolati dai nostri simili, fintantoché non arrechiamo loro danno, anche se essi dovessero ritenere il nostro comportamento stupido, sbagliato o perverso.
In terzo luogo dalla libertà di ciascun individuo, entro gli stessi limiti, consegue la libertà di associazione fra gl'individui: la libertà di unirsi per uno scopo qualsiasi che non nuoccia agli altri, posto che si tratti di persone adulte, non costrette con la forza o con l'inganno.

L'unica libertà degna di questo nome è quella di perseguire il proprio bene a proprio modo, fino a che non cerchiamo di privare gli altri della loro o di ostacolare i loro sforzi per ottenerla.
Ciascuno è il guardiano naturale della propria salute, sia fisica che mentale e spirituale.
L'umanità trae maggior vantaggio dal lasciare che ciascuno viva come meglio gli sembra, che non dall'obbligo a vivere come sembra bene agli altri.


John Stuat Mill

lunedì, ottobre 24, 2005

I socialisti:uno spettacolo deprimente


Ci stanno? Restano? Se ne vanno?
Facciano quel che vogliono.

Al di fuori della modesta cerchia dei nostalgici, come fu per quelli della balena bianca, non c'è grande interesse oggi in Italia per un ritorno al vecchio PSI, così come alla vecchia DC, nonostante le sceneggiate.
Che cosa volete che importi agl'italiani che s'interrogano sul futuro se - come l'araba fenice - rinascerà il partito craxiano?
Vedere i congressisti accapigliarsi e gridare come da qualsiasi curva sud , lanciando insulti, non è né di buon gusto né divertente.
E'uno spettacolo deprimente.
Ma a pensarci bene:che cosa ci fanno i socialisti nella CDL? Nulla.
Meglio Boselli, personaggio demodé, somigliante ad una figura politica degli anni cinquanta, che almeno tenta di sopravvivere unendosi ai radicali, i quali non potranno avere altro alleato elettorale, visto che hanno stancato tutti.
E il socialismo, oggi, cos'è in Italia?
Un mistero, una cabala, una farsa.
Tutti volti vecchi.
E poi, l'investitura per diritto ereditario di Bobo è quanto di più tragico possa rappresentarsi sulla scena politica nazionale.
Il figlio di Bettino che va nel centrosinistra, con i nemici più velenosi ed accaniti di suo padre,con quelli che lo hanno massacrato e vilipeso da vivo e da morto.
No, non è un dramma antico. E' una triste pantomima. Tutto per un pugno di voti.

venerdì, ottobre 21, 2005

Sono solo canzonette


Ma chi crede di essere Celentano?

Veramente a furia di essere osannato anche per le sue incertezze e indecisioni nel parlare, le pause di un eloquio approssimativo e poco efficace da persona semplice e poco istruita, ma anche avvezza alle furbizie del mondo dello spettacolo, dove perfino i propri difetti possono tramutarsi in pregi, l'ex orologiaio crede di essere un guru?

Come altri suoi colleghi, che scambiano le canzonette per ragionamenti articolati di tipo letterario o filosofico o politico, incoraggiati da un pubblico incolto ed istintivo (per il quale l'apparire vale molto di più dell'essere e la leggerezza e superficialità delle note musicali costituisce tutto l'universo possibile), pensa di poter dare lezioni morali ed indicare la strada della libertà?

Ieri abbiamo visto l'ennesima esibizione nazional popolare dell'ex molleggiato e ci è parso un po' affaticato nel recitare il ruolo del Savonarola dei Navigli, nella cui acqua inquinata si possono immergere panni sporchi di qualsiasi provenienza, tanto non cambia nulla.

Ci dispiace solo per Depardieu, che ha avuto un bel daffare per apparire in sintonia con un padrone di casa inadeguato , balbettante e a disagio di fronte ad un attore di vaglia, per di più francese e libero da quei condizionamenti postcomunisti, a cui invece l'anfitrione non ha potuto sottrarsi, ripetendo i soliti luoghi comuni sulla censura del centrodestra e sui poveri miliardari perseguitati come Biagi, Luttazzi, Annunziata, Santoro.

Dato il battage pubblicitario, che aveva preceduto il lancio della trasmissione, pensavamo che il primo rocchettaro d'Italia fosse in grado di un gesto anticonformista, come a volte i cantautori sono capaci di fare, almeno in qualche raro momento di verità.
E invece no.

Il Nostro si è appiattito nella piaggeria più strisciante per il vero potere e le lobby che gestitscono ancora l'industria culturale e dello spettacolo, quelle della sinistra più becera, quella che rimpiange ancora il Che e non trova in casa neppure un piccolo Zapatero, ma è costretta ad accontentarsi del Sig. Mortadella.
Poco male in fondo.
A dispetto dell'esultanza dei disobbedienti e no global televisivi, profumatamente pagati dal contribuente, personaggi alla continua ricerca del posto fisso nell'ente radiotelevisivo, inteso alla maniera di "cosa nostra", infischiandosene del servizio pubblico, non tutti la bevono.

Non cantino vittoria troppo presto quanti sono abituati a correre in soccorso del vincitore, nel segno del più basso conformismo italico.

C'è seriamente il rischio per loro che l'opinione pubblica - di fronte a spettacoli indecenti come quello offerto da Celentano - reagisca in senso contrario.
I guitti troppo zelanti con il principe suscitano disgusto nelle persone di buon senso e, alla fine della festa, rimangono solo le canzonette.

sabato, ottobre 15, 2005

Viva l'abbondanza



Dopo la bella sfilata della stilista Mirò, che finalmente rivaluta il 35% della popolazione femminile attestata sull'over 45, riteniamo che sia giunta l'ora di riequilibrare le tendenze alll'imposizione di modelli esili, efebici, anoressici (con tutto il rispetto e l'ammirazione per tal genere di beltà muliebre), riportando alla piena cittadinanza le forme rinascimentali ed il fascino mediterraneo e, perfino, le amabili signore e signorine dell'impareggiabile pittore Botero. E, per reazione alle troppo magre che hanno imperversato per almeno un quarantennio, addirittura le ciccione.
Viva l'abbondanza.

venerdì, ottobre 14, 2005

Un elemento positivo: l'abolizione delle preferenze


La nuova legge proporzionale è stata approvata alla Camera.
Per quanto ancora siano presenti perplessità ed interrogativi circa l'effettiva garanzia del bipolarismo, che converrà vedere nella sua applicazione pratica, c'è tuttavia un elemento che non può che considerarsi positivamente: l'abolizione delle preferenze.

Tra i mali indiscutibili della vecchia normativa del maggioritario imperfetto, erano intollerabili la lotta per le candidature, l'incremento del voto di scambio, l' aggravio della partitocrazia nella scelta dei candidati.

Spettacoli indecorosi le sanguinarie competizioni tra gli eleggibili, che non si risparmiavano coltellate all'interno dello stesso partito e non badavano certamente ai mezzi, leciti o no, per ottenere l'investitura "popolare".

Pensiamo poi ai ricatti reciproci che le preferenze consentivano tra gli eletti ed elettori: tutto il contrario della democrazia e dell'elezione delle persone più affidabili, nella maggioranza dei casi, relegate ai margini della vita politica per favorire i professionisti delle arrampicature sociali, privi di competenze e qualità.

Certamente i partiti dovrebbero essere riformati e le loro attività dovrebbero essere rese più trasparenti, per evitare lo strapotere delle segreterie, aprendosi alla società civile più di quanto oggi non sia avvenuto, ma intanto non è un piccolo passo quello compiuto rispetto al passato, evitando, con la nuova legge, il proliferare di vere e proprie "cosche mafiose", i vergognosi mercanteggiamenti e l' imposizione di nomi discutibili dall'alto.

Speriamo bene.

giovedì, ottobre 13, 2005

Uomini e topi



Mi ha stupito l'approccio del Prof. Gessa, farmacologo dell'Università di Cagliari, nel trattare il tema della droga in modo piuttosto "minimale".

Sarà stata una mia impressione, ma nella trasmissione di Bruno Vespa di due giorni fa, il competente studioso parlava del problema come un entomologo discetta d'insetti e riconduceva tutto alla "dipendenza", la quale, di per sè, non creava che rischi collaterali per le conseguenze derivanti dall'abuso delle sostanze assunte.

Egli si riferiva alle cinque specie di droghe naturali (cocaina, eroina, morfina, alcol, nicotina).

Sono rimasto un po' sconcertato, perché pareva che tra le varie categorie non vi fosse differenza profonda. Anzi sembrava che alcol e nicotina fossero in qualche modo più pericolose per l'organismo rispetto alle altre.

E'possibile che la scienza medica non abbia stabilito altri danni diretti per il fisico, oltre alla dipendenza?

Intervistato stamattina a proposito delle ultime ricerche sugli effetti della cocaina, il Prof. Gessa ha indicato il potenziale pericolo per il cervello, venuto alla luce da alcune ricerche scientifiche sui topi.

L'effetto prolungato della droga si concentrebbe in un'area profonda cerebrale, abbassando i freni inibitori per la ricerca di soddisfacimento dei desideri da cui si dipende.

La mancanza d'inibizioni è facilmente immaginabile quanti danni può determinare nella personalità e nel comportamento e nei riflessi sociali.

La medicina studia farmaci che contrastino la perdita dei controlli cerebrali.
E quindi non si tratta di acqua fresca...

domenica, ottobre 09, 2005

La mortadella è priva di fascino, ma la Ferilli...


La sinistra italiana non ha più "eroi" credibili (se ne ha avuti, li ritrova probabilmente nei miti di un certo fascismo) e pertanto le sue icone deve cercarsele all'estero, dove, peraltro, non sussiste il fanatismo ideologico di casa nostra, ancora legato, in larghissima parte, ai "trinariciuti" stalinisti di guareschiana memoria (basta vedere le rabbiose e penose esibizioni di Vauro a Telesette, in tarda serata, per rendersene conto) ed è quindi inevitabile l'impasse e la conseguente frettolosa cancellazione dei pigmalioni esotici, come Blaire o Zapatero, allorché dimostrano di avere i piedi ben piantati nel proprio paese, a difesa degl' interessi e delle istituzioni nazionali.

Quali figure potrebbe innalzare sugli spalti l'Unione?

La Jervolino? Non dovrebbe aprire bocca.
Vendola? Non dovrebbe almeno portare gli orecchini.
Bertinotti? Dovrebbe addolcire lo sguardo e levigare i canini.
Prodi? Dovrebbe smetterla di roteare gli occhi e di avere costantemente l'acquolina in bocca per... la mortadella.Per quanto gustosa quest'ultima, infatti, è del tutto priva di fascino anche per il popolo progressista.

Le primarie possono servire a qualcosa per trovare qualche immagine accattivante?

Se si candidasse la Ferilli, in mancanza di personaggi dotati di carisma, le sue accettabili forme potrebbero costituire un buon surrogato, raccogliendo
voti tra gl'indecisi...

giovedì, ottobre 06, 2005

Un Placido sistema


Michele Placido ha parlato del suo ultimo film, tratto da "Romanzo criminale" di De Cataldo, nel quale si narra la storia della banda della Magliana e delle sue implicazioni politiche nell'Italia degli anni settanta.

Implicazioni date per vere, benché non provate giudiziariamente.

Insomma quella che, nel libro del magistrato-scrittore De Cataldo, è semplice ipotesi romanzesca, viene dato per realtà provata, quasi scontata dal Placido regista-attore, il quale in tal modo si colloca nell'alveo della tradizione complottistica, che affligge il nostro paese da oltre trentanni, per avvalorare l'ipotesi di un secondo Stato, amministrato con sistemi massonici dagli stessi reggitori del potere.

Il fatto che, dopo anni d'indagini, non si sia arrivati al bandolo della matassa degli svariati e sanguinosi episodi criminali- nonostante il dovizioso dispiegamento di mezzi posto in essere per lunghissimo tempo (accompagnati dalla gran cassa dei giornali progressisti, i quali avevano già scritto tutte le sentenze, attendendone soltanto conferma formale da parte dei giudici, per attribuirne la responsabilità ai sistemi deviati d'informazione e sicurezza, con l'uso spregiudicato della mano d'opera fascista e mafiosa, al servizio del regime clerical-socialista) - non serve a nulla.

Placido si allinea alle tesi e ai teoremi prevalenti nell'ottica della sinistra estrema, pensando di essere anticonformista.
Ma così non è.

Da quel che lui stesso racconta, l'opera cinematografica rimane nel solco della celeberrime stragi di Stato, che hanno massacrato l'Italia, da Calabresi in poi.

Non è un grande sforzo intellettuale, né un un film originale, ma serve a fare cassetta, ripetendo temi sfruttati da anni dalla propaganda politica marxista e para-marxista, al solo scopo di conquistare la diligenza del governo.

Non è un contributo alla verità di quegli anni. Ma un'ulteriore replica di un leit- motiv divenuto ormai logoro.

In fondo c'era da aspettarselo.
Per avere consenso e guadagni, oggi come ieri, c'è solo una strada: quella di apparire coerenti con le tesi prefabbricate dei rivoluzionari di professione, per i quali il sequestro Moro è tuttora da attribuire alle sedicenti brigate rosse, anche a costo di divenire
tragicamente grotteschi.

martedì, ottobre 04, 2005

Pensiamo all'oggi e al domani


Caro Cavallotti,
credo di aver correttamente interpretato la sua analisi del modello svizzero, contenuta nel suo pregevole articolo del 2 ottobre su "Legno Storto" come una provocazione intellettuale, atta a considerare la mancata evoluzione verso una democrazia federale compiuta del nostro popolo.

Ho ritenuto opportuno rilevare la diversità dei caratteri dell'Italia e della Svizzera.

Anche se noi abbiamo molto da imparare dai nostri vicini, abbiamo la necessità d'individuare temi importanti e sentinti, convincenti ed appassionati per non cadere nel vuoto dell'astensionismo, che incombe soprattutto sull'elettorato di destra.

Forse non ci rendiamo ancora ben conto dei danni che le infinite diatribe all'interno del fronte moderato hanno causato presso l'opinione pubblica che ha sostenuto la "Casa delle libertà".

Abbiamo assistito all'indecoroso spettacolo di versipellismo da sinistra verso il centro e la destra, nell'intento di favorire unicamente interessi personali e di cordata, nonché lo scomposto assalto alla diligenza di enti e poltrone, né più né meno come nella prima repubblica.

Uno spettacolo patetico a tutti i livelli, centrale e periferico, ad opera di chi era stato eletto per cambiare e compiere la rivoluzione liberale ed antipartitocratica.
Addirittura ora pare si voglia semplicemente ripristinare il sistema dei partitini che ricattano ad ogni pie' sospinto, per coltivare il proprio orticello, con la proposta di una nuova legge elettorale in senso proporzionale, imposta come un diktat, senza spiegare le ragioni ideali che inducono a fare questa scelta.

Vogliamo pensare o no alla crisi di credibilità che attraversano i liberal-conservatori e i cattolici-liberali nei confronti di questo Governo?

Vogliamo capire che i rappresentanti eletti nel 2001 debbono fare autocritica ed impegnarsi seriamente per eliminare errori e compromissioni se voglio mantenere la fiducia degli elettori?

Abbiamo bisogno di convinzioni forti, non soltanto di strategie studiate a tavolino per contenere Prodi (com'è peraltro sacrosanto).

Desideriamo idee e programmi affascinanti anche per i giovani, per ricostruire l'identità culturale ed etica del nostro paese ed abbiamo il diritto-dovere di selezionare dalla realtà sociale uomini politici corretti ed entusiasti, pronti a rendere un servizio pubblico, disinteressati sul piano privato e personale.

E' su questo punto che vorrei richiamare l'attenzione sua e degli amici di "Legno Storto" come di altri aggregatori del libero pensiero moderato, perché si facciano coscienza critica dei politici e non tengano bordone al centro-destra, quando non interpreta la società ed i suoi bisogni di oggi e domani.



L'Espresso liberale?


Nel ricordare il cinquantennio de L'Espresso, Simonetta Fiori intervista Scalfari, su Repubblica, che presuntuosamente titola "Un club di liberali, progressisti e libertini", riferendosi al carattere del settimanale di De Benedetti.

Ora, può darsi che in qualche modo quest'ultimo si fosse formato alla scuola crociana, ancora in auge al tempo della nascita del giornale, ma che esso si sia caratterizzato in senso liberale, mi pare revocabile in dubbio.

Lo definirei un periodico giacobino, piuttosto.

Tutto teso a combattere il cosiddetto clericalismo e l'iniziativa privata, fautore altresì delle nazionalizzazioni , in primis, quella dell'energia elettrica, con i risultati che ancora oggi sopportiamo sulle nostre spalle.

Alla ricerca di un blasone, si cerca l'ascendenza liberale, non avendo il coraggio di definirsi, oggi più che mai, marxisti o paramarxisti, questa mi sembra la motivazione autentica. Basti pensare all'educazione stalinista di D'alema, il quale oggi passa anch'egli per un liberale (ma perché?).

Del giacobinismo, L'Espresso ha mantenuto tutti i tratti più evidenti: la religione della ragione illuminista e scientista, la divinizzazione della psicologia da una parte e della classe operaia dall'altra, l'intolleranza nei confronti della chiesa e delle istituzioni tradizionali, lo scandalismo senza riscontri concreti, ma immaginati o costruiti, la coltivazione delle idee massimaliste, la demonizzazione e la mancanza di ogni rispetto dell'avversario.

L'ebdomario fu anche un trampolino di lancio per l'elezione in parlamento, nel partito socialista, di Scalfari.

E dunque altro che liberalismo.

Ancora oggi i degni eredi di Repubblica giocano - come si trattasse di una partita a briscola - con le parole ed i concetti nell'affrontare i temi importanti, dalla cultura alla politica, dalla società al costume, con una incredibile leggerezza, la stessa con cui, durante il Terrore, si mandavano alla ghigliottina i nemici del popolo.

Buon sangue non mente.

lunedì, ottobre 03, 2005

Bertinotti for President


Chi ha seguito la trasmissione di Bruno Vespa, dedicata al programma politico di Bertinotti candidato alle primarie dell'Unione, avrà notato come il clima sia positivamente mutato nella considerazione generale della cosiddetta rifondazione comunista (la quale sarà qualcosa di nuovo rispetto al vecchio partito comunista, ma non si discosta sostanzialmente dalle impostazioni marx-leniniste).

In un'atmosfera di grande e cordiale accoglienza in studio - contornato da ospiti, che avrebbero dovuto rappresentare le categorie produttive del paese - oltre ai soliti rappresentanti sindacali, il re dei sondaggisti, Renato Mannheimer, ha conferito l'investitura di una larga maggioranza, favorevole alle tasse sulle rendite d'impresa, alla introduzione della patrimoniale,all' l'abolizione della legge Biagi e ad un'altra serie di misure punitive e giustizialiste nei confronti della borghesia piccola media e grande - nel più puro spirito classistenzialista, che evidentemente ha ancora il vantaggio d'infiammare, con qualche slogan demagogico, la base della sinistra nazionale - anche a costo d'infischiarsene dell'Europa e dei più elementari pricipi della libertà economica.

I proclami di Bertinotti ed il consenso che riscuote tra giovani e lavoratori dipendenti non meravigliano più di tanto.

Stupisce invece il fatto che idee antiquate, fondate sull'invidia sociale, non destino scandalo.

domenica, ottobre 02, 2005

Non siamo la Svizzera


Abbiamo letto con interesse l'attenta analisi pre- elettorale di Marco Cavallotti su "Legno Storto", il quale evoca fra le altre l'immagine della Svizzera, compiuta e federale democrazia, come possibile riferimento per un elettorato, diciamo così, evoluto e riteniamo l'accostamento un'intelligente provocazione.
Qualche tempo fa, Carlo Lottieri fece l'apologia della Svizzera e della sua neutralità attiva ed isolazionista.
Non è un modello che potrebbe andar bene per noi.
Certo, molto dobbiamo ancora imparare dalla Svizzera (non ultimo il senso civico), ma con tutta la stima che abbiamo per Lottieri, la società elvetica non ci pare il modello jeffersoniano migliore.
Noi abbiamo bisogno di credere in quello che facciamo e non vogliamo occuparci solo dei problemi che ci riguardano da vicino, anche se spesso ci costringono a farlo i nostri politici.
La Svizzera è la fine della passione e della coltivazione delle idee.
E' troppo neutra.
L'Italia è un paese mediterraneo: con mille difetti e debolezze, ma con la voglia di competere in tutti campi nel consesso internazionale.
E' vero quel che dice Marco Cavallotti: chi non è di sinistra si sente defraudato dai propri rappresentanti e profondamente deluso.
Non si rimpiangono le ideologie, ma la mancanza d'impegno civile e la disgustosa disputa sulle cariche da spartirsi sono esempi umilianti per una nazione che non ha rinunciato a costruire o ricostruire la propria identità.
Il ritorno al proporzionale, seppure per fini strategici, non convince. Possiamo nutrire ancora una speranza?
Chi ci dice che vinta la battaglia elettorale, tutto non torni alla spartizione del potere, come purtroppo è accaduto anche nella "Casa delle Libertà".
Fossimo la Svizzera, accomodante asettica sterilizzata, sarebbe tutto più semplice.
Ma ancora il Bel Paese vuole confrontarsi con se stesso.
E poi noi siamo la patria delle fazioni non ancora evolute in una corretta democrazia, ma proprio per questo desiderose di lottare.
Il problema è proprio questo: la forza dei moderati può trarsi soltanto dalla volontà di opporsi al disegno del centro sinistra o c'è l' estrema necessità di un programma esaltante, in cui i primi ad aver fede siano i rappresentanti eletti in parlamento nel 2001 a furor di popolo?