giovedì, aprile 28, 2011

Radicali e liberali


liberal fasc.Io non ho difficoltà a dire che apprezzo anche Travaglio eMauro e non solo Sechi.
Ovviamente non sempre. Certamente le loro opinioni sono differenti, ma per capire bene com’è strutturata la politica di casa nostra sul piano dei princìpi, non basta leggere Il fattoRepubblica o Il Tempo.
Per quanto riguarda il polo dei moderati, mi pare molto importante la distinzione che deriva dal libro ”liberal fascism”, di J. Goldberg, perché, secondo me, traccia una linea di confine tra radicali liberali di cui è necessario tener conto.
Su ”Il futurista” qualcuno teneva molto a distinguere i fasciocomunisti buoni da quelli cattivi, come se si trattasse di categorie vitali ed attuali, mentre è pura propaganda elettorale, senza alcun fondamento culturale. La paura fa novanta quando si affratellano ifasciocomunisti al movimento di Le Pen, considerato il demonio per tutti. Ma l’ultra-destra non è solo il lepenismo, che in italia è rappresentato principalmente dalla Lega, ma anche da altri gruppi e gruppuscoli, caratterizzati dall’anti-capitalismo, anti-imperialismo, anti-sionismo e via dicendo come ai tempi del nazi-maoismo sessantottesco. Roba da analizzare in sociologia o psicosociologia come reperto storico-archeologico dell’epoca degli ideologismi esasperati e fanatizzanti.
Importa, invece, in questa sede, affrontare l’argomento invece sotto l’ angolatura diGoldberg, il quale sostiene appunto che i “liberal” sono i veri neo-fascisti: ”di’ loro di smettere”, scrive l’autore americano nel libro grosso e ben documentato, ”il fascismo è cosa tutta loro, progressista, di sinistra, illuminista, che con la vera ‘Destra’ non c’ entra e che quindi bisogna tenersene a distanza, perché strepita, sputa, vessa e alla fine pure uccide, oggi come ieri...”
Questi liberal sono i radicali, da non confondersi con i liberali ed in particolare con il nelneo-conservatorismo liberale (non liberal) d’impronta europea, al quale dovrebbero assimilarsi i moderati italiani, per non  creare confusione nell’elettorato.

Basta intendersi: anziché dire’ liberal‘ diciamo radicale e ci capiamo.
Ora, sul piano culturale, essere radicali non significa a mio parere essere moderati e liberali.
Si rischia di ritrovarsi su una sponda fondamentalista, laicista e relativista, ovverogiacobina, che caratterizza la cd sinistra progressista ed illuminista, omologa al totalitarismo, perché impone come verità dominanti miti costruiti nella provetta della Rivoluzione francese del positivismo, dello scientismo, etc, etc,etc, per sfociare inevitabilmente nel Terrore e nelle sanguinose rivoluzioni del 900.
Di qui l’apparentamento con il fascismo ed il nazismo, che descrive Goldberg.
Una tesi che trova d’accordo, a quanto sembra, lo storico Giordano Bruno Guerri, il quale intravede nel fascismo un esempio di realizzazione della Rivoluzione francese; evidentemente, dell’anima giacobina e non liberale, da cui prese le mosse la Rivoluzione americana ed incarnata nella Rivoluzione inglese.
Ma c’è di più secondo me.
Questi riferimenti storici al Terrore e alle dittature, o ai totalitarismi di diverso segno, appartengono al secolo passato e alle ideologie crollate col muro di Berlino e pertanto possono definirsi storicamente superati.
Quando si parla giustamente di superamento delle categorie di destra e di sinistra, si vuole mettere in luce la mancanza di steccati e la necessità di prevedere un’evoluzione della società nella direzione di valori ed idee condivisi, superando le semi-paralisi mentali, di cui parlava Ortega Y Gasset.
Per questo, si parla oggi di Rivoluzione neo-conservatrice liberale, riformista e popolare in Europa. Perché molti schemi sono saltati e le distinzioni passate andrebbero cancellate.
L’Italia è diversa, perché gli atti di fede ideologica purtroppo permangono alterando la visione della società a partiti, partitanti e larghe fasce di opinione pubblica manipolabile e manipolata.
Essere liberali significa, in primo luogo, essere de-ideologizzati.

giovedì, aprile 21, 2011

Tourbillon


C’è un grande turbamento in chi desidera cambiare veramente la struttura di questa società, pur non credendo più alla politica.
Si ha l’impressione di essere presi in una morsa da cui è impossibile fuggire.
I partiti sono alla ricerca disperata di consenso, pur avendo consapevolezza dello scontento generale e della propria incapacità a colmare il vuoto tra paese reale e istituzioni, ridotte ormai a proprietà dei ceti dominanti.
Si parla di sempre maggiori infiltrazioni della mafia nelle liste elettorali e tra gli eletti.
Al sud, al centro, al nord, nessuna differenza sostanziale.
La gente pensa di essere sotto scacco e di non poter essere più rappresentata.
La corsa alle candidature è sempre più appannaggio di persone nullafacenti o interessate ai traffici poco puliti, agli intrallazzi, al vantaggio personale.
E’ un paese che muore.
La crisi immobilizza tutti e si vive nella speranza che non accada il peggio.
I modelli sociali che imperversano sono improntati al cinismo e all’indifferenza.
Il culto idolatrico del denaro s’impone alle varie componenti sociali come l’unico ‘valore’ da perseguire.
Ormai è la guerra per bande che si è instaurata nelle stanze del potere e a nessuno interessa la cosiddetta investitura popolare, anche perché non c’è autentica democrazia, rispetto delle regole, delle minoranze, delle voci diverse.
Un vero e proprio sconvolgimento meteorologico, uno tsunami ha investito ogni parte del territorio e la pesona comune è confusa, disarmata, incredula, senza certezze né difese.
Un turbillon che colpisce financo le coscienze ancora lucide, che vorrebbero reagire, ma non sanno come.

mercoledì, aprile 20, 2011

Isola di Spargi addio!


La vendita  di Spargi non è una bella notizia.
L’isola avrebbe dovuto essere acquistata dalla Regione fin dalla passata legislatura.
Cala Granara 1

Non è accaduto per la solita ignavia della politica, che non ha ravvisato evidentemente la possibilità di farne un parco naturalistico da sfruttare economicamente a vantaggio della popolazione.
L’isola è un vero gioiello.
L’Ente che gestisce il demanio non è riuscito a valorizzarla, lasciando che i turisti e i diportisti la incrociassero costantemente nel corso dei periodi estivi e lasciando che alla fine un soggetto privato se ne appropriasse per un prezzo stracciato, magari in attesa di tempi migliori o facendone, con le attuali strutture esistenti, un hotel di lusso per pochi prilegiati, come in parte avviene per la consorella isola di S.Maria (soggiorno prediletto di Benigni ed altri VIP).
E’ inutile menzionare vincoli e divieti a salvaguardia della bellezza di Spargi.spargi
E’ finita un’era.
Non si potrà più dire che fa parte dell’Arcipelago de La Maddalena.
Nelle aspettative di tutti, ci sarebbe dovuto essere un riconoscimento da parte dell’Unesco per l’inserimento di tutto il comprensorio tra i patrimoni dell’umanità.
Chi ha potuto però rendersi conto del suo destino, quando a governare quest’ultimo paradiso terrestre è un pugno di dilettanti dediti a preservare il proprio tornaconto personale piuttosto che la bellezza?
A quanti può importare il bello, oggi?
Neppure alle nuove generazioni, vittime di una sistematica maleducazione all’ambiente, all’estetica, al paesaggio.
Il progresso non ha portato nulla agli isolani autentici, abituati a considerare come proprio un patrimonio inestimabile, ma rassegnati ormai a perderlo nelle mani di una burocrazia costosa ed inetta, ovvero di soggetti che poco o nulla sanno del valore intrinseco di un bene di per sé inalienabile.
Spargi era un lembo dell’ Eden.
Vi si andava in piccoli gozzi, quando il vento di ponente lo permetteva e si faceva il bagno nelle tante calette adatte anche a chi doveva imparare a nuotare e a pescare. Un sogno vivente camminare nei viottoli solitari in mezzo alla macchia mediterranea, svegliarsi al canto del gallo, dopo aver dormito in una delle caserme abbandonate dopo il conflitto mondiale su pagliericci profumati e morbidi di elicriso, pronti a bere il latte appena munto delle capre, vere regine di un territorio incontaminato.
Una meraviglia dissolta per sempre nel tempo.
CalaCorsaraVista

lunedì, aprile 18, 2011

Ai fascio-comunisti


Agli aspiranti nipotini di Gramsci sarebbe opport...uno suggerire di apprezzare in dosi omeopatiche l'opera di Pasolini, rievocando qualche altro autore non meno importante sul piano dell'impegno civile e della creatività poetica.



PPP non è un mito e non è un genio e non può essere considerato l'unico maitre à penser d'Italia.



E che dire dei santini del Che, di Arafat e magari di Castro, Mao e Ho Chi Min, del sostegno all'Olp e della condanna della congiura demo-pluto-giudaico-massonica?

E' un vero sprezzo del ridicolo ed una presa per i fondelli per chi cerca di ragionare con la propria testa.



Si convincano i ribelli della domenica che se si vuol votare a sinistra non c'è bisogno di replicanti, pappagalli, cattive copie e caricature dei partiti esistenti:questi si votano autonomamente, senza il viatico dei nuovi sansepolcristi in sedicesimo.



Costoro, convertitisi al verbo neo-leninista, dopo anni di rincorsa di modelli barricadieri e ambivalenti, ansiosi di autorealizzarsi nei salotti rossi,quasi avessero la coda di paglia, forse non sanno che, a furia voler fare gli anticonformisti sessantottardi, si diventa' conformisti dell'anticonformismo' e si corre il rischio di suscitare reazioni imprevedibili nell'opinione pubblica:si potrebbe, per rigetto nei confronti dei rivoluzionari fascio-comunisti, inneggiare, ad esempio, al razzismo del Conte de Gobineau, alla teoria del delinquente nato di Cesare Lombroso e perfino all'omofobia...a causa della stanchezza e della noia provocate da certe stucchevoli prese di posizione da cortigiani della sinistra storica o antagonista.



Procurad' e moderare...



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Nel ritatto, il conte A. De Gobineau autore de ' L'ineguaglianza delle razze'.


















venerdì, aprile 15, 2011

Giustizia ballerina


51E4AFMSM1L._SS500_Non me ne vogliano i fautori dell'attuale sistema delle prescrizioni; ma su un piano squisitamente tecnico, quindi non politico (in quanto il modo in cui il provvedimento è stato approvato non piace a nessuno, neppure credo alla maggioranza in parlamento), pare una modifica assolutamente congrua quella che distingue tra incensurati e recidivi, trattandosi di due posizioni differenti, che sul piano processuale devono mantenere un trattamento diverso, a termini della stessa carta costituzionale.

Va detto altresì che la cosiddetta prescrizione lunga non è coerente con uno stato di diritto e con il processo giusto. Allora è opportuno procedere ad una riforma della giurisdizione, per evitare lunghi anni di attesa e magari periodi di carcere preventivo in attesa del giudizio, mantenendo l'imputato in una sorta d'indeterminatezza ingiustificata ed umiliante, che alla fine non è altro che il summum jus, summa iniuria dei latini.

Dovremmo renderci conto che il nostro sistema è obsoleto e inefficiente e consente il permanere di privilegi e zone franche  che non giovano al cittadino e al paese, ma rendono ballerina la giustizia.

Non sappiamo se la riforma epocale sarà sufficiente a ribaltare la situazione, fatta di sprechi e di iniquità, con una forte impronta corporativa dell'ordinamento, ma appare oltremodo indispensabile orientarsi verso un corpus di norme più vicine alla concezione romanistica di quanto non lo siano state dall'elaborazione dei codici napoleonici, che svilupparono sicuramente progresso e modernità nella società del tempo, ma che oggi devono essere cambiate, rese più elastiche, concrete e vicine alla gente comune, come avviene nei paesi del common law.

Dovremmo augurarci tutti che la direzione che sarà intrapresa sia più vicina all'Europa, con attenzione particolare all'eliminazione dei formalismi e dei bizantismi, alle inutili duplicazioni dei riti e ai tre gradi di giurisdizione, con un modello diverso di giudici ed avvocati, interscambiabili nei ruoli e responsabilmente impegnati, come tutti i funzionari leali dello stato, a produrre risultati positivi per la comunità di cui fanno parte integrante.

Tra il cittadino è la legge c'è solo un servizio,  non dei ex machina.

lunedì, aprile 11, 2011

Pennacchi Sindaco


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''Uno scrittore per una nuova stagione politica''

Vogliamo veramente rivoluzionare i vecchi schemi della politica politicante?

Dopo l'intervista di Pennacchi alle 'Invasioni Barbariche', i birignao diDaria Bignardi e il niet di Bianca Berlinguer, è chiaro che al connubio del vincitore del Premio Strega con Futuro & Libertà si oppone soprattutto il conservatorismo partitocratico.

Dalle sue parole di uomo onesto e di intellettuale libero, si capisce che il personaggio si colloca al di là della destra e della sinistra tradizionali, e vuole contribuire a realizzare un diverso assetto non solo per Latina, ma per l'Italia intera, di cui rivendica lo spirito nazionale per una 'Nuova Repubblica' e un rinnovato rispetto per le Istituzioni e la Legalità, temi che solo oggi cominciano a far breccia nella sinistra.

Un romanziere che nasce dal popolo, animato da schiettezza, entusiasmo, volontà di superare la palude del paese, non può essere sbrigativamente etichettato come fascio-comunista: è un protagonista a tutto tondo della società civile, una genuina espressione dei ceti prodittivi, un rappresentante delle autentiche aspirazioni delle nuove generazioni e, oseremmo dire, della maggioranza silenziosa della nazione, di quella parte inascoltata e sottomessa di elettorato, purtroppo destinata a perdere ogni chance nel governo centrale e in periferia, per non voler sottostare ai diktat di una democrazia malata e mafiosa.

Pennacchi non parla il politichese, ma comunica un'ansia di cambiamento, che percorre trasversalmente la nostra comunità: non vuole protettorati per la  municipalità, vuole abbattere gl'intrecci tra affari e partiti, vuole la liberalizzazione e un rapporto più stretto tra cittadini e potere, non più inteso come predominio sui sudditi o sinecura per la salvaguardia d' interessi personali.

E dunque?

Meriterebbe di fare il Sindaco, per suscitare energie morali,   volte alla ricostruzione di un'etica pubblica, che sta per essere affossata del tutto dalle caste e dalle cricche, dai faccendieri e dai soliti furbi, che imperversano da troppi decenni.

Fossimo tra i dirigenti futuristi non perderemmo l'occasione di dare un segnale chiaro e forte contro la partitocrazia, candidandolo Sindaco, anche al posto di un serio e credibile uomo di apparato.

Si è ancora in tempo per innescare quella rivoluzione liberale condivisa da un patriota scrittore, da troppo tempo tanto auspicata quanto negata.

lunedì, aprile 04, 2011

Coma profondo


'Politica & Cultura nazionali alla deriva'
Il dialogo recente tra Cordelli Berardinelli sul 'Corriere della sera',  in merito alla sorte del romanzo ed in genere della cultura, riecheggia antiche tesi provenienti da ben altri profeti, ed in primis da FNietzsche, il quale, anticipando i tempi, aveva appuntato la sua critica sull'industria culturale, che favorisce quasi esclusivamente la quantità del prodotto, piuttosto che la sua qualità.
Man mano che la cosiddetta democrazia (che più rettamente chiamereimassificazione) avanzava nella società moderna, il romanzo deperiva e soccombeva.
Provate a leggere l'elenco degli autori che lo stesso quotidiano propone in questi giorni come maestri di scrittura e vi assale subito un senso di desolazione, eccezion fatta forse, come testimone di impegno civile, per R.Saviano, il quale peraltro farebbe bene a parer nostro non esporsi troppo sui media nazionali, col rischio di suscitare fenomeni di rigetto da parte dei più avvertiti fra i suoi lettori, diventando così anch'egli un mero oggetto di consumo.
Ma, andando al tema specifico della cultura, di destra o di sinistra, tanto per attenerci a logori schemi, per semplici esigenze dialettiche, come non convenire che questa sia ormai ai conati del malato in fin di vita, il quale si tiene su con qualche dose di morfina proveniente dall'immenso immondezzaio del mondo relativista e pseudo-progressista?
Escludendo i pochi esemplari di chi ancora non si è svegliato sonno della ragione e si trova abbarbicato al vetero comunismo e alla tesi leniniste del secolo scorso e continua ad alimentarsi all'interno del ventre materno del bolscevismo d'antan, che si trovano raggruppati nella sinistra antagonista e sfrutta il pacifismo convinto di poter attuare la rivoluzione marxista in salsa moderna, la sinistra nostrana ormai è pacificata nella soluzione socialdemocratica, con l'accettazione del liberismo e dell'economia sociale di mercato, benché non completamente liberata da nostalgie stataliste e assistenzialiste, che paiono suggestionare paradossalmente il nostro ministro dell'economia, aumentando ancora di più la confusione dei ruoli.
Sul piano non prettamente politico si attarda sul neo-femminismo consumista, rivendicando un ruolo della donna che mal si concilia con le strutture capitaliste e la distruzione della famiglia tradizionale evirata di qualsiasi ruolo maschile come R. Armeni e L. Ravera.
Insomma un panorama arido, dove non c'è posto per un'oasi che dia libertà alla creatività poetica e letteraria, perché ancora incatenato ai miti assai fragili del sessantotto. Un complesso che assomiglia ad una fortezzaBastiani, contigua ai resti del muro di Berlino, dalla quale si continua a sperare nella guerra rivoluzionaria tanto attesa quanto illusoria.
Giornaletti e rivistine della 'nuova destra', d'altro canto, pur con la dovizia di mezzi di cui oggi dispongono, paiono voler svolgere ormai una funzione inversa, ma simmetrica, a quella della sinistra culturale di qualche decennio fa, volta a catturare gli esemplari più importanti dell'intellighenzia non marxista, da Céline a Tolkien.
Lo stesso 'fascio-comunismo', praticato da intellettuali della vecchia destra come Veneziani, sotto le mentite spoglie del conservatorismo doc e del comunitarismo, pure scimmiottature della rivoluzione conservatrice di stampo teutonico, e dai nuovi ammiratori di Pennacchi come Rossi, dimenticano che si stanno riesumando le utopie 'rochelliane' di un incontro tra il vecchio partito comunista francese ed gli autori del romanticismo fascista d'oltralpe, ormai inesorabilmente sepolti dalla storia e dal nuovo mondo nato nel secondo dopoguerra.
Quindi? Niente di nuovo all'orizzonte:solo replicanti o inventori di sciocchezze mediatiche, fuochi d'artificio destinati a spegnersi in tempi brevissimi. Puro nostalgismo.
Il discorso è comunque aperto se dirigiamo lo sguardo verso altre lande culturali aperte da Alain de Benoist o  da qualche neo-philosophes maturato nel tempo e perfino alle sponde neo-conservatrici e libertarie di altri paesi europei, che almeno hanno il pregio di abbandonare la politicapoliticante per la big society, o meglio ancora ad un immenso terreno da coltivare con occhi disincantati e liberi da pregiudizi ed utopie aventi di mira la pre-politica o la meta-politica, piuttosto che i luoghi comuni ideologici, per altro verso ultimamente radiografati, sempre sul 'Corriere', con sufficiente lucidità, non scevra di qualche approssimazione, da confrontodiscussione_intGalli della Loggia sulla paradigmatica distinzione tra senso dello stato ed ideologie al potere, sul quale occorrerà tornare a riflettere in tema d'identità e di cultura nazionale.