venerdì, giugno 24, 2005

Mughini siculo


Giampiero Mughini è un giornalista libero e le sue opinioni sono sempre degne di attenzione.

Ricordiamo le battaglie controcorrente in tempi non sospetti, e memorabile rimane la storia di Telesio Interlandi, pubblicata con grande scandalo dell'intellighenzia del tempo, per aver tentato di decifrare, attraverso la figura di quell' intellettuale "maledetto", uno dei periodi più complessi della vita culturale precedente la seconda guerra mondiale.

L'impressione che ricavammo fu che Mughini, come tutti i buoni siciliani, adottava criteri lungimiranti nella valutazione dei suoi conterranei a qualsiasi ceto classe professione o ambiente appartenessero.

E che il giudizio pacato, sine ira ac studio, su una figura significativa della pubblicistica filo-razzista dell'epoca, scaturisse, quindi, dalla fondamentale considerazione che Interlandi, uomo per altri versi assolutamente integro, era nato in Sicilia.

La stessa impressione abbiamo avuto nell'ascoltare il panegirico postumo tessuto per Enrico Cuccia, a commento del suo rimpianto per la Prima Repubblica, cui il Nostro ha dedicato, fra l'altro, un libro uscito recentemente.

Orbene, per noi Mughini prima di tutto è affetto da "sicilitudine", un po' come Sciascia, e non perde mai l'occasione a difendere uomini e cose, quelle buone e anche meno buone, che provengono dalla sua terra.

Cuccia era siciliano.

Secondo il nostro sommesso avviso, lo gnomo di mediobanca non fu un gran personaggio della finanza italiana, da ricordare per la difesa del libero mercato, come qualcuno ha tentato di fare ex post, quanto un gran mediatore, che, forse, per pessimismo ancestrale e scarsa fiducia negli uomini, mirava a salvaguardare un'ideuzza un po' particolare e stravagante di liberalismo, puntando più alla difesa del salotto buono del capitalismo italiano, che alla difesa dei piccoli e medi risparmiatori.

Invece Mughini lo considera un gigante, lo definisce iperbolicamente, sicilianamente, "elegante" "silenzioso" "omnivoro" di cultura umanistica.

Perché?

Semplice.

Il banchiere Cuccia dalla Trinacria a Milano era riuscito ad incarnare la figura di un uomo di potere osannato.

Questo retaggio spagnolesco, che ogni siculo ha nel proprio dna e si porta dietro per tutta la vita, non viene mai meno.

Cuccia era un uomo arrivato.

Comunque fosse, dava lustro alla sua patria. Come dimenticarlo?

Peccati veniali, in fondo.

Non per questo, non leggeremo più Mughini con simpatia ed interesse.
I suoi eccessi verbali, le metafore, i simbolismi, il picaresco senso di giustizia, la misurata intolleranza ci fanno perfino esser grati alla buonanima di Giancarlo Pajetta, che lo raccomandò per consentirgli di cominciare a scrivere a "Paese Sera", antico e nobile giornale comunista, per nostra fortuna non più in edicola.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

hai incarnato il mio pensiero! hai espresso precisamentte la mia idea del personaggio.

creonte

www.creonte.splinder.com

Piero Sampiero ha detto...

Ti ringrazio del commento, creonte. Cordialità.