martedì, settembre 23, 2008

Annie e la società miserabile


Abbiamo visto le terribili immagini di Annie Girardot, impietosamente girate col consenso della figlia per testimoniare la grave malattia da cui è afflitta.

L'alzheimer, si sa, è devastante al pari di un cancro, ma non consente, a differenza del secondo, che labilissime speranze legate al lento progredire della scienza medica e ci lascia disarmati di fronte all'avanzare ineluttabile del male.
Come si possa diffondere un filmato così impietoso, lo sa solo chi non conosce altri dei che la pubblicità ed il denaro da guadagnare a qualsiasi costo.

Ma un effetto, diciamo così, positivo, il video mandato in onda in questi giorni in tutto il mondo, lo ha avuto: nessuno di noi può evitare di prendere atto della fragilità della vita e del cataclisma causato dallo sconvolgimento delle cellule cerebrali nella coscienza di chi si trova vicino al malato: parenti, amici, e, in questo caso, ammiratori e pubblico.

La povera Girardot, che non era bellissima, ma aveva uno spirito spumeggiante, occhi lampeggianti ed espressivi, una sensibilità acuta ed un patrimonio di emozioni e sentimenti da trasmettere con la sua arte, è ridotta ad uno stato larvale, vegetativo ed inconsapevole.


Sembra un animaletto addestrato, che esegue i movimenti tramite impulsi elettrici ed è barbaramente costretta a recitare con l'imput di un'auricolare, che le suggerisce le parole.


E' vergognoso pensare che la pena, per una sofferenza così palpabile, non possa avere il sopravvento sulla notizia, sul mondo di cartapesta che antepone, sempre e comunque, lo spettacolo a qualsiasi considerazione umanitaria.

Sarebbe bastato un piccolo stralcio del lungo ed agghiacciante servizio, fissando soltanto due, tre fotogrammi al massimo, per salvare, forse, la sua dignità di essere umano, facendo conoscere a tutti, in modo meno crudele, che l'attrice tanto apprezzata non c'era più.


Che miserabile società è questa.

sabato, settembre 20, 2008

Ergo sum


Non so se succeda ad altri, ma ho notato come l'estate sia volata via perdendosi in un lampo d'autunno. La nuova stagione è alle porte, tra piogge torrenziali degne sei tropici e cieli grigi, bucati rapidamente da raggi di sole indomito, ma sempre più mite.
La temperatura più bassa e l'umidità favoriscono gli starnuti e le piccole fastidiose influenze, mentre settembre si dilegua.
Insomma il tempo è rotolante: non si fa tutto quello che si deve, perché le ore sono piccole e, sebbene si cerchi di privilegiare qualche attività più proficua, la giornata è divorata dalla notte.
Che sta succedendo?
Semplice.
E' come scivolare, sulle rapide di una cascata sconosciuta, dentro una canoa: non si sa dove si arriva, né quando, né se ci sarà uno specchio d'acqua tranquillo ad attenderci e poter sostare in un po'di quiete, come l'animo, inconsapevolmente, anela, da sempre.
Intanto, la vita scorre velocemente e si pensa, un po' ingenuamente,
ergo sum.

mercoledì, settembre 17, 2008

Borges e l'amicizia


“L'amicizia” 

  

Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita 

  

Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te 

  

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro. Però quando serve starò vicino a te 

  

Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cada. 

  

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei 

  

Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice 

  

Non giudico le decisioni che prendi nella vita 

  

Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi 

  

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti, 

  

Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere 

  

Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore 

  

Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo. 

  

 Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere 

  

Solamente posso volerti come sei ed essere tua amica. 

  

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico in quel momento sei apparso tu... 

  

Non sei né sopra né sotto né in mezzo non sei né in testa né alla fine della lista 

  

Non sei ne il numero 1 né il numero finale e tanto meno ho la pretesa 

  

di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista 

  

Basta che mi vuoi come amica 

  

NON SONO GRAN COSA, 

  

PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE . 

  

  

(Jorges Luis Borges)  

  

  ***** 


   

  

   

Pur essendo un ammiratore di Borges, non conoscevo questo testo, scoperto grazie ad un blog di pregio, che mi suggerisce qualche considerazione malinconica. 

  

Quante volte siamo stati amici ed abbiamo avuto amicizie vere, seguendo i criteri indicati dal grande poeta argentino? 

  

Penso, e sono ottimista, molto poche. 

  

Virtuali o no, ha scarsa importanza, ma le relazioni amichevoli, poiché sono estremamente importanti, sono per ciò stesso rare, senza parlare di quelle fra uomo e donna, le quali, giocoforza, a causa del sesso, sono difficilissime da realizzarsi, benché non siano impossibili o inesistenti. 

  

Nel brano pubblicato si fa riferimento all'amica ed io vorrei avere delle amiche in senso stretto più di quante per mia fortuna ne abbia, atteso il profondo apprezzamento che nutro verso il genere femminile e le sue ineguagliabili qualità. 

  

In passato non mi è capitato spesso, ma, sono tuttora legato a donne conosciute casualmente e rivelatesi delle eccellenti persone, per carattere e sensibilità e ad ex compagne di studi, che stimo senza riserve e sulle quali, come suo dirsi, posso sempre contare. 

  

Un po' meno mi pare di poter dire di ex partner, con le quali mi sarebbe piaciuto intrattenere rapporti affettivi evoluti, al termine della vicenda sentimentale, che invece, forse inevitabilmente, tendevano a distaccarsi in maniera netta e ad allontanarsi definitivamente dalla mia vita. 

  

Oggi, alla lettura di Borges, temo che un tal genere di amicizia, post-amorosa, sia soltanto un'illusione. 

  

Il nobile sentimento che evoca non può confondersi con sotterranee continuate pretese di possesso dell'altro o con le mere convenienze sociali ovvero con l'opportunismo e la coltivazione d'interessi pratici, per i quali fa comodo mantenere un "amico", sfruttando la sua ingenua disponibilità, che priva la formale qualificazione di autentici contributi sostanziali, corrispondenti ad un’effettiva compartecipazione alla sua vita. 

  

E’probabile che sia inevitabile la dispersione di un patrimonio di sentimenti ed emozioni accumulato nelle tempo in circostanze diverse e pertanto sia assai problematica l’aspirazione a conservare intatta quella parte di affetto reciproco per costruire una valida e sincera amicizia. 

  

Lo spirito competitivo, il senso di rivalsa, l'amarezza per la fine di un amore o di qualcosa che gli assomigliava, sono ostacoli spesso insormontabili al conseguimento di un risultato positivo.

sabato, settembre 13, 2008

D'Annunzio e il superfluo




Io ho, per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo.
L’educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente verso l’acquisto dell cose belle.
Io avrei potuto benissimo vivere in una casa modesta, sedere su seggiole di Vienna,
mangiare in piatti comuni, camminare su un tappeto di fabbrica nazionale,
prendere il tè in tazze da tre soldi.
Invece, fatalmente, ho voluto divani, stoffe preziose, tappeti di Persia,
piatti giapponesi, bronzi, avorii, ninnoli, tutte quelle cose inutili e belle che io amo
con una passione profonda e rovinosa... Roma mi ha vinto!
(Gabriele D’Annunzio)
Sembra di tornare alla preistoria, a rileggere le
parole del vate. Ai tempi suoi certamente il superfluo aveva un valore inestimabile.
I pochi che potevano accedervi erano dei privilegiati e l'eleganza non era certamente discutibile. Criteri estetici ben definiti, ma anche in corso di elaborazione, accompagnati dal gusto della bellezza, dall'importanza della forma, dello stile erano traguardi ambiti, per chi, come D'Annunzio, proveniva dalla provincia e da una classe sociale non agiata.
Il poeta, con la sua intelligenza, il talento e la forza fascinatrice della poesia e della letteratura, s'impose addirittura come maestro di vita , suscitatore del nuovo gusto aristocratico, afflitto sì dal decadentismo, ma pur sempre affascinante e suggestivo.
Le sue cronache mondane sono ancora il documento di un'epoca, di cui volle e seppe farsi interprete e protagonista egemone.
Quanto tempo è passato.
Ormai il superfluo è alla portata di tutti, ma l'aristocraticismo e la suprema eleganza di un gesto od un abbigliamento, anche se spesso travolte dal dandysmo e dalla ridondanza liberty, con qualche punta di kitsch, sono definitivamente scomparsi dall'orizzonte della società contemporanea.
La massificazione offre possibilità indiscriminate, ma uccide il buon gusto.
Ma ricordiamo il pensiero del grande seduttore, personaggio di spicco nell'Italia fra le due guerre, e termine di paragone per misurare temporalmente il progressivo scivolamento verso la volgarità attuale.
Après moi le deluge, sarebbe il caso di dire.
Non ci credete?
Guardate, tanto per fare un esempio, Franco Califano
... il Califfo dei nostri giorni, ruspante e un po' coatto, con mille conquiste nel suo carniere di settantenne.
Con tutta la simpatia per i polli di campagna, la differenza col pavone la riconoscerebbe chiunque.

martedì, settembre 09, 2008

Le parole sono importanti


Il regista di Palombella rossa, qualche tempo fa, ebbe a sentenziare che "le parole sono importanti".

Ora, accade che qualche studioso di comunicazione abbia attinto a questa verità per affrontare il problema del linguaggio da un punto di vista scientifico.

L'operazione ci convince poco, perché non attribuiamo al Savonarola del vecchio PCI una grande esperienza al riguardo.

Già. Nanni Moretti non è un epistemologo, come l'infausto Umberto Eco; ha però la vocazione del pedagogo.

In uno dei suoi primi film, rimproverava aspramente la madre perché diceva "figa" anziché "fica".

Non mi son preso mai la briga ( o brica?) di verificare, sul Devoto Oli o sul De Mauro, se avesse ragione lui oppure la sua mamma.
Gli ho sempre creduto, come dire, sulla parola.

Ma pronunciare parole corrette (o scorrette) dal punto di vista lessicale e magari, se capita, del "bon ton" aggiornato ai tempi, non è sufficiente: occorre poter comunicare con efficacia il proprio pensiero al prossimo.

E, su questo punto, Nanni avrebbe avuto molto da imparare dal suo concittadino Aldo Fabrizi, il quale, a chi voleva stupire con un linguaggio fuori dalle righe, raccomandava, in puro romanesco, la saggia regola tradizionale del "parla come magni"!

Che sia questa la forma più adatta per fare comunicazione?

sabato, settembre 06, 2008

La fine del cervello non è la fine della vita


L'articolo della Prof. Lucia Scaraffìa, storica, sull'Osservatore Romano di pochi giorni fa, ha sollevato molte polemiche sulla definizione scientifica di morte cerebrale, soprattutto in rapporto al problema degli espianti per la donazione di organi.

Da un interessante dibattito, tra la stessa Scaraffìa ed il Prof. C.A.De Fanti, medico ed esperto in materia di trapianti, è venuta fuori una verità di cui sono in pochi a rendersi conto per le conseguenze dell'importanti sul piano biologico ed etico:"la morte cerebrale" non coincide con la cessazione delle" funzioni vitali"; la morte è un processo irreversibile, che non si compie con l'accertamento della fine dell'attività del cervello.

Tanto è vero che sono numerosi i casi di donne clinicamente morte, le quali hanno portato a termine con successo la gravidanza.

Il pubblico, nella stragrande maggioranza, non conosce questa semplice realtà, che pone interrogativi alla scienza sulla definizione di un concetto dato per scontato, ma che, invece, dev'essere ancora individuato con rigore accademico, per non destare confusioni pericolose tra la gente.

Sia dunque reso merito alla Prof. Scaraffìa per aver lanciato un sasso nello stagno, con il suo intervento sul quotidiano del Vaticano.

La sua argomentazione è un invito a riflettere sul tema, complesso ed articolato, per credenti e non credenti, laici e cattolici.