mercoledì, ottobre 29, 2008

Tra teologia e rivoluzione

Il sorriso timido e gli occhi stupefatti del teologo Mancuso nascondono in realtà una ferrea volontà di ridefinire il cattolicesimo alla luce della realtà mutevole della società desacralizzata e dell'ansia di conciliare tutti gli opposti in un'unica filosofia storicista, razionalista, modernista, semi-atea e laicista.

L'autore de "L'anima e il suo destino", quasi un romanzo sul trascendente, è il personaggio che interpreta meglio il disagio degli ex credenti contemporanei, che purtuttavia vogliono ritenersi ancora cattolici pur non riconoscendo più l'autorità del Papa - se non fino al Concilio Vaticano II, vero limes del progresso cattolico in materia di fede.


Sullo stesso versante il Cardinal Martini, ritenuto ormai l'anti-papa per eccellenza e rappresentante prodigioso della massa dei neo-modernisti, quasi fosse un Masaniello della Chiesa rivoluzionaria, che trova viceversa in Mancuso il sistematizzatore di questa novella visione della religione dell'est modus in rebus, la quale rifiuta il no di principio ed ammette il ni possibilista, innalzando il vessillo minimalista della perenne mediazione tra contrari, del sincretismo tra fede (presunta) e scienza (presunta), nel banale tentativo di sciogliere tutti i nodi dell'esistenza e della complessità della vita, in materia di aborto, testamento biologico, autodeterminazione del malato, cellule staminali, eutanasia, e via dicendo.


"Ma se non conosciamo perché la vita ci regala oltre diecimila malattie sconosciute che affliggono l'umanità, falciando innumerevoli vittime, come facciamo a sostenere la dottrina tradizionale cattolica ?" pare chiedersi, con rabbia e preoccupazione, il neo-teologo, onnipresente ai dibattiti in tv e sui giornali, per prospettare le soluzioni più ardite in favore di quanti vorrebbero modellare le Istituzione ecclesiali con la cera del positivismo e dello scientismo e porsi così finalmente l'anima in pace su questa stessa terra.

E noi che ingenuamente pensavamo che compito dei teologi fosse proprio quello di rispondere ai dubbi e alle domande non di subirle e sottomettervisi.
Siamo alle solite.
C'è chi aspira alla rivoluzione con licenza delli superiori anche in materia di fede, ridotta a pura ideologia mondana.

Non passa giorno che qualche sprovveduto affermando perentoriamente che siamo tutti cattolici (forse nel senso crociano del perché non possiamo non dirci cristiani), poi si affretti a sottolineare l'imbecille distinzione tra cattolici di destra e di sinistra, quasi si trattasse di due schieramenti in campo con i loro fan ed i loro delegati in parlamento.

C'è chi tifa per L'Osservatore Romano e chi per Famiglia cristiana, rallegrandosi dei gol o degli autogol di squadre tra loro in competizione.

Uno spettacolo squallido.

Ma dove son finiti i veri atei, i peccatori convinti, gli eretici coraggiosi, gli avversari dichiarati della teologia?

Giordano Bruno assistici tu!

martedì, ottobre 28, 2008

La scuola inutile


"L’università italiana di oggi è come l’Alitalia: più soldi ci butti dentro e peggio è, perché aumenti il clientelismo, il nepotismo, la dequalificazione del corpo insegnante. I concorsi universitari per il reclutamento dei docenti, banditi tra metà luglio e Ferragosto, in modo che pochi sapessero della loro esistenza affinché fosse protetto chi è già predestinato a vincerli, sono un esempio di malcostume e di arroganza."


Queste, alcune delle verità enunciate dal Prof. Stefano Zecchi, docente di estetica all'Università di Milano, sul "Giornale".Finalmente una voce chiara fuori della corporazione universitaria.Le argomentazioni esposte da Zecchi, in varie occasioni, postulano una vera, profonda riforma del sistema scolastico nel suo insieme.

La Gelmini è solo all'inizio. L'augurio è che possa proseguire sulla strada del rinnovamento.

I mali dell’istruzione si sono aggravati ed incancreniti dal sessantotto in poi.

Una documentazione esauriente e precisa venne elaborata, decine di anni fa, in un eccellente saggio del Prof. Enzo Giudici, edito dal"Borghese" con il significativo titolo "La scuola inutile" .

Le tesi ed i fatti enunciati dall’autore, corrispondenti in buona parte a quelli descritti da Zecchi, indicano i guasti che, nel corso di tutti questi anni, lungi dall'essere eliminati, si sono perpetuati grazie alla partitocrazia e al trionfo della mediocrità.Non stupisce, in questo contesto, che anche il Prof. Celli della Luiss si vanti, in televisione, "di aver fatto il sessantotto"...

Che anche le libere università "private" debbano essere riformate per raggiungere obiettivi di efficienza, funzionalità ed elevato valore culturale?

giovedì, ottobre 23, 2008

L'identità

Sergio Romano sul "Corsera" s'interroga sulla definizione d'identità di un paese.

Sembra assimilare questo concetto a quello di costume e quindi a classificarlo come impermanente, mutevole nel tempo.

Costume e identità di un popolo non necessariamente coincidono.

Il patrimonio di una nazione o di una regione della gente che vi abita ed ha radici in un territorio, magari da svariate generazioni, che ha assimilati tradizioni e modi di vivere e di pensare non esiste?


E' semplicemente una convenzione, un'accidente, pura casualità destinata a trasformarsi in continuazione?


Cambiare assieme sembra il nuovo imperativo della globalizzazione.
Perché?


Pare che così vada il mondo.


Ma chi guida il cambiamento? Le multinazionali, la tecnocrazia?

mercoledì, ottobre 22, 2008

La forma


Cattiva maestra è stata definita, da K.Popper, la televisione, in genere.
Ma in Italia credo che essa rasenti il grottesco, a causa del ben noto stato dell'istruzione, di ogni ordine e grado.
Alla correzione dei temi per il concorso in magistratura, se ne son viste di tutti i colori, quanto ad errori di sintassi e di grammatica.
I diplomati e i laureati sono i cattivi esempi quotidiani, che fanno di questo paese un luogo d'ignoranza colossale.
La televisione, fatte le debite eccezioni per alcuni programmi (pochi) non fa altro che incrementare la distruzione della cultura e la perdita dei valori, unico patrimonio di un popolo.
Ma se ci si fa caso, la stessa Striscia la notizia, che ha meriti indubitati per allargare il campo dell'informazione libera, ha dato luogo al diffondersi di falsi valori e fasulli punti di riferimento.
Una volta diventare Miss Italia poteva significare per alcune ragazze, prive di altre possibilità, riscattarsi dall'indigenza e magari accedere ad un certo grado di cultura o istruzione (vedi la Lollobrigida o la Loren ).
Oggi, diventare veline è l'ambizione principale di frotte di studentesse, laureate o diplomate, e delle loro famiglie.
E' il traguardo della stessa vita.
Roba da far accapponare... i capelli !
Se poi decidessimo di seguire qualche lezione di Storia dell'Arte chi ci troveremmo di fronte sui teleschermi?
Vittorio Sgarbi, nomen omen ?, con le sue buone maniere, le sue frasi forbite, la gentile ed appropriata comunicazione verbale, ed i suoi ciuffi in faccia...
La forma? Chi sa più cos'è?

venerdì, ottobre 17, 2008

AL LUPO, AL LUPO!


Forse gli oppositori al sistema scolastico, che si va delineando in Italia non trovano argomenti più validi del presunto razzismo, per contestare le scelte del governo e quindi sono obbligati agridare ancora una volta al lupo al lupo!, per avere qualche eco a proteste, le quali, col passare del tempo e le prime verifiche reali, verranno svuotate di contenuto.
La separazione delle classi, a seconda del grado di conoscenza dell'Italiano, è una misura detta dal buonsenso e dalla ricerca di maggiore funzionalità nella scuola: in buona sostanza è un ausilio in più agli stranieri che studiano in Italia.
A leggere, poi, i commenti sui giornali non filogovernativi, si apprendono notizie positive circa il gradimento della riforma da parte d'insegnanti (gli unici ad aver fatto esperienza sul campo) e genitori che abbiano seguito, con attenzione, le alterne vicissitudini delle classi prive di un minimo di uniformità, nella realizzazione dei piani di studio.
Sul "Corsera" è stata pubblicata la lettera di un padre che racconta l'esperienza del figlio studente in Inghilterra, al quale è stato negato l'accesso all'Università, per non avere il requisto della conoscenza della lingua inglese al 100%.
Per due anni ha dovuto studiare l'inglese e poi la sua iscrizione è stata accettata.
Gl'inglesi sono razzisti?
Sullo stesso giornale, alcuni insegnanti, avendo avuto l'esperienza negativa di un programma scolastico, che non poteva essere svolto compiutamente, a causa della presenza di alunni indietro con l'apprendimento dell'italiano, hanno manifestato il loro consenso alla separazione delle classi, ritenendola più produttiva per l'apprendimento di italiani e stranieri, sia per la funzione di sostegno in tal modo concessa agli allievi meno istruiti, sia per per l'omogeneità e la regolarità nello svolgimento dei programmi, garantita, nel contempo a quanti, senza distinzione di razza, non hanno difficoltà di comprensione della lingua.
Si tratta di segregazione o di scelta equilibrata, per evitare che il gap nella scuola si prolunghi o aumenti nel tempo?
Il discorso è ancora una volta semplice: c'è chi vuole gettare l'ombra del razzismo, per speculazioni di partito.
Qui si dà per scontato un fatto non accertato e non ipotizzabile: la segregazione.
E' un modo di ragionare scorretto e un po' infantile, che stravolge gli avvenimenti ad uso e consumo di una polemica di bassissimo livello.
Quando l'ideologia diventa il criterio di generale interpretazione della realtà, si commettono errori gravissimi, creando i presupposti per il fanatismo e la violenza.
Noto come siano sempre più diffusi linguaggi e comportamenti, che aumentano la confusione e l'ignoranza, dettati unicamente dai preconcetti favoriti dalla propaganda e dalla manipolazione delle idee.
Ecco, io vorrei una società che non sia schiava dei pregiudizi ideologici e delle superstizioni politiche, ma affrontasse i problemi alla luce della razionalità e del senso del reale, per quanto possibile.
Altrimenti, si rischia prima il ridicolo e la farsa e poi la tragedia.
Forse è questo il risultato che si vuole raggiungere?Attenzione però a non gridare troppo spesso al lupo al lupo!
Si fa il gioco di chi antirazzista non è.

mercoledì, ottobre 15, 2008

Croce celtica e barbarie


Alcune considerazioni sui fatti di Bulgaria e il malcostume degli Italiani.

I teppisti, in trasferta con le squadre di calcio, non credo sappiano che cos'è la croce celtica, insegna dei loro vessilli più per pretesto di violenza che per condivisione culturale.

Gl'italiani, nella stragrande maggioranza, non hanno senso civico né spirito comunitario né senso dello Stato e trovo una certa contiguità tra le "proteste" e gli atti delinquenziali commessi negli stadi all'estero e la cafonaggine e maleducazione dei nostri connazionali in vacanza fuori dai confini.

La discesa verso la barbarie è andata aumentando in Italia nei decenni e con le nuove generazioni post sessantottesche.

Le abitudini volgari e violente si sono sostituite vieppiù nel corso degli anni a quelle corrette ed improntate alla buona educazione.
E non c'è da meravigliarsi.

K. Lorenz, padre dell'etologia, scienziato, medico e biologo, individuava, già alcuni anni fa, nei comportamenti umani i peggioramenti del costume, causati dal progressivo abbandono delle tradizioni, che influenzavano il cervello e le attività cerebrali in senso involutivo.

E che dire della scuola?

Può sembrare paradossale che un Presidente del Consiglio raccomandi a Napoli e all'Italia di considerare le piazze e le vie una continuazione dell'ambiente di casa, da tenere in ordine e pulito, come fossero un bene proprio, laddove, per anni, i docenti, di ogni ordine e grado, di scuola non hanno sentito il dovere d'insegnare tra le prime regole il rispetto della natura e dell'ambiente, l'ordine e il decoro della propria città, ed i pubblici amministratori sono stati per lo più interessati al proprio tornaconto, con appalti di servizi miliardari che non alla cosa comune, ma purtroppo questa è la realtà del nostro "bel paese".

domenica, ottobre 12, 2008

"La voce del ribelle"


E' uscito il primo numero della rivista on line "La voce del ribelle"(anche in edizione cartacea) di Massimo Fini.
Un avvenimento importante e sicuramente interessante per la cultura del nostro paese.
E' a tutti noto l'anticonformismo dello scrittore e le posizioni scomode assunte in molteplici occasioni (basterà ricordare, ad esempio, la sua solidarietà a favore di Enzo Tortora, quando i colpevolisti parevano essere la maggioranza più per spirito gregario e rancore verso un personaggio popolare ed acquiescenza supina verso i pm, che per effettiva convinzione).
Fini è un intellettuale controcorrente, sia quando si occupa di storia che di filosofia, o di politica o costume.
Si potrà non essere d'accordo, in tutto o in parte con le sue opinioni, ma occorre riconoscergli onestà e chiarezza d'intenti.
Credo che la nuova iniziativa editoriale, pur nell'obiettiva difficoltà ad imporsi al grosso pubblico, avrà comunque un effetto positivo presso l'opinione pubblica più qualificata e presso i giovani.
I tempi sono maturi per nuove ricerche culturali e per tentare di dare risposte adeguate ai problemi della società post-moderna, riscoprendo, anche, valori antichi, dimenticati, ma adeguatamente rigenerati da una nuova freschezza mentale.
A ciò non osta la volontà di superare le vecchie distinzioni ottocentesche tra destra e sinistra, come banale espressione del parlamentarismo, da tempo uno dei cardini del pensiero di Massimo Fini e di Alain de Benoist, sostenitore del Manifesto del "Movimento Zero".
Mi auguro che la diffusione della rivista, e delle opinioni certamente originali che esprimerà, possano avere adeguati riscontri negli ambienti intellettuali non conformisti e dare frutti adeguati per il rinnovamento del nostro paese.
In bocca al lupo a Massimo Fini e ai suoi egregi collaboratori.

lunedì, ottobre 06, 2008

Noi e l'Islam


Il Prof. Franco Cardini illustre medievista, saggista, romanziere, polemista, studioso di rilevanza internazionale non ha bisogno di presentazioni. Ma le sue valutazioni sul fenomeno islamico e sui rapporti tra Occidente ed Islam, raccolte nel libro, che vide la luce nel 1994, dal titolo "Noi e L'Islam" (*), andrebbero tenute presenti nel dibattito contemporaneo sul fondamentalismo e la tolleranza dei cosiddetti paesi laici.


Non sempre le sue tesi anti-occidentali ci hanno trovato d'accordo con tutto il rispetto dovuto ad un intellettuale di profonda fede cattolica e di posizioni anticonformiste e coraggiose. Non tutta la critica rivolta agli Usa e alla sua tradizione culturale ai suoi costumi alla way of life, al liberismo e liberalismo ci convincono, ma in materia di relazioni tra popoli di religioni diverse, come la cristiana e la musulmana, ci sono punti fermi sui quali non si può dissentire.


Il caos delle opinioni raccogliticce, i pregiudizi, l'indifferenza, l'ignoranza ed i luoghi comuni, ma, soprattutto, l'intolleranza sembrano aver preso piede in Occidente, per ragioni ideologiche legate al concetto di laicità, falsamente interpretato e ad una vera e propria incomprensione della dignità dell'altro con il rischio di arrivare, in certi casi, a considerare, come già successe con gli ebrei, nel musulmano, il nemico metafisico, di cui ha brillantemente trattato H. Arendt a proposito del nazismo.


In questo campo sarebbe bene evitare fraintendimenti e fare opera di persuasione creando rapporti pacifici e di reciproca amicizia, fondati sul rispetto delle identità, senza ergersi a possessori della verità e maestri di vita per popoli dalle idee, usi e convinzioni diverse dalla nostra.

L'excursus dello storiografo, culmine di ricerche durate un'intera esistenza, giunge a conclusioni del tutto condivisibili. Nel corso dei secoli, in omaggio alle comuni radici delle tre religioni monoteiste, cristiana, ebrea, musulmana, risaltano maggiormente le affinità più delle disparità di vedute dottrinarie ed escatologiche, che smentiscono, anche nelle relazioni diplomatiche e negli scambi commerciali e di conoscenze, la superstizione, tuttora difficile da sradicare, di una guerra sotterranea e costante tra l'Occidente ed una delle più raffinate civiltà della terra, il mondo arabo regolato dal Corano.

La critica che lo scrittore rivolge, nell'esaminare il tempo attuale, all'Europa è la mancanza di rispetto per i princìpi di tolleranza delineati da Locke e Lessing, al di là delle proclamazioni ufficiali e le dichiarazioni formali. Difetti d'impostazione dei governi ed equivoci diffusi in larghi strati dell'opinione pubblica, sul concetto di Stato laico, generano ostacoli e difficoltà nella realizzazione di una comunità multietnica. Pare di assistere, nel clima neo-illuministico prevalente, a dispetto del relativismo di fedi e culture, ad una divinizzazione della laicità razionalista, atea e progressista, per la quale le convinzioni diverse e le tradizioni differenti, se non sono politicamente corrette e coerenti con la dimensione ideologica, non trovano spazio adeguato all'interno della nostra società, in spregio al concetto stesso di libertà.

Le parole di Cardini, che auspica nel rispetto dell'ordinamento di ciascun paese, una migliore considerazione del patrimonio culturale degli altri popoli, a vantaggio di relazioni più pacifiche, di una stabile convivenza e di un'effettiva integrazione, andrebbero meditate a fondo e rese note ai diversi livelli d'informazione ed anteposte alle reazioni istericamente e pregiudizialmente contrarie all'autonomia di quanti vivono in un paese straniero, pur rispettandone leggi e costumi differenti. Senza nulla togliere ovviamente all'indispensabile lotta contro i fanatismi, le violenze, il terrorismo.

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(*)Franco Cardini, Noi e l'Islam, casa editrice Laterza.



giovedì, ottobre 02, 2008

Corna ed emicrania

La psicoterapeuta Sarah Viola, interpellata riguardo alla nuova scoperta scientifica, che lega alcune forme di mal di testa allo stress da tradimento del partner, ha consigliato di seguire il modello femminile, nel quale si ravvisa una maggiore leggerezza ed una più scarsa preoccupazione delle conseguenze dell'infedeltà.

La donna, infatti, sarebbe meno coinvolta dell'uomo ed avrebbe meno sensi di colpa e, quindi, minori attacchi di emicrania.

Quanto tempo è passato da quando la donna, per sottrarsi al debito sessuale, accusava forti dolori di testa, per impedire al maschio, magari a cagione delle corna procurategli poco prima, di copularla.

Ora chi potrà dubitare del fatto che viviamo in una società femminilizzata, nella quale il povero ometto, strumento di piacere per le api regine, svolazzanti, a proprio piacimento, da un talamo all'altro, se tradisce è costretto, sopraffatto dai disturbi psicologici, ad imbottirsi di analgesici?

martedì, settembre 23, 2008

Annie e la società miserabile


Abbiamo visto le terribili immagini di Annie Girardot, impietosamente girate col consenso della figlia per testimoniare la grave malattia da cui è afflitta.

L'alzheimer, si sa, è devastante al pari di un cancro, ma non consente, a differenza del secondo, che labilissime speranze legate al lento progredire della scienza medica e ci lascia disarmati di fronte all'avanzare ineluttabile del male.
Come si possa diffondere un filmato così impietoso, lo sa solo chi non conosce altri dei che la pubblicità ed il denaro da guadagnare a qualsiasi costo.

Ma un effetto, diciamo così, positivo, il video mandato in onda in questi giorni in tutto il mondo, lo ha avuto: nessuno di noi può evitare di prendere atto della fragilità della vita e del cataclisma causato dallo sconvolgimento delle cellule cerebrali nella coscienza di chi si trova vicino al malato: parenti, amici, e, in questo caso, ammiratori e pubblico.

La povera Girardot, che non era bellissima, ma aveva uno spirito spumeggiante, occhi lampeggianti ed espressivi, una sensibilità acuta ed un patrimonio di emozioni e sentimenti da trasmettere con la sua arte, è ridotta ad uno stato larvale, vegetativo ed inconsapevole.


Sembra un animaletto addestrato, che esegue i movimenti tramite impulsi elettrici ed è barbaramente costretta a recitare con l'imput di un'auricolare, che le suggerisce le parole.


E' vergognoso pensare che la pena, per una sofferenza così palpabile, non possa avere il sopravvento sulla notizia, sul mondo di cartapesta che antepone, sempre e comunque, lo spettacolo a qualsiasi considerazione umanitaria.

Sarebbe bastato un piccolo stralcio del lungo ed agghiacciante servizio, fissando soltanto due, tre fotogrammi al massimo, per salvare, forse, la sua dignità di essere umano, facendo conoscere a tutti, in modo meno crudele, che l'attrice tanto apprezzata non c'era più.


Che miserabile società è questa.

sabato, settembre 20, 2008

Ergo sum


Non so se succeda ad altri, ma ho notato come l'estate sia volata via perdendosi in un lampo d'autunno. La nuova stagione è alle porte, tra piogge torrenziali degne sei tropici e cieli grigi, bucati rapidamente da raggi di sole indomito, ma sempre più mite.
La temperatura più bassa e l'umidità favoriscono gli starnuti e le piccole fastidiose influenze, mentre settembre si dilegua.
Insomma il tempo è rotolante: non si fa tutto quello che si deve, perché le ore sono piccole e, sebbene si cerchi di privilegiare qualche attività più proficua, la giornata è divorata dalla notte.
Che sta succedendo?
Semplice.
E' come scivolare, sulle rapide di una cascata sconosciuta, dentro una canoa: non si sa dove si arriva, né quando, né se ci sarà uno specchio d'acqua tranquillo ad attenderci e poter sostare in un po'di quiete, come l'animo, inconsapevolmente, anela, da sempre.
Intanto, la vita scorre velocemente e si pensa, un po' ingenuamente,
ergo sum.

mercoledì, settembre 17, 2008

Borges e l'amicizia


“L'amicizia” 

  

Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita 

  

Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te 

  

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro. Però quando serve starò vicino a te 

  

Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cada. 

  

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei 

  

Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice 

  

Non giudico le decisioni che prendi nella vita 

  

Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi 

  

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti, 

  

Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere 

  

Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore 

  

Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo. 

  

 Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere 

  

Solamente posso volerti come sei ed essere tua amica. 

  

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico in quel momento sei apparso tu... 

  

Non sei né sopra né sotto né in mezzo non sei né in testa né alla fine della lista 

  

Non sei ne il numero 1 né il numero finale e tanto meno ho la pretesa 

  

di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista 

  

Basta che mi vuoi come amica 

  

NON SONO GRAN COSA, 

  

PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE . 

  

  

(Jorges Luis Borges)  

  

  ***** 


   

  

   

Pur essendo un ammiratore di Borges, non conoscevo questo testo, scoperto grazie ad un blog di pregio, che mi suggerisce qualche considerazione malinconica. 

  

Quante volte siamo stati amici ed abbiamo avuto amicizie vere, seguendo i criteri indicati dal grande poeta argentino? 

  

Penso, e sono ottimista, molto poche. 

  

Virtuali o no, ha scarsa importanza, ma le relazioni amichevoli, poiché sono estremamente importanti, sono per ciò stesso rare, senza parlare di quelle fra uomo e donna, le quali, giocoforza, a causa del sesso, sono difficilissime da realizzarsi, benché non siano impossibili o inesistenti. 

  

Nel brano pubblicato si fa riferimento all'amica ed io vorrei avere delle amiche in senso stretto più di quante per mia fortuna ne abbia, atteso il profondo apprezzamento che nutro verso il genere femminile e le sue ineguagliabili qualità. 

  

In passato non mi è capitato spesso, ma, sono tuttora legato a donne conosciute casualmente e rivelatesi delle eccellenti persone, per carattere e sensibilità e ad ex compagne di studi, che stimo senza riserve e sulle quali, come suo dirsi, posso sempre contare. 

  

Un po' meno mi pare di poter dire di ex partner, con le quali mi sarebbe piaciuto intrattenere rapporti affettivi evoluti, al termine della vicenda sentimentale, che invece, forse inevitabilmente, tendevano a distaccarsi in maniera netta e ad allontanarsi definitivamente dalla mia vita. 

  

Oggi, alla lettura di Borges, temo che un tal genere di amicizia, post-amorosa, sia soltanto un'illusione. 

  

Il nobile sentimento che evoca non può confondersi con sotterranee continuate pretese di possesso dell'altro o con le mere convenienze sociali ovvero con l'opportunismo e la coltivazione d'interessi pratici, per i quali fa comodo mantenere un "amico", sfruttando la sua ingenua disponibilità, che priva la formale qualificazione di autentici contributi sostanziali, corrispondenti ad un’effettiva compartecipazione alla sua vita. 

  

E’probabile che sia inevitabile la dispersione di un patrimonio di sentimenti ed emozioni accumulato nelle tempo in circostanze diverse e pertanto sia assai problematica l’aspirazione a conservare intatta quella parte di affetto reciproco per costruire una valida e sincera amicizia. 

  

Lo spirito competitivo, il senso di rivalsa, l'amarezza per la fine di un amore o di qualcosa che gli assomigliava, sono ostacoli spesso insormontabili al conseguimento di un risultato positivo.

sabato, settembre 13, 2008

D'Annunzio e il superfluo




Io ho, per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo.
L’educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente verso l’acquisto dell cose belle.
Io avrei potuto benissimo vivere in una casa modesta, sedere su seggiole di Vienna,
mangiare in piatti comuni, camminare su un tappeto di fabbrica nazionale,
prendere il tè in tazze da tre soldi.
Invece, fatalmente, ho voluto divani, stoffe preziose, tappeti di Persia,
piatti giapponesi, bronzi, avorii, ninnoli, tutte quelle cose inutili e belle che io amo
con una passione profonda e rovinosa... Roma mi ha vinto!
(Gabriele D’Annunzio)
Sembra di tornare alla preistoria, a rileggere le
parole del vate. Ai tempi suoi certamente il superfluo aveva un valore inestimabile.
I pochi che potevano accedervi erano dei privilegiati e l'eleganza non era certamente discutibile. Criteri estetici ben definiti, ma anche in corso di elaborazione, accompagnati dal gusto della bellezza, dall'importanza della forma, dello stile erano traguardi ambiti, per chi, come D'Annunzio, proveniva dalla provincia e da una classe sociale non agiata.
Il poeta, con la sua intelligenza, il talento e la forza fascinatrice della poesia e della letteratura, s'impose addirittura come maestro di vita , suscitatore del nuovo gusto aristocratico, afflitto sì dal decadentismo, ma pur sempre affascinante e suggestivo.
Le sue cronache mondane sono ancora il documento di un'epoca, di cui volle e seppe farsi interprete e protagonista egemone.
Quanto tempo è passato.
Ormai il superfluo è alla portata di tutti, ma l'aristocraticismo e la suprema eleganza di un gesto od un abbigliamento, anche se spesso travolte dal dandysmo e dalla ridondanza liberty, con qualche punta di kitsch, sono definitivamente scomparsi dall'orizzonte della società contemporanea.
La massificazione offre possibilità indiscriminate, ma uccide il buon gusto.
Ma ricordiamo il pensiero del grande seduttore, personaggio di spicco nell'Italia fra le due guerre, e termine di paragone per misurare temporalmente il progressivo scivolamento verso la volgarità attuale.
Après moi le deluge, sarebbe il caso di dire.
Non ci credete?
Guardate, tanto per fare un esempio, Franco Califano
... il Califfo dei nostri giorni, ruspante e un po' coatto, con mille conquiste nel suo carniere di settantenne.
Con tutta la simpatia per i polli di campagna, la differenza col pavone la riconoscerebbe chiunque.

martedì, settembre 09, 2008

Le parole sono importanti


Il regista di Palombella rossa, qualche tempo fa, ebbe a sentenziare che "le parole sono importanti".

Ora, accade che qualche studioso di comunicazione abbia attinto a questa verità per affrontare il problema del linguaggio da un punto di vista scientifico.

L'operazione ci convince poco, perché non attribuiamo al Savonarola del vecchio PCI una grande esperienza al riguardo.

Già. Nanni Moretti non è un epistemologo, come l'infausto Umberto Eco; ha però la vocazione del pedagogo.

In uno dei suoi primi film, rimproverava aspramente la madre perché diceva "figa" anziché "fica".

Non mi son preso mai la briga ( o brica?) di verificare, sul Devoto Oli o sul De Mauro, se avesse ragione lui oppure la sua mamma.
Gli ho sempre creduto, come dire, sulla parola.

Ma pronunciare parole corrette (o scorrette) dal punto di vista lessicale e magari, se capita, del "bon ton" aggiornato ai tempi, non è sufficiente: occorre poter comunicare con efficacia il proprio pensiero al prossimo.

E, su questo punto, Nanni avrebbe avuto molto da imparare dal suo concittadino Aldo Fabrizi, il quale, a chi voleva stupire con un linguaggio fuori dalle righe, raccomandava, in puro romanesco, la saggia regola tradizionale del "parla come magni"!

Che sia questa la forma più adatta per fare comunicazione?

sabato, settembre 06, 2008

La fine del cervello non è la fine della vita


L'articolo della Prof. Lucia Scaraffìa, storica, sull'Osservatore Romano di pochi giorni fa, ha sollevato molte polemiche sulla definizione scientifica di morte cerebrale, soprattutto in rapporto al problema degli espianti per la donazione di organi.

Da un interessante dibattito, tra la stessa Scaraffìa ed il Prof. C.A.De Fanti, medico ed esperto in materia di trapianti, è venuta fuori una verità di cui sono in pochi a rendersi conto per le conseguenze dell'importanti sul piano biologico ed etico:"la morte cerebrale" non coincide con la cessazione delle" funzioni vitali"; la morte è un processo irreversibile, che non si compie con l'accertamento della fine dell'attività del cervello.

Tanto è vero che sono numerosi i casi di donne clinicamente morte, le quali hanno portato a termine con successo la gravidanza.

Il pubblico, nella stragrande maggioranza, non conosce questa semplice realtà, che pone interrogativi alla scienza sulla definizione di un concetto dato per scontato, ma che, invece, dev'essere ancora individuato con rigore accademico, per non destare confusioni pericolose tra la gente.

Sia dunque reso merito alla Prof. Scaraffìa per aver lanciato un sasso nello stagno, con il suo intervento sul quotidiano del Vaticano.

La sua argomentazione è un invito a riflettere sul tema, complesso ed articolato, per credenti e non credenti, laici e cattolici.

mercoledì, agosto 27, 2008

Prezzy


Giuseppe Prezzolini, detto Prezzy, è stato un infaticabile organizzatore culturale ed un personaggio di spicco nella storia letteraria del novecento, soprattutto come fondatore di una delle più pregevoli riviste dell'epoca, "La Voce", sulla quale scrissero eminenti personaggi, scrittori ed artisti, che hanno lasciato un segno profondo nella vita del nostro paese.

Prezzolini aveva il culto dell'indipendenza e pur essendo amico personale di Mussolini, e potendo trarre enormi vantaggi da questo legame, anche grazie al suo acume ed alla sua scintillante intelligenza, nonché al suo vasto patrimonio d'idee, preferì, all'avvento del fascismo, emigrare negli USA, dove insegnò, per moltissimi anni alla "Columbia University", letteratura italiana.


Tornò in Italia nel dopoguerra, ma, dopo un breve periodo di permanenza a Vietri sul mare, preferì stabilirsi in Svizzera, a Lugano, da dove continuò a collaborare a quotidiani e riviste.

Si vantava di far parte della "società degli apoti", cioè di coloro che non la bevono e questo gli servì pe non cadere nelle trappole della retorica e negl'inganni della politica e dei partiti, ma lo tenne fuori da qualsiasi pur meritato riconoscimento, anche economico, continuando a scrivere, per campare, ben oltre i cento anni.

Fu un convinto conservatore, o meglio un anarco-conservatore, giustamente critico nei confronti del suo paese, di cui individuò, lucidamente ed inesorabilmente, vizi e difetti.

Pur avendone pieno titolo rifiutò l'appellattivo di "maestro".

Il pittore ed incisore toscano Sigfrido Bartolini venne, un bel giorno, redarguito dallo stesso Prezzolini, perché gli si era rivolto deferentemente con quest'appellativo.

Di diritto però apparteneva alla categoria degli "antitaliani", nel senso paradossale del termine, essendo un amante del suo paese, ma profondamente critico nei suoi confronti, proprio a causa di un radicato patriottismo.
Dei suoi moltissimi libri, vogliamo ricordare oggi, "Il codice della vita italiana", che pur essendo stato scritto, per i tipi della "Voce", nel 1921, conserva una straordinaria attualità nel delineare il carattere degl'Italiani.

Traiamo alcuni brani, da questo libretto prezioso, per poter riflettere sulle considerazioni dello scrittore, le quali, pur essendo amare, corrispondono alla verità del nostro popolo.

Ecco alcune perle, da non dimenticare. E da rileggere di tanto in tanto.

"L'Italia si divide in due parti; una europea che arriva all'incirca a Roma e una africana o balcanica che va da Roma in giù. L'Italia africana o balcanica è la colonia dell'Italia europea".

"In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio".

"In Italia l'uomo è sempre poligamo e la donna poliandra (quando può)".

"In Italia non si può ottenere nulla per le vie legali, nemmeno le cose legali.Anche queste si hanno per via Illecita: favore, raccomandazione, pressione, ricatto, eccetera".

"I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi".

"Non bisogna confondere il furbo con l'intelligente. L'intelligente è spesso un fesso anche lui".

"Colui che sa è un fesso. Colui che riesce senza sapere è un furbo".

"Segni distintivi del furbo:pelliccia, automobile,teatro, restaurant, donne".

"I fessi hanno dei princìpi, i furbi soltanto dei fini".

lunedì, agosto 25, 2008

Filosofi e zingari

"A ventanni, giurai a me stesso di essere fedele alla mia giovinezza".
"Gli uomini ?
Più che alla vita, sono attaccati ai suoi bisogni !"
(Drieu La Rochelle)





Fin da piccolo mi accorsi di essere attratto da due tendenze o
correnti filosofiche che parevano tra loro opposte o contrastanti: il pessimismo cosmico ed un allegro edonismo.

Leggerezza e catastrofismo.

Col crescere e maturare, compiendo finalmente gli studi superiori, mi avvidi che i due aspetti della mia personalità potevano convivere, anche perché non erano convinzioni nuove, rispetto alle speculazioni del pensiero più elevato che altri più appropriatamente avevano esercitato.

Giordano Bruno affermava di sé:
sono ilare nella tristezza e triste nell'ilarità.

Quale sintesi migliore per un'anima complessa come la mia?

Ad essa doveva presto aggiungersi, con il matrimonio ed un lavoro stabile, un terzo inquietante fattore di riflessione e d 'inquietudine: la
monotonia.

La conoscenza più incisiva di Schopenhauer, seguita alle prime letture liceali, mi aveva donato, infatti, una nuova consapevolezza.
Il mio essere constatava la veridicità dell'intuizione del grande saggio, il quale paragonava l'esistenza ad un pendolo,
in perenne oscillazione tra l'angoscia e la noia.

Insomma era scomparsa, con l'età adulta, l'attitudine all'epicureismo e mi trovavo avviluppato nel bozzolo piccolo- borghese (che le circostanze, quasi inavvertitamente, avevano tessuto per me) del lavoro e della casa, della casa e del lavoro, in un universo chiuso, ormai, alla fantasia, all'immaginazione, alla creatività, alla libertà, alla poesia.

Lo spirito d'avventura, tipico dell'adolescenza e della giovinezza, si addormentava nella spirale del tran- tran quotidiano del
primum vivere, deinde philosophare, costruito paradossalmente, con una ferrea logica filosofica, grazie all'insegnamento di maestri ineccepibili, nell'inevitabile processo di acculturazione del mio spirito.

Finché un giorno...

Quasi per caso, lungo il tragitto che mi riconduceva tra le mura della mia sicura e tranquilla abitazione, m'imbattei in una compagnia di zingari.
Questi, in un parco, ai margini della via, si esibivano, in quel momento, in spettacoli fantasmagorici, nei quali esprimevano le loro abilità ed il loro estro al suono trascinante di violini e chitarre, tamburi, fisarmoniche e clarini.
E danzavano in continuazione in circoli sempre più ampi di persone, coinvolgendo anche i più tiepidi, tra gli spettatori, in un'assordante allegria.

Una bella fanciulla dagli occhi di fuoco mi prese per mano e si fece accompagnare in una serie di balli divertenti e un po' malinconici ad un tempo, e quella musica mi riportò all'adolescenza ed ai suoi sogni dipinti d'azzurro come il cielo ed il mare, alla voglia di viaggiare per paesi e continenti, al desiderio di conoscere attraverso la gente e le persone, la natura ed i paesaggi, quale verità abita questo mondo, riuscendo a strappare finalmente il velo del mistero che sempre ci avvolge.

E, tutto d'un tratto, capii quello che avevo abbandonato per diventare un uomo istruito, educato alla responsabilità, ai doveri individuali e sociali, un esemplare umano del tutto addomesticato:la preziosa essenza della vita.

Fui abbagliato da quella illuminazione e , al termine della sarabanda, con gli echi della festa nelle orecchie, saltai sul carro dell'affascinante donna, che avevo stretto durante tutto il tempo, unendomi a quella meravigliosa
carovana, diretta ad Arles.


venerdì, agosto 22, 2008

Sardegna Arcaica




Proprio in questo periodo di flagello turistico, in cui tengono banco le polemiche tra la Santanché e Briatore sul primato della cafoneria al Billionaire, il locale più in di Porto Cervo, di cui sono entrambi soci, consentiteci di allontanarci dall'atmosfera mondana e volgaruccia della Costa, per fare una breve puntata a Siligo, un paese dell'interno della Sardegna, sede di un moderno planetario ed appartenente al Logudoro, antico granaio dei tempi dei romani , dove ancora si coltivano gli usi antichi, si ammirano paesaggi meravigliosi e si conserva una natura incontaminata e rigogliosa. La cittadina ebbe la ventura di dare i natali alla cantante Maria Carta, ormai scomparsa, alla quale ha dedicato un museo.
La sua bellissima voce è incisa nella memoria dell'Isola più vera ed autentica, quella che mantiene ancora, nonostante un certo turismo mordi e fuggi o, semplicemente consumista, o da neo-ricchi snob e triviali la incontaminata nobiltà.
Ci piace richiamare l'Ave Maria, cantata da Maria Carta in lingua sarda, derivata dal latino, è un simbolo di quella terra arcaica che sopravvive alla mondanità, ai guasti della politica, al decadimento del buon gusto, alla mancanza di educazione, alla perdita del senso della bellezza e al tramonto dell'eleganza e della sobrietà dei costumi.
Niente di meglio farvi riferimento in questo mese, denso di significati culturali e spirituali, contro lo sbracamento selvaggio e barbarico dei gavettoni e dei night, turpi raccoglitori di rumori e persone sguaiatissime ed incolte.

mercoledì, agosto 20, 2008

Rompere i tabù...








L'ex ambasciatore Sergio Romano, commendevole editorialista del "Corriere della Sera", autorevole saggista in materia di politica estera,
si è presentato ad un pubblico dibattito, nel clima mondano di Cortina, con abbigliamento sportivo ed un tono talmente disinvolto, che è difficile riconoscerlo come il togato commentatore politico, avvolto diuturnamente nell'aplomb dell'ex diplomatico.

La sorpresa aumenta allorché Egli comincia a dissertare dei tabù e riconosce ormai l'indiscutibile necessità di abbatterli.

Sono tesi sovversive cui non è aduso uno scrittore proclamatosi conservatore urbi et orbi in plurime occasioni. Dichiarazioni che si accompagnano a modi significativi d'interpretazione del rivoluzionario concetto.

Infatti, dinanzi alle telecamere puntate sul suo viso, in una breve pausa della propria esposizione, il Romano comincia a grattarsi platealmente l'orecchio sinistro, con l'indice ben teso dentro il padiglione auricolare.

Fino a qualche tempo fa, avremmo giurato sulla sua incapacita costituzionale di azzardare un gesto del genere. Ma si sa. La società si evolve in continuazione e, quindi, anche i costumi degli ex ambasciatori mutano velocemente, eliminando anch'essi qualche tabù dal loro comportamento.

Di lì a poco, l'illustre giornalista, peraltro, si contraddice pesantemente.

Mentre afferma, come corollario dell'idea precedente, che i tabù non possono rompersi tutti insieme, ma solo uno alla volta , appena terminata la frase, si assiste alla continuazione dell'operazione di grattamento, con rapido passaggio dall'orecchiuo al naso.

Eccolo infatti dirigere la sua attenzione alla punta del suo aquilino, che viene catturata con forza dalla concomitante azione del pollice e dell'indice della stessa mano destra, per procedere a stropicciamenti e strizzature, fino ad acquietarsi, dopo interminabili minuti, in uno storcimento finale delle froge rimaste miracolosamente indenni d perdite di sangue.

Si rimane a bocca aperta di fronte alla spettacolarità della scena ed alle difficoltà che perfino personalità temprate incontrano nella vita quotidiana a mettere in pratica principì elevati come la dissoluzione contemporanea di più divieti

sabato, agosto 16, 2008

Ai trasformisti di tutti tempi




Si è sempre detto che uno dei vizi nazionali è il trasformismo.

Purtroppo vero come ben sapeva il Trilussa,il quale, da par suo, ha descritto anche questo difetto italico, presente massicciamente nel nostro paese fin dai tempi dell'unificazione.

E' da un po' di tempo che quasi tutti gli esponenti di quasi tutti i partiti si dicono liberali, dall'estrema sinistra all'estrema destra.


Non posso giurarci, ma forse lo stesso Toni Negri non esiterebbe a definirsi tale, se potesse farlo impunemente.


Ho assistito ad una tavola rotonda sul sessantotto, e pareva che parlassero di un Dinosauro.

Invece è quell'animale primitivo è ancora tra noi: quella mentalità, allo stesso tempo, fondamentalista ed opportunista, che ha permesso a chi predicava, prima, la rivoluzione da salotto e, poi, il terrorismo e la lotta armata, ha consentito a molti ex rivoluzionari e progressisti di attraversare tranquillamente il guado e di fare carriera per sedersi in poltrone comode e redditizie all'interno dell'attuale establishment, come se niente fosse.


Ed ognuno si definisce ora

liberale, dimenticando il tempo in cui il termine equivaleva per lui e gli altri compagnucci ad una bestemmia.


Ma la libertà una categoria dell'animo e va ben al dilà delle ideologie, dei partiti, delle consorterie, dei club e dei traformismi.


Ci auguriamo che le parole di Trilussa possano servire ad individuare, a tutti i livelli, chi è autenticamente liberale nello spirito e nell'intelletto, nell'antica accezione umanistica, da chi non lo è e non lo sarà mai, nonostante i travestimenti ed i salti della quaglia in soccorso del vincitore, come diceva Flaiano.




"La cornacchia libberale"


Una cornacchia nera come un tizzo,
nata e cresciuta drento 'na chiesola,
siccome je pijo lo schiribbizzo
de fa' la libberale e d'uscì sola,
s'infarinò le penne e scappò via
dar finestrino de la sacrestia.

Ammalappena se trovò per aria
coll'ale aperte in faccia a la natura,
sentì quant'era bella e necessaria
la vera libbertà senza tintura:
l'intese così bene che je venne
come un rimorso e se sgrullò le penne.

Naturarmente, doppo la sgrullata,
metà de la farina se n''agnede,
ma la metà rimase appiccicata
come una prova de la malafede.
- Oh! - disse allora - mo' l'ho fatta bella!
So' bianca e nera come un purcinella...

- E se resti così farai furore:
- je disse un Merlo - forse te diranno
che sei l'ucello d'un conservatore,
ma nun te crede che te faccia danno:
la mezza tinta adesso va de moda
puro fra l'animali senza coda.

Oggi che la coscenza nazzionale
s'adatta a le finzioni de la vita,
oggi ch'er prete è mezzo libberale
e er libberale è mezzo gesuita,
se resti mezza bianca e mezza nera
vedrai che t'assicuri la cariera.
(Trilussa)

mercoledì, agosto 13, 2008

La lumachella della vanagloria


Dedico una poesia di Trilussa ai tanti che, nella vita quotidiana e nel web, assatanati dal morbo del presenzialismo, non si preoccupano di essere ridicoli, con la smania di esserci a tutti i costi.
 
Quanta smania rilevate, a volte, in alcuni personaggi, che, pur di essere considerati presenti, si affaticano in giravolte, smancerie, complimenti senza senso, auguri ed auspici... per una sempre maggiore gloria di se stessi...
 
Ci sono blog addobbati come alberi natalizi, o peggio, come un costume di Arlecchino.
 Variopinti colori su tanti triangoli di stoffa, di proprietà altrui, raccolti di qua e di là,rappezzati alla bell'e meglio, nella speranza di una citazione o almeno di un saluto di cortesia.
 
Per non parlare dei meschini mercanteggiamenti, negli scambi di link, o fasulli riferimenti a post senza qualità.
I vizi della società si riversano in internet come in uno specchio.
 
Trash e vaniloqui sui quali riflettere per rendersi conto della nostra infinitesima importanza.
 
C'è chi ricorre all'insulto gratuito, all'attacco diretto, alla polemica spicciola e senza costrutto,
 alla volgarità e all'offesa pur di essere ricordato.
 
Quanta gente afflitta dal complesso dell'anonimato tentano di farsi notare: esibizionisti, psicolabili, semplici presuntuosi, scocciatori di oraziana memoria,poetastri, mestatori !
 
Per essi vale la magistrale descrizione del poeta nei seguenti versi.
 
"La lumaca"
 
La Lumachella de la Vanagloria,
ch'era strisciata sopra un obbelisco,
guardò la bava e disse: - Già capisco
che lascerò un'impronta ne la Storia.
 
(Trilussa)


lunedì, agosto 11, 2008

Solgenitsyn: riflessioni su Russia ed Europa





Ho letto una bella intervista al Prof. Victor Zaslavsky, docente alla Luiss, di Stefano Magni, su l'Occidentale (
http://www.loccidentale.it /) , nel quale si rievoca la figura di A.Solgenitsyn.
In essa vengono richiamati anche i rapporti dello scrittore con V. Putin ed alcune consonanze di pensiero sullo Stato russo.
Ho esposto alcune osservazioni che riporto di seguito.
E' certamente difficile districare, dal pensiero di Solgenitsyn, quanto di valido la sua visione del mondo sia destinata a mantenere nella dialettica contemporanea, soprattutto in rapporto a fenomeni problematici come la globalizzazione e l'assenza, sulla scena mondiale, dell'Europa come soggetto politico unitario.
Alcuni criteri di valutazione dello scrittore possono essere comunque utili ad una riflessione critica sulla "omologazione" in atto nei paesi europei ed extraeuropei e sui danni del "mercatismo", frutto (parrebbe) di un'alleanza tra politiche di sinistra e capitalismo senza regole.
L'aspirazione ad uno stato unitario, che non sia schiavo di una visione "economicista", attualmente prevalente, e mantenga al suo interno identità culturali differenti, ma non opposte, dovrebbe costituire un progetto politico per gli europeisti convinti e per i paesi dell'Est, che tardano a trovare un coagulo sia economico che politico, senza rischiare fughe centripete, dissoluzioni, disfacimenti, confusioni culturali e nuovi conflitti.
Quello che manca ancora alle sfere europea e post-sovietica è una "volontà comune di programma" per usare un concetto caro ad Ortega y Gasset.
In questo senso, mentre la concezione dell'intellettuale-simbolo della dissidenza conserva tuttora una forte valenza spirituale, pur con i suoi limiti di rigidità e di utopismo, all'occidente europeo difetta una lucida,organica e coivolgente idea del futuro da realizzare.






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sabato, agosto 09, 2008

Giuseppe Tucci e l' Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente









Un appello contro lo scioglimento dell'Istituto del Prof. G.Tucci

Contravvenendo all'attitudine antifirmaiola, ho sottoscritto oggi la lettera che l'IsiAO, fondata dall'eminente orientalista Giuseppe Tucci, ha indirizzato al Presidente della Repubblica per impedire lo scioglimento della fondazione, apprezzatissima a livello internazionale e benemerita per le ricerche e gli studi scientifici sull'Africa e l'Oriente (fra l'altro, fondamentali sono tuttoggi i lavori del Prof. Tucci sul Tibet).


Il Consiglio dei Ministri, nella corretta prospettiva di tagliare le spese, non è andato troppo per il sottile, ma una cernita, in questo settore, andrebbe fatta, per non privare l'Italia di un Ente, che continua ad arricchire la cultura e la conoscenza e si distingue anche all'estero per l' operosità e la serietà della propria attività.


Chi volesse aderire all'appello al capo dello Stato può farlo collegandosi a:

G.Tucci


http://www.giuseppetucci.isiao.it
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