lunedì, dicembre 31, 2012

Perché Monti?


Andrà a finire così: voteremo la lista Monti. 

Perché lo vogliono il Vaticano, la Confindustria, la BCE, la Germania, gli USA, L'Onu, la Nato, Israele e i banchieri, la Palestina e i fratelli Mussulmani, il wwf, l'Unicef, Green Peace e l'Eni, Mamma Rai e l'Enel, la Bocconi e la Luiss, la Ferrari e la Fiat, Equitalia, la Cei e Bersani.

Perché non ci sono alternative e abbiamo bisogno dell'uomo della provvidenza.
Perché abbiamo la testa fra le nuvole e vogliamo salire in cielo.
Perché siamo disperati. Perché siamo masochisti.

S.Terenzo

Molte donne si sono recate a messa in abiti succinti per manifestare la loro protesta contro il parroco di S. Terenzo. 

La sfilata sul sagrato della Chiesa ha certamente smentito ogni ipotesi di provocazione nei confronti degli uomini, i quali avrebbero preferito non vedere tali agghiaccianti esempi di seduzione, per non restare terrorizzati.

La dimostrazione quindi può dirsi perfettamente riuscita.

''Ricordi sott'odio'' di Indro Montanelli

Sarcastici, fulminanti, sornioni, escono, a dieci anni dalla morte di Indro Montanelli, gli epitaffi, rimasti finora inediti, scritti dal giornalista per puro divertimento negli anni Cinquanta. Nella carrellata di «ritratti taglienti per cadaveri eccellenti» c’èanche il suo: «Qui/riposa/ Indro Montanelli./Genio compreso,/spiegava agli altri/ciò /ch’egli stesso/non capiva» e l’epitaffio per la moglie Colette Rosselli, cronista di costume e pittrice. «Qui/riposa/Colette Rosselli/tardiva/eroina/d’un melodramma/ di cui/portò il lutto/con grazia/divina». Sono Ricordi sott’odio, a cura di Marcello Staglieno, nei quali Montanelli (morto il 22 luglio del 2001 a Milano) svela con il suo sguardo dissacratore i retroscena e le contraddizioni dei salotti letterari e dei personaggi del mondo della cultura, dell’editoria, della politica e dello spettacolo di quegli anni. Ad aprire il libro l’epitaffio per il suo «cattivo» maestro e grande amico, Leo Longanesi: «Qui giace/per la pace di tutti/ Leo Longanesi/uomo imparziale./Odiò/il prossimo
suo/come/se stesso». Quest’ultimo, insieme a quello dedicato a Zavattini («Non piangete/per/Cesare Zavattini/ha già pianto/lui per tutti noi») sono gli unici due testi del libro già pubblicati. Illuminanti come aforismi, questi brevi componenti sono nello stesso tempo una foto di gruppo della stagione che precede il boom economico. Così del grande autore de Gli indifferenti Montanelli scrive: «Qui giace il più rappresentativo e completo di tutt’i personaggi di Moravia: Alberto» e del leader storico del Partito comunista: «Qui/riposa/Palmiro Togliatti/impiegato modello/di/rivoluzioni/parastatali». «Manoscritti su tovagliette in qualche trattoria milanese, ora su un block notes, ora dattiloscritti con la sua Lettera 22 su carta da bozze, ora autografi su una rubrica telefonica», come spiega nell’introduzione Staglieno, questi epitaffi sono potuti diventare un libro grazie alla collaborazione del Fondo manoscritti di Pavia, che ha messo a disposizione gli originali dei taccuini sui quali Montanelli appuntava questi testi. Così é stato possibile «rendere nota al grande pubblico una parte della produzione letteraria montanelliana rimasta finora sconosciuta» dice in una nota l’editore Rizzoli, che di Montanelli ha da poco pubblicato Ve lo avevo detto, dedicato a Silvio Berlusconi. Ultimo grande inviato d’assalto, fondatore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, Montanelli, originario di Fucecchio (Firenze) dove era nato nel 1909, è autore di circa una cinquantina di libri. In questi epitaffi si rivela tutto il suo talento di sbeffeggiatore delle ipocrisie e piccolezze di amici e nemici e la sua capacità di trasformare lo sdegno in ironia e la cattiveria in arte. Cosi del fondatore del settimanale «L’Uomo Qualunque» dice: «Qui giace/Guglielmo Giannini/ucciso/dal dolore/di essere/un/uomo qualunque» e del Lord Brummel del teatro italiano: «Qui giace/un frac./Dentro/c’era una volta/Luigi Cimara». Nel libro anche ritratti di Piero Calamandrei, Amintore Fanfani, Giulio De Benedetti, Wanda Osiris, Luchino Visconti e Giovanni Ansaldo e due illustrazioni, in inchiostro di china su carta, che John Alcorn ha dedicato a Montanelli, per gentile concessione della famiglia Alcorn, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. «Una Spoon River» all’acido prussico, definisce Staglieno questi Ricordi sott’odio che in fondo sono sì «affilate stelle filanti», «epigrammi assassini» ma tutti sembrano «una testimonianza, per il postero lettore, dei risvolti nascosti dietro una realtà “ufficiale” spesso, inclusi i propri amici, troppo retoricamente celebrativa». Ordinati secondo «criteri di compiutezza e di gusto», alcuni, precisa ancora Staglieno, «sono di schietta ispirazione longanesiana» e benché scritti alle soglie del boom economico mostrano una sostanziale amarezza montanelliana perché «Indro - conclude Staglieno - aveva in parte intuito che taluni aspetti di quel tempo erano sulla scivolosa china verso la realtà d’oggi». _________

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INDRO MONTANELLI, Ricordi sott’odio Rizzoli, Milano 2011, pp. 218, 17 euro
Mauretta Capuano (da Il Cittadino.it, 13 ottobre 2011)

domenica, dicembre 23, 2012

Restyling ?

Sul benemerito quotidiano on line ''Il Legno Storto'', è apparso un articolo del direttore del ''Tempo'' Mario Sechi dal titolo Come rifondare il centrodestra. Dalla serie di commenti colpisce da parte di un lettore il richiamo alla destra di Almirante. Traendo spunto da tale indicazione e dalle considerazioni di Sechi, schierato su posizione montiane mi sono venute spontanee alcune riflessioni.
Queste. 

Ma dove sta scritto che per rifare la destra è necessario ricostituire il msi? 
Quel partito, come il fascismo, appartengono al passato e tutti i tentativi per dargli una forma moderna e credibile sul piano delle idee e  di un progetto culturale perseguibile in concreto, si sono schiantati contro il muro delle ideologie o peggio dell'opportunismo politico.

Migliaia di giovani sono caduti vittime, come i loro padri, di un tranello partitocratico scatenando, dall'apertura di un vaso di Pandora, tutto il peggio possibile, utile soltanto a chi voleva una carriera parlamentare e scranni regionali, provinciali comunali e posti di sottogoverno.

Chi dette un contributo serio al rinnovamento di uomini e principii, prendendo atto della fine della seconda guerra mondiale e di quella civile ed adeguandoli ai tempi moderni nel solco di tradizioni ancora vitali, furono alcuni giornalisti, intellettuali, scrittori, uomini delle professioni, e di cultura dotati di un minimo di senso dello stato e della nazione, pur in un contesto atlantico ed europeo, accomunati da ideali conservatori e liberali con maestri come Prezzolini, Longanesi, Montanelli, Ansaldo, Artieri, Mathieu e diversi altri, determinati a creare un'alternativa al catto-comunismo e all'economicismo.

Se le fila devono riprendersi, è di là che bisogna ripartire e non dai cascami del nostalgismo e del passatismo fine a se stesso.
Ma oggi il problema si fa più complesso con la globalizzazione e la perdita di autonomia dei singoli stati di fronte al prepotere economico, tanto da mettere in serio rischio libertà individuali e collettive ed il rispetto stesso della persona umana - con il livellamento verso il basso dei ceti medio-piccoli e l'omologazione massificante.

E su questo versante voci nuove, sganciate dagli ideologismi e dai luoghi comuni di derivazione post- comunista, non se ne sentono, all'infuori di quella che a torto è stata definita 'la nouvelle droite' di Alain de Benoist e del suo cenacolo di pensatori spregiudicati, intesi a suerare la falsa alternativa tra destra e sinistra, nel senso paradossale indicato da Ortega Y Gasset, il quale definiva tali categorie politiche come semi-paralisi mentali o,  in casa nostra, dalle idee eterodosse di Geminello Alvi e dei fautori dello stato-minimo con una visione economica fondata sul dono e non sul calcolo degli interessi e tanto meno sul modello cinese di capitalismo, che è quello che sta avendo la meglio anche in Occidente.

Allora la domanda che si pone è: Mario Sechi ha indicato una strada e un metodo che tengono conto delle questioni accennate in Italia e in Europa?
Siamo sicuri che il montismo sia una dottrina ed abbia la potenziale capacità di affrontare le sfide della modernità?
Siamo persuasi che la via tedesca riuscirà ad averla vinta sui mercati drogati e il super-colonialismo USA e cinese?
E' possibile un impero germanico accanto a quello nord-americano e della Cina?

Basterà il modello renano, da noi quasi del tutto sconosciuto, a liberare forze ed energie nuove dalla società civile, per ristabilire la concorrenza, un'economia basata sul patrimonio e non sulla finanza, un assetto sociale, con pochi poteri statali efficienti,  alimentato da un serio ed essenziale federalismo, da comunità intermedie ben strutturate e accompagnato da sussidiarietà non assistita?
Mi pare che finora Monti e i suoi sostenitori non abbiano dato risposte precise, ma che si accontentino di pensare ad un ruolo  dell'Italia accettabile in un'Europa ancora troppo confusa e di governare, non tanto nel senso della moderazione, quanto di un inaudito accordo con il PD di Bersani (a rimorchio di Vendola).

Forse il disegno di Monti è di rifondare,  non tanto il centrodestra, quanto    il centro sinistra.

Un paradosso ?

In politica tutto è possibile. 

Il timore in tal caso è che lo statalismo non diminuisca, mentre le sacche di privilegio, pubblico o privato, permangano o magari s'incrementino in una suprema beffa nei confronti dei cittadini.

sabato, dicembre 22, 2012

Tutti a Teatro

E' cominciata la campagna elettorale e si susseguono le presentazioni di candidati e movimenti. Sono tutti dei ex machina, capaci, manco a dirlo, di risolvere i problemi del paese con l'appoggio del popolo e in nome della democrazia.

E' una specie di epidemia il dopo Monti: la fila dei candidati, personaggi pubblici provenienti da varie estrazioni (imprenditoria, partitocrazia, magistratura, mondo dello spettacolo, università, sindacati, professioni) è talmente lunga che si fa fatica a starci dietro, ma tutti danno l'impressione di essere convinti di proporre le scelte migliori per la comunità.

Ma chi ci crede
Sì andiamo tutti a teatro per vedere questi nuovi protagonisti sulla scena pubblica, ma la gente sempre più avvertita dalle vicende degli ultimi anni non si lascia tanto incantare.

La politica e l'antipolitica sono in conrapposizione forte, ma ciò non vuol dire che ci siano motivi per lasciarsi ancora influenzare dagli aspiranti padroni del vapore o da vecchi manovratori. 

Si parla di società civile, ma nessuno sa cosa sia questa società civile, che annaspa tra tasse e disgusto generalizzato per i partiti e che non ha più tabu', perche non crede più agli slogan e ai luoghi comuni.

Un magistrato, in vena di battute non troppo distanti dalla realtà, anziché commentare la nuova legge anti-corruzione, fa una denuncia ideologica affermando che la corruzione è fra tutti, pubblici enti e privati cittadini, e tra cittadini tra loro.

Il bel paese è tutta una corruzione? 
E chi ci salverà? 
Un nuovo Robespierre, un nuovo terrore?

Occorre diffidare in primo luogo dei giacobini

La libertà è troppo importante per affidarci ai demagoghi, ai tribuni della plebe, ai giustizieri, ai politicanti vecchi e nuovi.

Pensiamo ad organizzarci come singoli e come comunità senza dare deleghe a nessuno, specialmente se sono deleghe in bianco.