sabato, maggio 14, 2005

Il reggimento parte all'alba



E' il titolo di una serie di racconti, tra i più recenti, del grande Dino Buzzati.

La narrazione è pur sempre un po' surrealista, un po' metaforica, un po' simbolica. Sempre suggestiva e malinconica, allo stesso tempo aerea, limpida e fresca come l'aria della montagna da lui tanto amata.

Il libro è una summa del pensiero dello scrittore bellunese, noto per un capolavoro come il Deserto dei Tartari, ossessionato dal pensiero della fine in ogni pagina dei suoi libri e dell'attesa indefinita di avvenimenti, che abbiano la forza di riscattare l'esistenza in un empito vitale ed eroico, paradigmatico.

Romanziere borghese, quant'altri mai, ha portato nella sua scrittura ordine mentale, precisione concettuale e discrezione dei sentimenti con la custodia dei valori tipici della classe media di una volta, quella che aveva fatto l'italia e l'aveva ricostruita nel dopoguerra, animata da uno spirito sobrio ed elegante, pudica ed onesta, legata alla tradizione dei padri. Ormai inesistente.

Una ceto, compresso tra il capitale e il proletariato, destinato ad essere combattuto, per motivi opposti, da entrambe le classi estranee all'unità della nazione, poco avvezze ad onorare la poesia dell'impegno civile, al servizio disinteressato dello stato e della comunità, più con l'esempio e la laboriosità, che con gesti plateali, esibizioni da parata, rivendicazioni esasperate.
Ho amato Buzzati fin dal tempo del liceo.

Rimane un esempio di fine letterato e di artista raffinato, un giornalista esemplare, un uomo straordinario nella varietà degli interessi culturali e nello stile di vita.

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