sabato, settembre 13, 2008

D'Annunzio e il superfluo




Io ho, per temperamento, per istinto, il bisogno del superfluo.
L’educazione del mio spirito mi trascina irresistibilmente verso l’acquisto dell cose belle.
Io avrei potuto benissimo vivere in una casa modesta, sedere su seggiole di Vienna,
mangiare in piatti comuni, camminare su un tappeto di fabbrica nazionale,
prendere il tè in tazze da tre soldi.
Invece, fatalmente, ho voluto divani, stoffe preziose, tappeti di Persia,
piatti giapponesi, bronzi, avorii, ninnoli, tutte quelle cose inutili e belle che io amo
con una passione profonda e rovinosa... Roma mi ha vinto!
(Gabriele D’Annunzio)
Sembra di tornare alla preistoria, a rileggere le
parole del vate. Ai tempi suoi certamente il superfluo aveva un valore inestimabile.
I pochi che potevano accedervi erano dei privilegiati e l'eleganza non era certamente discutibile. Criteri estetici ben definiti, ma anche in corso di elaborazione, accompagnati dal gusto della bellezza, dall'importanza della forma, dello stile erano traguardi ambiti, per chi, come D'Annunzio, proveniva dalla provincia e da una classe sociale non agiata.
Il poeta, con la sua intelligenza, il talento e la forza fascinatrice della poesia e della letteratura, s'impose addirittura come maestro di vita , suscitatore del nuovo gusto aristocratico, afflitto sì dal decadentismo, ma pur sempre affascinante e suggestivo.
Le sue cronache mondane sono ancora il documento di un'epoca, di cui volle e seppe farsi interprete e protagonista egemone.
Quanto tempo è passato.
Ormai il superfluo è alla portata di tutti, ma l'aristocraticismo e la suprema eleganza di un gesto od un abbigliamento, anche se spesso travolte dal dandysmo e dalla ridondanza liberty, con qualche punta di kitsch, sono definitivamente scomparsi dall'orizzonte della società contemporanea.
La massificazione offre possibilità indiscriminate, ma uccide il buon gusto.
Ma ricordiamo il pensiero del grande seduttore, personaggio di spicco nell'Italia fra le due guerre, e termine di paragone per misurare temporalmente il progressivo scivolamento verso la volgarità attuale.
Après moi le deluge, sarebbe il caso di dire.
Non ci credete?
Guardate, tanto per fare un esempio, Franco Califano
... il Califfo dei nostri giorni, ruspante e un po' coatto, con mille conquiste nel suo carniere di settantenne.
Con tutta la simpatia per i polli di campagna, la differenza col pavone la riconoscerebbe chiunque.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e