venerdì, settembre 02, 2005

Ospitalità e piatti di plastica


Una mia vecchia amica ha voluto ricambiare una cena offertale tempo addietro a casa mia, invitandomi, ieri sera, insieme con altre due ospiti, nella sua villa al mare, in corso di smobilitazione per l'approssimarsi della fine delle vacanze.

Ora, è vero che anche tra i borghesi di provincia - un tempo sacra custode delle usanze corrette - è invalso l'uso dei piatti di plastica, magari accompagnati da un sottopiatto in ceramica, come per dire: "guardate che i piatti ci sono, ma per il clima afoso mi guardo bene dal servirverli, a scanso di fatiche..."
Ma è pur vero che, per quattro sei commensali, una tale "precauzione" a vantaggio della propria pigrizia, nonostante la confidenza tra ospite ed invitati, appare certamente esagerata.

A completamento della tavola (apparecchiata su un ripiano ricavato su quattro assi mobili e coperto da tovaglia scura di cotone, ampiamente utilizzata nel corso della stagione), l'anfitrione si è presa la cura di collocare alcune posate di piccola grandezza, adatte alla frutta o al dolce, dando così un tocco di normalità a banchetto.

Una varietà inusitata di piccole pietanze, accompagnata dagli spaghetti cotti al momento e saltati in padella con ingredienti alla marinara, presumibilmente precotti, faceva pensare che, a ridosso della domenica, venissero riciclati cibi, che si conservano per qualche giorno in frigorifero od anche provenienti, probabilmente, dai risultati dell'attività di volontariato della gentile signora a favore di persone colpite da indigenza ed inedia (noblesse oblige), sapientemente conditi con sapori forti, per mascherarne adeguatamente il gusto, hanno completato la coreografia della serata - conclusasi, comunque, in un clima conviviale, tra un pettegolezzo femminile, un commento sull'ultima dieta dimagrante ed il ghigno di soddisfazione della padrona della magione, per essersi alleggerita di un onere sociale, nella maniera moralmente più economica.
Certo il ricambio di cortesie si è realizzato in maniera indolore, ma quanta pena per la fine delle buone abitudini legate ai sani principi dell'ospitalità, magari senza fronzoli né orpelli, o cibi elaborati su vassoi di terracotta, ma ingfinitamente carichi di spirito amichevole, buona educazione campagnola e vera cordialità.

O tempora o mores, avrebbe esclamato l'acuto Cicerone.

E come avremmo cenato più volentieri, nella nostra dimora, in compagnia di un gatto beneducato!

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