domenica, febbraio 27, 2011

Il mestiere dell'intellettuale


Cultura politica è proiezione di uno scenario inedito che filtra le esperienze preziose del passato e ne fa tesoro, ma per cambiare i connotati del paesaggio esistente: una proiezione che non si ottiene dalle cabale di nessun sondaggio del già-dato ma si costruisceimmaginando il presente e il futuro, provocando desideri, passioni e convocando concreti interessi

In questo tanti cittadini e tra loro molti intellettuali, si sono sentiti rappresentati. Ora, in un passaggio difficile della via alla transizione, è legittimo e fisiologico che si apra la discussione sulle diverse opzioni possibili e che affiori qualche sintomo di radicale dissenso. 
Ma la critica più interessata mira a sospingere gli intellettuali verso un ruolo contemplativo, a estraniarli dalla sfera della politica attiva, magari enfatizzando la contraddizione tra le logiche del gioco politico e i cieli dell’Assoluto di fumose e sorpassate filosofie. Il ruolo dell’intellettuale è invece quello di stare nella contraddizione, valorizzare la contingenza e l’occasione, unica e irripetibile, del proprio tempo e della propria generazione. 

Cultura politica è quella che dà per scontato che l’inerzia sociale, le strategie degli antagonisti e gli egoismi si oppongono sempre ai progetti di trasformazione della società esistente. 
E calcola come superare gli ostacoli, lo spirito di gravità che, come ricordava Nietzscheappesantisce il movimento degli uomini. 
 Cultura politica, attivismo culturale significa avere consapevolezza che, nonostante i dubbi e le perplessità, non si può stare a guardare che piega prenderanno le cose: perché non contribuire criticamente, non intervenire nei processi costituenti dello scenario pubblico, nonnegoziare le parole che costituiranno il lessico politico del domani porterà a ritrovarsi estraniati e privi di scelta, afasici nelle situazioni future.

Il coraggio intellettuale, a differenza di quello fisico, consiste proprio nel reggere la sfida di situazioni inedite, nell’avventurarsi in paesaggi nuovi dove sono inutilizzabili le bussole delle antiche consuetudini culturali. 

Chi per mestiere e per passione svolge nella società una funzione intellettuale non può stare a guardare, chiuso nella torre d’avorio della propria presunta, saccente e impolitica superiorità, in attesa che la bufera politica, morale, culturale, sociale, estetica che l’Italia sta attraversando si plachi. La colpa più grave, in questo tempo, è l’attendismo, avere il mondo "a gran dispitto”, rattrappirsi in una mesta, senile accidia. 

Mestiere dell’intellettuale, mestiere anche pericoloso, se non altro perché a rischio di errore, è assumersi pienamente le responsabilità del proprio tempo. Il dovere estetico prima che politico di tutti quanti non sopportano la versione vergognosamente tragicomica a cui l’assenza totale di aria politica ha ridotto la vita pubblica in Italia, di tutti i cittadini consapevoli e responsabili, e degli intellettuali in anticipo rispetto agli altri; l’impulso ditutti quanti non abbiano insterilite le fonti della passione, dell’intelligenza e del desiderio, di tutti quanti possano e vogliano farlo, tutti quanti abbiano qualcosa di sé da spendere, è concertare un grande sforzo di immaginazione politica collettiva. 

Per cambiare il mondo e impegnare tutte le energie vive, per disegnare un altro orizzonte a cui tutti, tutti insieme, tutti i cittadini degni di questo nome, possano attendere. Il gioco è questo, qui e ora. Il gioco è nel mondo che alla nostra latitudine ha la fortuna di avere il nome di Italia: un nome di cui dobbiamo, tutti insieme, reinventare il pregio e l’orgoglio.
  



Il Forum delle idee, 9 febbraio 2011

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