venerdì, luglio 01, 2005

I bicchieri e il buon gusto



Barbara Ronchi della Rocca è una gentile giornalista con l'hobby del galateo.

Qualche tempo fa, scrisse un post sull'uso dei bicchieri a tavola, che partiva da una premessa intelligente, secondo la quale la loro scelta non deriva da norme ingessate, ma da un modo raffinato di apprezzare nella giusta misura le qualità delle bevande.
Proseguiva elencando forme, dimensioni, caratteristiche precise per servire sia l' acqua che i vari tipi di vini, in maniera tale da esaltare vista, tatto, udito, oltre che profumi e palato.
Le sue considerazioni dettate da razionalità, buon gusto, eleganza, mi son venute alla mente durante una cena tra amici generici, cioè non genuini e collaudati. Gli ospiti, una coppia non propriamente assortita, ma conflittuale, in cui la donna, straniera dell'est europeo, più giovane di oltre quindici anni rispetto al marito, uomo giudizioso ed agiato, istruito e di buona educazione, tendeva a svolgere un ruolo dominante nella conversazione tra commensali, con una serie di affermazioni tanto perentorie quanto stravaganti, destinate, nella sua intenzione, a farla apparire, nonostante la disponibilità patrimoniale del coniuge, molto naturale e country, con attitudini alla semplicità di vita, atteggiamenti tipici della gente di recente fortuna ed inevitabilmente snob.
Costei, nel fantasmagorico argomentare, a colpi di mortaretti, per tenere desta l'attenzione del piccolo pubblico di convitati, a cui riservare il cortocircuito di una presuntuosa declamazione, estraeva ad un certo punto dal suo inesauribile reperterio la "chicca" del bicchiere... unico.
Affermava, infatti, la signora che la consuetudine di apprestare sulla tavola due bicchieri, uno per l'acqua e l'altro per il vino, era da evitare accuratamente, priva di logica e di giustificazione adeguata nei tempi attuali e in una visione naif dell'esistenza, quale lei intendeva condurre contro le mode e l'ipocrisia generalizzata della società contemporanea (ciò che peraltro non le impediva di far uso di scarpe Timberland e di macchinone Volvo), dominata dalla globalizzazione e dal consumismo più deleteri.
Lei, considerata la sua scarsa attitudine in cucina e la radicata pigrizia per affrontare le più elementari incombenze casalinghe, nelle rarissime volte in cui accoglieva qualcuno al proprio desco, offriva un unico bicchiere, nel quale mescere acqua e vino d.o.c., tenendo conto ,soprattutto, del fatto che tutto ciò che introduciamo transita in una sola bocca, con buona pace di tutti i galatei, la rinomata lavorazione del vetro, l'importanza delle qualità organolettiche da percepire nell'atto del bere, da soli o in compagnia.

Gli astanti ormai rassegnati al fuoco di fila delle brillanti genialità, esposte con perentoria determinazione dalla gentildonna ed anche per una spontanea forma di solidarietà nei confronti del consorte, visibilmente in difficoltà, preferirono starsene in silenzio, riservando a se stessi ogni opinione diversa.
Si sarebbe potuto, altrimenti, far presente alla signora che piccole bottiglie di vino e di acqua, da trangugiare direttamente dal collo, distribuite alla maniera dei boy scout, o dei campeggiatori della domenica, avrebbero sicuramente assicurato l'originalità del servizio e la separatezza dei sapori, per i malcapitati invitati alla sua mensa, senza neppure preoccuparsi dopo... di lavare i bicchieri.

Probabilmente questo è il destino dei nuovi ricchi, autoinvestitisi con arroganza della facoltà di emettere giudizi sommari su quanto non conoscono o non riescono a capire né ad apprezzare, sono purtroppo, per loro, costretti a subire la miserevole condizione di schiavi della propria ignoranza e della conseguente mancanza di educazione al buon gusto, perfino nel parlare.

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