domenica, ottobre 02, 2005

Non siamo la Svizzera


Abbiamo letto con interesse l'attenta analisi pre- elettorale di Marco Cavallotti su "Legno Storto", il quale evoca fra le altre l'immagine della Svizzera, compiuta e federale democrazia, come possibile riferimento per un elettorato, diciamo così, evoluto e riteniamo l'accostamento un'intelligente provocazione.
Qualche tempo fa, Carlo Lottieri fece l'apologia della Svizzera e della sua neutralità attiva ed isolazionista.
Non è un modello che potrebbe andar bene per noi.
Certo, molto dobbiamo ancora imparare dalla Svizzera (non ultimo il senso civico), ma con tutta la stima che abbiamo per Lottieri, la società elvetica non ci pare il modello jeffersoniano migliore.
Noi abbiamo bisogno di credere in quello che facciamo e non vogliamo occuparci solo dei problemi che ci riguardano da vicino, anche se spesso ci costringono a farlo i nostri politici.
La Svizzera è la fine della passione e della coltivazione delle idee.
E' troppo neutra.
L'Italia è un paese mediterraneo: con mille difetti e debolezze, ma con la voglia di competere in tutti campi nel consesso internazionale.
E' vero quel che dice Marco Cavallotti: chi non è di sinistra si sente defraudato dai propri rappresentanti e profondamente deluso.
Non si rimpiangono le ideologie, ma la mancanza d'impegno civile e la disgustosa disputa sulle cariche da spartirsi sono esempi umilianti per una nazione che non ha rinunciato a costruire o ricostruire la propria identità.
Il ritorno al proporzionale, seppure per fini strategici, non convince. Possiamo nutrire ancora una speranza?
Chi ci dice che vinta la battaglia elettorale, tutto non torni alla spartizione del potere, come purtroppo è accaduto anche nella "Casa delle Libertà".
Fossimo la Svizzera, accomodante asettica sterilizzata, sarebbe tutto più semplice.
Ma ancora il Bel Paese vuole confrontarsi con se stesso.
E poi noi siamo la patria delle fazioni non ancora evolute in una corretta democrazia, ma proprio per questo desiderose di lottare.
Il problema è proprio questo: la forza dei moderati può trarsi soltanto dalla volontà di opporsi al disegno del centro sinistra o c'è l' estrema necessità di un programma esaltante, in cui i primi ad aver fede siano i rappresentanti eletti in parlamento nel 2001 a furor di popolo?

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