giovedì, ottobre 06, 2005

Un Placido sistema


Michele Placido ha parlato del suo ultimo film, tratto da "Romanzo criminale" di De Cataldo, nel quale si narra la storia della banda della Magliana e delle sue implicazioni politiche nell'Italia degli anni settanta.

Implicazioni date per vere, benché non provate giudiziariamente.

Insomma quella che, nel libro del magistrato-scrittore De Cataldo, è semplice ipotesi romanzesca, viene dato per realtà provata, quasi scontata dal Placido regista-attore, il quale in tal modo si colloca nell'alveo della tradizione complottistica, che affligge il nostro paese da oltre trentanni, per avvalorare l'ipotesi di un secondo Stato, amministrato con sistemi massonici dagli stessi reggitori del potere.

Il fatto che, dopo anni d'indagini, non si sia arrivati al bandolo della matassa degli svariati e sanguinosi episodi criminali- nonostante il dovizioso dispiegamento di mezzi posto in essere per lunghissimo tempo (accompagnati dalla gran cassa dei giornali progressisti, i quali avevano già scritto tutte le sentenze, attendendone soltanto conferma formale da parte dei giudici, per attribuirne la responsabilità ai sistemi deviati d'informazione e sicurezza, con l'uso spregiudicato della mano d'opera fascista e mafiosa, al servizio del regime clerical-socialista) - non serve a nulla.

Placido si allinea alle tesi e ai teoremi prevalenti nell'ottica della sinistra estrema, pensando di essere anticonformista.
Ma così non è.

Da quel che lui stesso racconta, l'opera cinematografica rimane nel solco della celeberrime stragi di Stato, che hanno massacrato l'Italia, da Calabresi in poi.

Non è un grande sforzo intellettuale, né un un film originale, ma serve a fare cassetta, ripetendo temi sfruttati da anni dalla propaganda politica marxista e para-marxista, al solo scopo di conquistare la diligenza del governo.

Non è un contributo alla verità di quegli anni. Ma un'ulteriore replica di un leit- motiv divenuto ormai logoro.

In fondo c'era da aspettarselo.
Per avere consenso e guadagni, oggi come ieri, c'è solo una strada: quella di apparire coerenti con le tesi prefabbricate dei rivoluzionari di professione, per i quali il sequestro Moro è tuttora da attribuire alle sedicenti brigate rosse, anche a costo di divenire
tragicamente grotteschi.

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