sabato, dicembre 17, 2005

Umano, troppo umano: animale


Rossella Castelnuovo, commentatrice scientifica di Rai Tre, non perde occasione per definire uomini e donne semplicemente "umani": una qualificazione darwiniana tendente ad appaiarli ad insetti, rane, oranghi, etc. - tutti ricompresi nel variegato mondo animale.

La sua insistenza è perentoria e sistematica.Tanto per far capire, a chi ancora non l'avesse ben chiaro in testa, che noi poveri mortali, dopo l'abbandono del vieto antropocentrismo imperialista, non siamo in nulla differenti dalle altre specie.

Qualche tempo fa, davanti a liceali, un po' confusi, di un celebre istituto romano, partecipanti ad un pubblico dibattito sull'evoluzione, richiamò qualche studente ancora restìo ad uniformarsi alle nuove regole del linguaggio, ribadendo con forza che anche noi siamo animali - quasi per dire che termini come uomo e donna sono ormai perniciosi, in quanto ci contrappongono agli altri esseri viventi con un'infondata presunzione di superiorità e costituiscono un forte ostacolo all'educazione delle nuove generazioni alla democrazia.

Ora, noi non abbiamo nulla contro gli animali, umani compresi, spesso più somiglianti a bestie che non a dei, ma pensiamo che non ci sia niente di male a non volerci ritenere assimilati, tout court, ad amebe o girini, se non altro per il dono della parola e della comunicazione elaborata, dell'autocoscienza e della creatività.

E soprattutto crediamo che il relativismo culturale non debba ridurci a numeri sottomessi al regno della quantità, inglobati nella massa indistinta e governati dal positivismo scientifico livellatore, per il quale un animale vale l'altro e tutti insieme contano meno di zero.

Lasciateci ancora leggere senza complessi d'inferiorità l'Umano troppo umano dell'inquieto e scintillante Nietzsche o riflettere sui limiti e la grandezza dell'uomo, descritto dalla lucida e feconda speculazione di Kant, come essere irripetibile dell'universo, allorché constata la meraviglia del cielo stellato sopra di sé e la coscienza morale dentro di sé.

Una consapevolezza che nessun diktat scientista potrà mai attribuire alle altre specie.