lunedì, aprile 04, 2011

Coma profondo


'Politica & Cultura nazionali alla deriva'
Il dialogo recente tra Cordelli Berardinelli sul 'Corriere della sera',  in merito alla sorte del romanzo ed in genere della cultura, riecheggia antiche tesi provenienti da ben altri profeti, ed in primis da FNietzsche, il quale, anticipando i tempi, aveva appuntato la sua critica sull'industria culturale, che favorisce quasi esclusivamente la quantità del prodotto, piuttosto che la sua qualità.
Man mano che la cosiddetta democrazia (che più rettamente chiamereimassificazione) avanzava nella società moderna, il romanzo deperiva e soccombeva.
Provate a leggere l'elenco degli autori che lo stesso quotidiano propone in questi giorni come maestri di scrittura e vi assale subito un senso di desolazione, eccezion fatta forse, come testimone di impegno civile, per R.Saviano, il quale peraltro farebbe bene a parer nostro non esporsi troppo sui media nazionali, col rischio di suscitare fenomeni di rigetto da parte dei più avvertiti fra i suoi lettori, diventando così anch'egli un mero oggetto di consumo.
Ma, andando al tema specifico della cultura, di destra o di sinistra, tanto per attenerci a logori schemi, per semplici esigenze dialettiche, come non convenire che questa sia ormai ai conati del malato in fin di vita, il quale si tiene su con qualche dose di morfina proveniente dall'immenso immondezzaio del mondo relativista e pseudo-progressista?
Escludendo i pochi esemplari di chi ancora non si è svegliato sonno della ragione e si trova abbarbicato al vetero comunismo e alla tesi leniniste del secolo scorso e continua ad alimentarsi all'interno del ventre materno del bolscevismo d'antan, che si trovano raggruppati nella sinistra antagonista e sfrutta il pacifismo convinto di poter attuare la rivoluzione marxista in salsa moderna, la sinistra nostrana ormai è pacificata nella soluzione socialdemocratica, con l'accettazione del liberismo e dell'economia sociale di mercato, benché non completamente liberata da nostalgie stataliste e assistenzialiste, che paiono suggestionare paradossalmente il nostro ministro dell'economia, aumentando ancora di più la confusione dei ruoli.
Sul piano non prettamente politico si attarda sul neo-femminismo consumista, rivendicando un ruolo della donna che mal si concilia con le strutture capitaliste e la distruzione della famiglia tradizionale evirata di qualsiasi ruolo maschile come R. Armeni e L. Ravera.
Insomma un panorama arido, dove non c'è posto per un'oasi che dia libertà alla creatività poetica e letteraria, perché ancora incatenato ai miti assai fragili del sessantotto. Un complesso che assomiglia ad una fortezzaBastiani, contigua ai resti del muro di Berlino, dalla quale si continua a sperare nella guerra rivoluzionaria tanto attesa quanto illusoria.
Giornaletti e rivistine della 'nuova destra', d'altro canto, pur con la dovizia di mezzi di cui oggi dispongono, paiono voler svolgere ormai una funzione inversa, ma simmetrica, a quella della sinistra culturale di qualche decennio fa, volta a catturare gli esemplari più importanti dell'intellighenzia non marxista, da Céline a Tolkien.
Lo stesso 'fascio-comunismo', praticato da intellettuali della vecchia destra come Veneziani, sotto le mentite spoglie del conservatorismo doc e del comunitarismo, pure scimmiottature della rivoluzione conservatrice di stampo teutonico, e dai nuovi ammiratori di Pennacchi come Rossi, dimenticano che si stanno riesumando le utopie 'rochelliane' di un incontro tra il vecchio partito comunista francese ed gli autori del romanticismo fascista d'oltralpe, ormai inesorabilmente sepolti dalla storia e dal nuovo mondo nato nel secondo dopoguerra.
Quindi? Niente di nuovo all'orizzonte:solo replicanti o inventori di sciocchezze mediatiche, fuochi d'artificio destinati a spegnersi in tempi brevissimi. Puro nostalgismo.
Il discorso è comunque aperto se dirigiamo lo sguardo verso altre lande culturali aperte da Alain de Benoist o  da qualche neo-philosophes maturato nel tempo e perfino alle sponde neo-conservatrici e libertarie di altri paesi europei, che almeno hanno il pregio di abbandonare la politicapoliticante per la big society, o meglio ancora ad un immenso terreno da coltivare con occhi disincantati e liberi da pregiudizi ed utopie aventi di mira la pre-politica o la meta-politica, piuttosto che i luoghi comuni ideologici, per altro verso ultimamente radiografati, sempre sul 'Corriere', con sufficiente lucidità, non scevra di qualche approssimazione, da confrontodiscussione_intGalli della Loggia sulla paradigmatica distinzione tra senso dello stato ed ideologie al potere, sul quale occorrerà tornare a riflettere in tema d'identità e di cultura nazionale.

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