mercoledì, gennaio 16, 2013

Michele Marsonet: Solidarietà e mercato

Si legge spesso sui giornali che,‭ ‬in una democrazia liberale,‭ ‬legalità e etica sono cose diverse,‭ ‬ragion per cui la dimensione etica dev’essere nettamente distinta da quella politica ed economica.‭ ‬I liberisti odierni hanno ragioni da vendere quando mettono in guardia contro i pericoli di‭ “‬politicizzazione‭” ‬dell’economia,‭ ‬e ciò è ancor più giustificabile nel caso italiano,‭ ‬soprattutto rammentando quanto è avvenuto nel nostro Paese durante gli ultimi decenni.‭ ‬Tuttavia occorre chiedersi se,‭ ‬tra l’infeudamento dell’economia alla politica da un lato,‭ ‬e l’individualismo quale unico metro di giudizio dall’altro,‭ ‬non esistano davvero altre strade praticabili.‭ ‬Il liberismo,‭ ‬in altre parole,‭ ‬non può essere un dogma da difendere a ogni costo,‭ ‬e la fine ingloriosa di coloro che sui dogmi costruirono le loro fortune passate dovrebbe indurre tutti ad adottare un sano realismo quando si discute di questi temi.
Ipotizzare un individuo isolato dalle cui scelte,‭ ‬in meccanica congiunzione con le scelte degli altri individui,‭ ‬si possa dedurre l’intera struttura della vita sociale,‭ ‬è mera utopia.‭ ‬Ed è un’utopia che è la speculare controparte dell’idea secondo cui l’intera struttura della vita sociale può essere dedotta dalla‭ “‬classe‭” ‬intesa come entità a se stante.‭ ‬Si tratta,‭ ‬in ogni caso,‭ ‬di ipostatizzazioni che nulla hanno a che fare con la vita concreta‭; ‬nel primo caso si presuppone la presenza di un mitico individuo isolato,‭ ‬nel secondo l’altrettanto mitica presenza di una classe che prescinde dagli individui che la compongono.
In realtà,‭ ‬sin dalla nascita noi non siamo mai individui isolati,‭ ‬bensì individui che agiscono in un contesto sociale.‭ ‬Facciamo insomma parte di un gruppo che si è dato delle regole,‭ ‬e queste regole determinano il senso stesso delle nostre azioni.‭ ‬Non solo.‭ ‬Il nostro gruppo è parte di un gruppo più vasto,‭ ‬e quest’ultimo è parte di un gruppo più vasto ancora,‭ ‬e così via,‭ ‬sino a giungere al gruppo più vasto in assoluto,‭ ‬includente tutti coloro che vengono definiti esseri umani.‭ ‬Si noti,‭ ‬ad ogni buon conto,‭ ‬che risulterebbe assai difficile determinare che cosa sia un individuo prescindendo dall’intera rete di relazioni sociali che fissano i criteri in base ai quali si svolge la sua vita.
Tuttavia occorre aggiungere ancora qualcosa per completare il quadro.‭ ‬L’insieme delle relazioni sociali di cui abbiamo appena parlato dà vita al mondo sociale,‭ ‬e tale mondo ha via via conquistato una sua dimensione autonoma che è difficile contestare.‭ ‬Istituzioni,‭ ‬forme di governo,‭ ‬regole,‭ ‬etc.‭ ‬sono certamente prodotti del genere umano,‭ ‬ma la loro forza è tale da produrre ciò che oggi si chiama‭ “‬reazione di feed-back‭” (‬retroazione‭)‬,‭ ‬grazie a cui essi sono influenzati dalle azioni degli individui ma,‭ ‬a loro volta,‭ ‬le influenzano.‭ ‬Se non teniamo conto di questo fatto,‭ ‬diventa arduo dare un senso alle nostre stesse azioni.
Se io e alcuni di voi decidessimo oggi di dar vita a un circolo culturale,‭ ‬è evidente che l’esistenza di tale circolo dipenderebbe da quella degli individui che lo hanno creato.‭ ‬Tuttavia,‭ ‬non è affatto meno evidente che l’esistenza del circolo influenzerebbe la nostra,‭ ‬in quanto la sua creazione ci differenzia da tutti gli altri individui che non ne sono membri.‭ ‬Ma si può pure notare che,‭ ‬dando vita al circolo,‭ ‬noi in un certo senso trascendiamo il presente per proiettarci nel futuro,‭ ‬in quanto il nostro circolo presumibilmente si propone di organizzare delle attività destinate a migliorare il livello culturale nostro e di altre persone.‭ ‬Da questo esempio tutto sommato semplice,‭ ‬possiamo partire per illustrare esempi via via più complessi,‭ ‬sino a giungere ad una spiegazione plausibile della nascita e della crescita delle istituzioni e delle forme di governo.‭ ‬Abbiamo,‭ ‬dunque,‭ ‬una sorta di doppia dipendenza.‭ ‬Da un lato le istituzioni politico-sociali dipendono dagli individui,‭ ‬in quanto non potrebbero neppure essere immaginate in loro assenza‭ (‬in altri termini,‭ ‬esse non si creano da sole:‭ ‬in un pianeta privo di esseri umani non ci sarebbero istituzioni sociali‭)‬.‭ ‬Dall’altro gli indivui dipendono,‭ ‬anche se non in modo totale,‭ ‬dal contesto sociale in cui sono inseriti‭ (‬la‭ “‬solidarietà‭” ‬altro non è che il riconoscimento di questo vincolo originario con gli altri membri della società‭)‬.
Ho detto che tale dipendenza non è totale per un motivo molto semplice:‭ ‬l’individuo non dipende soltanto dal contesto sociale in quanto,‭ ‬da un certo punto di vista,‭ ‬egli è pure parte del mondo naturale.‭ ‬Per quanto riguarda la sua configurazione fisica e materiale,‭ ‬egli è un oggetto tra gli oggetti e,‭ ‬in ultima analisi,‭ ‬le particelle subatomiche di cui noi siamo fatti sono le stesse che compongono qualsiasi oggetto che ci circonda,‭ ‬dal più piccolo al più grande.‭ ‬Tuttavia non può essere questo il nostro segno distintivo,‭ ‬altrimenti non vi sarebbe differenza alcuna tra me e,‭ ‬per esempio,‭ ‬il computer mediante il quale sto scrivendo.‭ ‬La differenza risiede,‭ ‬appunto,‭ ‬nell’essere noi inseriti in un mondo sociale che è in gran parte autonomo da quello naturale.‭ ‬Questo mondo sociale ci fornisce non solo le regole per l’azione o il linguaggio per comunicare in maniera intersoggettiva,‭ ‬ma anche gli strumenti per metterci in contatto con il mondo naturale di cui noi stessi facciamo parte dal punto di vista meramente fisico.‭ ‬Il nostro rapporto con il mondo naturale è sempre un rapporto mediato,‭ ‬giacché la scienza stessa è un prodotto sociale,‭ ‬e gli strumenti scientifici che usiamo per indagare la natura sono il prodotto di una ricerca storica che trova in ambito sociale la sua giustificazione ultima‭ (‬il desiderio di conoscere il mondo circostante‭)‬.‭ ‬Infine,‭ ‬la nostra stessa attività concettuale,‭ ‬mediante la quale categorizziamo il mondo,‭ ‬ha senso soltanto all’interno di un contesto sociale.‭ ‬L’uso dei concetti‭ ‬-‭ ‬come quello del linguaggio‭ ‬-‭ ‬sorge e si sviluppa solo in un ambiente comunicativo:‭ ‬l’individuo isolato,‭ ‬che comunica solo con se stesso e tiene conto unicamente dei propri scopi e dei propri desideri è mera finzione e indebita ipostatizzazione.
Tutto ciò ci conduce direttamente al concetto di‭ “‬solidarietà‭”‬.‭ ‬Si tratta,‭ ‬come tutti sappiamo,‭ ‬di un concetto oggi piuttosto impopolare a causa dell’uso distorto che di esso è stato fatto in un passato anche recente,‭ ‬per cui esiste il timore‭ ‬-‭ ‬peraltro fondato,‭ ‬se si guarda all’esperienza trascorsa‭ ‬-‭ ‬che la solidarietà si trasformi in assistenzialismo che costa senza dare nulla in cambio.‭ ‬Il concetto di solidarietà deve tornare al centro dell’attenzione se si vuole evitare l’acuirsi di una crisi sociale già molto profonda.‭ ‬Come già detto in precedenza,‭ ‬la‭ “‬solidarietà‭” ‬altro non è che il riconoscimento del vincolo originario e indistruttibile che ognuno di noi intrattiene con gli altri membri della società.‭ ‬In altre parole,‭ ‬se rammentiamo che il nostro essere individui è inevitabilmente segnato dal nostro stare in rapporto organico con gli altri,‭ ‬allora comprenderemo che uno spostamento ragionevole di risorse può servire ad alleviare le tensioni sociali dando vita a una migliore qualità complessiva della vita.‭ ‬Per incamminarsi su questa strada occorre rinunciare all’io atomizzato e solipsistico‭ (‬e sostanzialmente fittizio‭) ‬teorizzato da tanti pensatori liberali e liberisti dei nostri giorni.‭ ‬Occorre insomma rinunciare a questo‭ “‬io‭” ‬che si espande a dismisura,‭ ‬sino ad annullare tutto il resto.‭ ‬Bisogna negare l’equivalenza‭ “‬Io‭ = ‬mondo‭”‬,‭ ‬nel senso che l’io e il mondo sarebbero in pratica la stessa cosa‭ (‬proprio come,‭ ‬in tanta parte della filosofia contemporanea,‭ ‬linguaggio e mondo sono la stessa cosa‭)‬.‭ ‬Se il mondo è una semplice proiezione dell’io,‭ ‬diventa pressoché impossibile trovare ragioni per stare insieme.
Si noti,‭ ‬tuttavia,‭ ‬che la solidarietà non è un concetto attraente solo a livello teorico.‭ ‬Esso ha delle ricadute sul piano pratico,‭ ‬e può addirittura essere vista sotto un profilo utilitaristico.‭ ‬Se,‭ ‬in nome della solidarietà,‭ ‬si rinuncia a qualcosa per favorire gli altri,‭ ‬è probabile che le tensioni sociali possano essere mantenute entro livelli tollerabili,‭ ‬contribuendo così a migliorare la qualità della vita sia di chi dà sia di chi riceve.‭ ‬In caso contrario,‭ ‬esiste il rischio che i soggetti più deboli‭ (‬e tra questi vanno inclusi anche i giovani,‭ ‬che risentono meno della mediazione dell’esperienza‭) ‬scelgano la strada della violenza.‭ ‬In questo senso,‭ ‬occorre riconoscere che il mercato,‭ ‬per quanto indispensabile,‭ ‬non produce valori,‭ ‬ma efficienza.‭ ‬Qualcuno potrebbe obiettare che anche l’efficienza è,‭ ‬in fondo,‭ ‬un valore,‭ ‬ma a mio avviso essa non è sufficiente‭ ‬-‭ ‬da sola‭ ‬-‭ ‬a fondare la vita sociale.‭ ‬Credere dunque che la dimensione economica goda di un predominio assoluto su tutte le altre non porta affatto a un maggiore benessere diffuso,‭ ‬bensì alla crescita del disagio sociale.

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