La democrazia non è un bene assoluto, né lo è quella sua particolare versione intrisa di liberalismo che oggi prevale in Occidente. La democrazia, anzi, è pericolosa, perché molto spesso – per non dire quasi sempre – porta al governo i peggiori mediante elezioni cosiddette “libere”. Bene fanno i dirigenti cinesi a dire che – loro - della democrazia non sanno che farsene: gli occidentali se la tengano e buon pro gli faccia. E, visto che ormai sono lanciato, metto nel calderone pure Putin. Bene fa il leader russo post-sovietico a fissare paletti che non si possono abbattere: democrazia sì, ma fino a un certo punto. Aggiungo infine, per fare buon peso, Bashar al-Assad. Bene fa il dittatore siriano a respingere gli appelli alla democratizzazione che gli giungono da ogni dove. Sicuramente lo abbatteranno tramite la solita “guerra giusta” combattuta per procura ma, dopo, seguirà il solito caos e i fondamentalisti islamici avranno via libera anche a Damasco.
Questi
strani pensieri mi frullano in testa da un paio di giorni. Dapprima
confusi, sono diventati via via più netti e precisi, anche se
contraddicono le mie più intime convinzioni liberaldemocratiche. Quale
l’origine? Potrei identificarla nell’indecente talk show di Santoro del
quale Berlusconi è stato protagonista assoluto, ma non è vero. In
realtà sono le reazioni seguite all’evento che mi hanno fatto sentire –
all’improvviso – anti-democratico.
Già. I
riflettori erano stati appena spenti ed è subito iniziato il coro dei
peana. A destra un grosso respiro di sollievo. “Lui” c’è ancora. Non è
cotto come i nemici pretendevano. Al contrario: quando tira fuori gli
artigli nessuno è in grado di reggere il confronto. Non importa
l’aspetto fisico sempre più posticcio, i capelli che paiono incollati
con l’attak, gli occhi così stirati da farlo sembrare un giapponese, il
ghigno perpetuo frutto di innumerevoli lifting. “Lui”, comunque, c’è, e
le sue truppe cammellate possono rimettersi in marcia sotto la solita
bandiera.
A sinistra e al centro, ammesso che
quest’ultimo esista, respiro di affanno. Il cadavere, a dispetto di
ogni previsione, è resuscitato, è uscito dalla tomba come Lazzaro
sentendo la voce di Gesù-Santoro. E allora via con le gag, i gesti
plateali, le battute da caserma, le solite eterne promesse cui
tantissimi abboccano, dai ferrovieri agli avvocati, dai giornalai ai
professori universitari. Toglierà l’IMU e penserà a come reperire i
soldi mancanti. Bacchetterà Europa e Germania e ci ridarà la cara,
vecchia lira, rendendoci felici. Di chi la colpa se il nostro Paese si è
trovato sull’orlo di un default scongiurato all’ultimo istante? Di
Monti e dei tecnici, ovviamente. Lui, anche se mummificato, ci aveva
lasciato in condizioni splendide: ristoranti pieni, navi da crociera
affollate, clima festaiolo permanente.
Che l’uomo
di Arcore sia un grande comunicatore lo sapevamo tutti. In tema di
retorica e di abilità discorsiva nessuno regge botta, e men che mai
Monti, Bersani e gli altri leader e leaderini oggi presenti sulla scena.
Eppure la realtà non si può modificare con l’abilità dialettica, sia
pure di grande livello. Invece no. La realtà sparisce e viene sostituita
da un’apparenza intessuta di sogni, illusioni e, soprattutto, bugie
grandi come elefanti. Però sogni, illusioni e bugie pagano. Lo show,
stando ai sondaggi, ha fruttato dal 10 al 15% di consensi in più
all’eventuale partito del Cav., del quale ancora non si conosce il nome
poiché la sigla Pdl non gli piace più.
Mi si può
obiettare che questa è davvero democrazia allo stato puro. In fondo
Berlusconi è andato nella tana del nemico, si è sottoposto al
contraddittorio e… ha vinto (almeno sul piano delle parole). In
democrazia prevale chi riceve più voti degli altri. Poco importa la
bontà delle proposte, la credibilità (e fattibilità) dei programmi. E
neppure conta il passato, se si è abbastanza abili da cancellarlo
facendo intravedere una nuova verginità. Se la maggioranza degli
elettori ci crede il gioco è fatto, e forse proprio questo accadrà.
Sulla
stampa italiana ho letto commenti che stupiscono. Un giornalista ha
persino tirato in ballo il concetto weberiano di “capo carismatico”, che
il nostro incarnerebbe a pieno titolo. Davvero incredibile: chissà che
ne direbbe Max Weber. Un altro ha tentato il paragone con De Gaulle, e
in questo caso viene da ridere se appena si rammenta la biografia e la
figura austera del generale e statista francese. Nessuno ha invece
pensato a un parallelo con Juan Domingo Peron, assai più legittimo e
plausibile.
Tornando agli strani pensieri
anti-democratici che mi frullano in testa, noto che oggi molti parlano
della necessità di “dimenticare Platone”, essendo il filosofo greco
l’antesignano del pensiero totalitario. Stando almeno
all’interpretazione che ha fornito Karl Popper il quale, ne La società
aperta e i suoi nemici, equipara “totalitarismo” e “utopia”. E se così
non fosse? Se ricordassimo Platone invece di dimenticarlo? E se,
infine, tornassimo ad attribuire valenza positiva al concetto di
“utopia”?
So bene che il tentativo platonico di
tratteggiare la società ideale governata dai migliori e dai competenti
pone problemi pressoché irrisolvibili. Chi è in grado di individuare
con sicurezza i migliori e i competenti e, soprattutto, con quali
strumenti si può controllare il loro operato? Tuttavia penso che gli
intellettuali, invece di appiattirsi su un eterno presente, dovrebbero
costantemente formulare proposte utopiche, pur consci che non sono
realizzabili qui e ora.
E’ possibile che i miei
pensieri anti-democratici svaniscano domani come neve al sole e che lo
spirito pratico riprenda il sopravvento. Ed è pure possibile che solo
una minoranza si faccia impressionare dallo show berlusconiano,
comprendendo gli altri la distinzione tra apparenza e realtà. Resta
però l’amarezza nel constatare come e quanto, in Italia, parole nobili
come “democrazia” e “liberalismo” vengano usate a sproposito.
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