mercoledì, agosto 22, 2007

Pre-Politica


Credo che sia stato Massimo Fini a parlare di valori pre-politici.


Naturalmente l'anteriorità al mondo del potere puro e semplice com'è venuto determinandosi nella società moderna ha una storia ben precisa e significati pregnanti, che non hanno nulla a che fare con il cosiddetto qualunquismo o con altr termini equivalenti e più o meno vaghi.

Mi pare però di poter dire che con il crollo delle ideologie un ritorno a categorie antropologiche o morali sia oggi più facile e che questa novità consenta di ragionare più liberamente e fuori dagli schemi che gl'ismi di tutte le specie avevano, per lungo tempo, imposto anche alle persone cosiddette colte o a coloro che hanno fatto sempre buon uso del proprio spirito critico.

Mi viene in mente la tesi contraria all'impegno politico degl'intellettuali organici, tanto saldamente propugnata da Julien Benda, negli anni intercorrenti tra le due guerre mondiali, e che sarebbe opportuno rimeditare, sulla scorta di questa nuova esigenza: l'abbandono della politica come regolatrice suprema della vita sociale, tanto da costringere un po' tutti a doverne tenere conto ineluttabilmente e a sottomettervisi come se si trattasse di un male necessario e inevitabile.

La pre-politica non è da affiancarsi all'antipolitica, che costituisce una reazione sempre più allargata alle malefatte dei partiti e delle oligarchie al potere da parte di fasce sempre più ampie di cittadini traditi dai propri rappresentanti, in quanto la politica come arte del possibile rimane insostituibile, ma si definisce come un livello più alto per valutare la vita ed il mondo, facendo a meno d'indossare le lenti colorate di questo o quel movimento ideologico.

E' la riscoperta dell'uomo nella sua integrità e nei suoi bisogni essenziali, nella ricerca della verità senz'aggettivi, nell'ascolto di richiami spirituali che superino la pratica quotidiana dell'utilitarismo e dell'opportunismo sociale.

Non mi faccio illusioni sulla coscienza e la maturità della società odierna, ma ritengo che, come un sasso gettato nello stagno, gli stimoli derivanti dall'etica nel senso più ampio della parola, dall'estetica e dall' aspirazione alla conoscenza non limitata dai dogmi soffocanti del neopositivismo, in tutti campi del sapere, e la stessa concreta realizzazione della libertà della persona e di quelle che, un tempo, venivano denominate comunità intermedie, senza vincoli di apparati o burocrazie, possano servire a sottrarre alla banalità e al conformismo di massa quanti sentano di doversi riappropriare dell'originaria umanità
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