giovedì, novembre 15, 2007

La viltà dell'Occidente


C'è qualcuno che ricorda la viltà dell'occidente, durante i moti della rivoluzione ungherese nel 1956 contro il regime comunista?Se non erro, la "ragion di stato" prevalse nel mondo libero: ero piccolo, ma la sensazione di una popolazione abbandonata a se stessa, mi è rimasta impressa nella memoria.In quella ed in tante altre occasioni, in cui le cosiddette "democrazia liberali" dovettero rimanere immobile, di fronte alle tragedie di popoli sottomessi e troppo deboli per vincere dittature repressive e sanguinarie ed omettere, anche soltanto, d' imporre sanzioni, magari simboliche, in segno di solidarietà con le vittime del totalitarismo, ho sentito il peso della sconfitta morale.
C'è voluto il crollo del muro di Berlino per consentire ai più di vedere e richiamare la verità, compresi gli ex o i post comunisti.Credo che il Capo dello Stato sia oggi sincero nei suoi atteggiamenti, così come era coerente nelle sue scelte sbagliate, durate oltre cinquantanni.Se non altro non ha perseverato nell'errore ed ha avuto il coraggio di compiere un gesto di contrizione, mostrando, nel complesso, nello svolgimento del suo incarico, la dignità del ruolo "super partes" ed il convinto rispetto per la nazione, col superamento della faziosità ideologica del suo vecchio partito.Quel che mi fa rabbrividere è chi oggi celebra la "rivoluzione d'ottobre", non avendo timore di apparire patetico e fuori dalla storia. E quel che m'indigna, ancora una volta, è l'inazione dei paesi occidentali di fronte all'imperversare delle violenze liberticide ed assassine nei confronti delle minoranze politiche e religiose.Mi riferisco agli ultimi esempi vergognosi della Birmania e della Cina nei confronti delle minoranze buddiste e del popolo tibetano.Questi stermini programmati (così come quelli contro i cristiani) possono perpetuarsi, nella pressoché totale indifferenza e non vengono minimamente contrastati, neppure boicottando adeguatamente le prossime olimpiadi, per quanto riguarda i crimini cinesi.Non è tanto l'odio che serve, ma il coraggio di combattere questi mali con la forza che necessita per tentare di cambiare le situazioni interne ed internazionali, proprio nel nome della verità e della libertà (non solo teorica).Ben vengano quindi le commemorazioni, ma cerchiamo d'imparare dalle lezioni del passato che non si difende lo stato (della libertà) "cum parole", come avrebbe detto Machiavelli, ma reagendo con i fatti, attivamente, con lucida consapevolezza e senso di responsabilità, individuale e collettiva, a quello che è sotto gli occhi di tutti, prima e dopo il crollo delle ideologie: il suicidio dell'occidente come sistema di valori universali.
P.S.
..... Ma è morta, a Budapest, anche la nostra “reazione”. Non ce n’era sulle barricate, fra i protagonisti del più bello e nobile episodio della storia europea di dopoguerra. Non ce n’era né in senso fisico, né in senso metafisico. La libertà e il socialismo che irrigidivano quelle folle nere e silenziose, compatte come macigni, contro il sopruso e l’aggressione, sono una religione nuova, incubata in un decennio di sofferenze, di cui noi non abbiamo l’idea, e che un giorno ci conquisterà: non facciamoci illusioni. Non perché essa porti “istanze” più moderne e originali, programmi più validi e arditi; ma perché porta, nell’affrontare i problemi, una serietà, un impegno, una decisione, una devozione, insomma un clima morale, di cui noialtri occidentali s’è perduto il ricordo.....
(“Esame di coscienza dinanzi al popolo ungherese” di Indro Montanelli, Corriere della sera, 25 novembre 1956)

Nessun commento: