Va detto altresì che la cosiddetta prescrizione lunga non è coerente con uno stato di diritto e con il processo giusto. Allora è opportuno procedere ad una riforma della giurisdizione, per evitare lunghi anni di attesa e magari periodi di carcere preventivo in attesa del giudizio, mantenendo l'imputato in una sorta d'indeterminatezza ingiustificata ed umiliante, che alla fine non è altro che il summum jus, summa iniuria dei latini.
Dovremmo renderci conto che il nostro sistema è obsoleto e inefficiente e consente il permanere di privilegi e zone franche che non giovano al cittadino e al paese, ma rendono ballerina la giustizia.
Non sappiamo se la riforma epocale sarà sufficiente a ribaltare la situazione, fatta di sprechi e di iniquità, con una forte impronta corporativa dell'ordinamento, ma appare oltremodo indispensabile orientarsi verso un corpus di norme più vicine alla concezione romanistica di quanto non lo siano state dall'elaborazione dei codici napoleonici, che svilupparono sicuramente progresso e modernità nella società del tempo, ma che oggi devono essere cambiate, rese più elastiche, concrete e vicine alla gente comune, come avviene nei paesi del common law.
Dovremmo augurarci tutti che la direzione che sarà intrapresa sia più vicina all'Europa, con attenzione particolare all'eliminazione dei formalismi e dei bizantismi, alle inutili duplicazioni dei riti e ai tre gradi di giurisdizione, con un modello diverso di giudici ed avvocati, interscambiabili nei ruoli e responsabilmente impegnati, come tutti i funzionari leali dello stato, a produrre risultati positivi per la comunità di cui fanno parte integrante.
Tra il cittadino è la legge c'è solo un servizio, non dei ex machina.
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