
Sembra un segno dei tempi.
Fuori dai balconi o sulle porte d'ingresso, dal ramo di un albero o dal muro di cinta, penzolano tanti pupazzi di Babbo Natale.
Una moda, senza dubbio, che invade città è villaggi, nell'epoca del consumismo globale.
E poi il fenomeno dell'imitazione.
Ogni cittadino che si rispetti pensa che sia un suo dovere adeguarsi e così decine di sagome adornano le vie e le contrade.
Ma è uno spettacolo che non entusiasma , non desta allegria o gioia e non ispira sentimenti natalizi.
L'impressione che si ricava è di una fiera, uno spettacolo montato su per l'occasione, per essere al passo con la moda e conclamare un Natale all'esterno, nel momento in cui dentro le case o nell'intimo non si riesce più ad apprezzarne il senso profondo.
Resiste la festa, ma sembra quasi arroccata in un tentativo disperato di difesa della tradizione in un ultimo fortilizio, da cui prima o poi spunterà il vessillo bianco della resa.
Il relativismo imperversa come la mancanza di attenzione per la religione, considerata dai più una forma passatista di visione del mondo, un freno alla giustizia sociale e alla liberazione dell'uomo. Una sovrastruttura antiquata e declinante come un'ideologia qualunque: c'è una generalizzata diffidenza verso il sacro, interpretato più come superstizione che come esigenza dell'animo.
E' poca la fede nella società moderna, come dice il Papa; ma non c'è neppure il senso laico di un tempo nel vivere le feste religiose ed, in particolare, per questa ricorrenza, che dovrebbe riaccendere una piccola speranza, nel cuore degli uomini, in un mondo migliore fondato su pochi semplici principi etici.
L'evoluzione dei costumi, eterodiretta dall'industria culturale, ha reso molte persone più scettiche su tutto, anzi, più ciniche verso i propri simili ed il divino e, magari, per contrapposizione inspiegabile, più sensibili ai miti dell'animalismo e dell'ambientalismo ovvero dell'umanitarismo generico, meglio se esterofilo, che non richiede un preciso senso di responsabilità come nei confronti di un familiare, un amico, un vicino, un conoscente derelitto (tutte figure imbarazzanti per chi vola nell'iperuranio dell'utopia comoda e discolpante).
Una fuga da noi stessi.
Una compensazione del vuoto interiore in nome di nuovi idoli mal compresi ed imposti dall'alto, dai produttori di cartapesta, cattivi maestri e volgari demagoghi.
Ecco come si spiegano i pupazzi di Babbo Natale, una caricatura del giorno della rinascita, soppiantatrice del presepe e dell'albero dentro ogni piccola o grande abitazione e, soprattutto, nella mente di credenti e non credenti.
Pupazzi per non sentirsi soli nell'avanzante desertificazione dei sentimenti.
3 commenti:
Anche qui al Nord siamo invasi da questa nuova moda, che già era apparsa timidamente lo scorso anno, ma indubbiamente quest'anno ha acquisito una connotazione di adozione globale.Concordo con l'affermazione che non aggiunge nulla all'atmosfera e al sentire Natalizio, anzi forse toglie.. infastidisce..omologa e annulla.
Grazie del commento. Mi fa piacere constatare che le mie imprssioni siano condivise. Auguri di buon Natale (senza pupazzi).
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